Carnifex – Necromanteum
Il 06/12/2023, di Maurizio Buccella.
A molti di voi, naviganti di pagine metal su tutte le piattaforme social, sarà capitato di vedere quel meme inflazionatissimo in cui si vede una ragazza sui banchi di scuola che, con aria sconsolata, sbircia sottecchi una coppia avvinghiata in un bacio appassionato, con la ragazza sola identificata come death metal mentre i due limonanti instancabili sono black metal e deathcore. Un trend che, nell’arco dell’ ultima decade, ha visto sempre più spesso chitarre ipercompresse intrecciate ad arrangiamenti symphonic black. I Carnifex sono tra gli alfieri di quest’evoluzione in direzione del Blackened Deathcore, culminata col penultimo ‘Graveside Confessions’. Purtroppo l’attuale ‘Necromanteum, a dispetto della miglior cover art dell’annata 2023, arranca cercando di mantenere la curva ascendente finora cavalcata per iniziare a planare verso i crateri dell’ ispirazione evaporata. Tanto per mettere le mani avanti bisogna specificare che ‘Necromanteum’ è suonato con la perizia tecnica che ha sempre caratterizzato la produzione della band di San Diego: dal drumming bestiale di Helm alle vocals inumane di Scott Ian Lewis. Ciò che latita è l’ispirazione. Fin dall’ opener ‘Torn in two’ si apprezza il ritorno alla politica granitica degli elementi deathcore prototipici che rimandano alla prima metà della carriera. Già con la successiva ‘Death’s Forgotten Children’ la quota di attenzione torna a salire grazie a rimandi death classico made in USA con le sue melodie stranianti attorno al chorus. La titletrack torna a riccheggiare di ibridazioni black ma di certo non bastano le tastiere sontuose a riscattare l’ architettura ridotta all’essenziale dei brani. La stessa carenza di inventiva nelle ritmiche si ripropone in ‘Crowned in Everblack’. ‘The pathless forest’ suona come i versi sgraziati del figlio deforme di Suffocation e Dimmu Borgir. Forse solo ‘ How the knife gets twisted’ suona come un tentativo di disintossicazione dall’abuso di breakdowns ma già ‘Architect of Misanthropy’ torna a puzzare di incesti sudati coi cugini blacksters. Al contrario ‘Infinite Night Terror’ e ‘Bleed more’ tornano su binari deathcore di sicuro più spogli rispetto al finale ‘Heaven and Hell all at once’ a tratti moltoblackened nelle sue orchestrazioni centrali. Il vero problema di Necromanteum è che, per quanto si possano apprezzare le doti tecniche dei singoli, lascia l’ impressione di un bambino annoiato che, con nove dischi alle spalle, non riesce più a trovare combinazioni ispirate con le sue scorte di mattoncini di plastica. Forse ai Lorna Shore accadrà lo stesso tra dieci anni, a differenza dei Job for a Cowboy che hanno saputo mutare per scavallare gli orizzonti compositivi del genere che hanno contribuito a creare, ma in ‘Necromanteum’ spiccano più nitidi i limiti che le potenzialità di quello che inizia a suonare come un carillon rotto che ripropone gli stessi giri all’ infinito abbandonato nelle discariche abusive degli inferi.
Tracklist
1. Torn in Two
2. Death’s Forgotten Children
3. Necromanteum
4. Crowned in Everblack
5. The Pathless Forst
6. How the Knife Get Twisted
7. Architect of Misanthropy
8. Infinite Night Terror
9. Bleed More
10. Heaven and Hell All at Once
Lineup
Scott Lewis: vocals
Shawn Cameron: drums
Cory Arford: rythmic guitars
Fred Calderon: bass
Jordan Lockrey: lead guitars