Asinhell – Impii Hora

Il 09/10/2023, di .

Gruppo: Asinhell

Titolo Album: Impii Hora

Genere:

Durata: 39:12 min.

Etichetta: Metal Blade Records

74

Va beh, lo dico subito prima che mi scopriate poi (citazione ben poco colta di vita vissuta, in tanti la riconosceranno): a me il nome Volbeat dice ben poco. Nel senso che il “nome”, il monicker in sé mi è ben noto, ma se andiamo alla musica probabilmente non ho mai sentito una nota di questi rockers danesi. Altrettanto probabilmente mi sono perso qualcosa, poiché si presuppone che non si vada in giro con i Black Sabbath e con i Metallica e non si partecipi alle celebrazioni estese del famigerato Black Album senza avere qualcosa da dire (nepotismi a parte, ma questa è un’altra storia), ma come potete immaginare non si può conoscere tutto e per me la Danimarca rappresenta soprattutto la patria di Amleto e del Re Diamante. Tuttavia, lo ribadisco: è un problema mio.
Tutto questo per dire ai meno attenti di voi che il monicker che campeggia nel titolo altro non è che il nuovo side project di Michael Poulsen, chitarrista/cantante dei blasonati rockers di cui sopra ma anche deathster incallito con all’attivo ben quattro dischi con i Dominus, la band di cui era frontman prima dell’avvento dei Volbeat.
Ora, tutti gli elementi per alzare il sopracciglio del sospetto ci sarebbero eccome, specie se uno scrive da un posto in cui ogni tre per due un rapper/trapper riprende in mano il basso o la chitarra, fa un reel da una sala prove finto-scalcinata e registra un disco di sedicente “puro punk”. Ma qui siamo in Danimarca, e a benedire la scelta di un monicker che per noi suona a metà tra le suggestioni della Grassa Bologna e le rimembranze baloccanti di Carlo Collodi ci pensa lo stesso King Diamond, che ne apprezza l’assonanza anche grafica con il concetto a lui tanto caro “A Sin in Hell”. Tra gli altri attori in campo, oltre a un batterista dall’immancabile nome di Morten, munito di una sala prove alla vecchia maniera in garage, troviamo Brian Slagel – tra i miti di gioventù di Poulsen e non solo – nonché il compianto LG Petrov, vero e proprio nume tutelare di progetto che ha più punti di raccordo con “quei” giorni gloriosi degli Entombed.
Tanto per cominciare, il buon Michael trova un vecchio HM2 in una borsa di effetti dimenticata in studio e si mette a jammare, tirando fuori l’intro di ‘Becoming’, uno dei pezzi che andranno a comporre il nuovo album dei suoi Volbeat; come sanno anche i sassi, Leif Cuzner prima e la coppia Hellid/Cederlund poi hanno creato un vero e proprio brand da un suono che i puristi definiscono zanzaroso, ma che fa palpitare i cuori dei deathsters da più di un trentennio. Le coordinate su cui si muovono gli Asinhell sono tuttavia legate a doppia mandata a quella “forma canzone” che il Nostro ha imparato a far sua nei tanti anni vissuti sulla cresta dell’onda, creando una curiosa sensazione di straniamento tra sfuriate degne della giovinezza di Nicke Andersson e atmosfere solenni alla Unleashed pur senza il gotha asgardiano che ciò comporterebbe, il tutto ben miscelato con l’aggiunta di passaggi catchy sin dall’opener ‘Fall Of The Loyal Warrior’. Che poi, non va affatto dimenticato come questa stessa formula sia stata affinata trent’anni orsono in quel capolavoro assoluto che è ‘Wolverine Blues’: come si vede, è una conferma di aderenza più che una volontà di far cassa.
E il resto di ‘Impii Hora’? Mentirei se non vi dicessi che le sonorità vicine agli At The Gates la fanno da padrona in più frangenti, ma la cosa curiosa è che i break di ‘Inner Sancticide’ e ‘Wolfpack Laws’ ricordano proprio alcune cose del King Diamond solista – immagino però che quando si parla di genius loci si intenda anche questo. Dall’altro lato del campo, ‘Island of Dead Men’ e ‘Pyromantic Scryer’ rimettono sul piatto la scuola di Stoccolma mescolandola con la Bay Area, in uno strano connubio tra ‘Ride The Lightning’, ‘The Gathering’ e ‘Left Hand Path’; sicuramente due pezzi che faranno drizzare l’orecchio anche agli ascoltatori più distratti, complice il generoso tupatupa di Morten Toft Hansen. Insomma, non neghiamolo: ‘Impii Hora’ è infarcito di momenti godibilissimi, tra cui vanno annoverati anche il groove in your face di ‘The Ultimate Sin’ o della title track. Menzione speciale per il singer Marc Grewe (eh sì, non è Poulsen a cantare, nonostante il suo passato remoto facesse supporre diversamente), degno erede di quella tradizione da ugole grattugiose. Un disco che piacerà ai tanti nostalgici, specie a quelli meno ortodossi, che speriamo non resti un episodio isolato nel marasma di ottime uscite della label nata nei sobborghi di LA…
Nota a margine: intanto sono andato a sentire i Volbeat, incuriosito dalla storia di ‘Becoming’. Beh, fa molto, molto strano ascoltarli. Lo stesso strano effetto che mi facevano i Coheed and Cambria, anche se l’unica cosa in comune che hanno sono i gorgheggi. Li vedrei molto bene su Radiofreccia, ma immagino siano già lì in pianta stabile. E allora, perché non imparare dalle radio libere della Mitteleuropa e passare un po’ di Asinhell? Di giorno, possibilmente…