Marduk – Memento Mori
Il 05/10/2023, di Maurizio Buccella.
Gruppo: Marduk
Titolo Album: Memento Mori
Genere: Black Metal
Durata: 41:55 min.
Etichetta: Century Media
Ho ascoltato l’ultimo lavoro dei Marduk nel primo giorno d’autunno. In teoria da tempo avevo ricevuto il promo ma volevo aspettare di avere un pomeriggio libero da dedicare a ‘Memento Mori’, perché questi blacksters svedesi meritano attenzione prima di pervenire a valutazioni oggettive, spoglie da tumescenze di antipatia quanto di manifestazioni incondizionate di adorazione, che solo loro sono in grado di ingenerare nel pubblico metal. Fuori il bianco del cielo si presenta puntuale all’appuntamento con la stagione delle foglie morte. C’è aria di pioggia, con una lenta processione di nuvole scure dall’orizzonte, ma la vera tempesta arriva dalla title-track in apertura dell’album. Il breve crescendo di fruscii elettrostatici si trasforma subito in blast, poi arriva la voce di Rosten, putrida come una ferita brulicante di larve. Sulla coda del brano la chitarra di Morgan ricrea, nella creta nera del riffing, il tema del cult ‘Shining’ di Walter Carlos (cosa già fatta in passato dai Sinister di ‘Afterburner’). La successiva ‘Heart of the Funeral’, col suo mood pulsante di rabbia, conferma la prima impressione. Vale a dire che, malgrado lo status internazionale conquistato in oltre tre decadi di fuoco, i Marduk vogliano suonare più che mai underground, come per tema di perdere la connessione con l’attitudine viscerale del black primigenio. Tutto ciò avvallato dalla produzione sporca, secca, priva di fronzoli. ‘Blood of the Funeral’ (vai a sapere se, in termini lirici, si tratta del proseguio ideale della precedente o semplicemente di una carenza di fantasia coi titoli) spinge ancora più a fondo gli artigli in gola, ma qui a tratti si riescono a scorgere le venature epiche da sempre presenti nel loro songwriting. ‘Shovel Beats Sceptre’ è il classico mid tempo come solo i Marduk sanno fare: plumbeo, funereo, solenne, intriso di quell’atmosfera mortifera che rimanda ai fasti di ‘Imago Mortiis’ da ‘Rom 5:12’. Perché il vero talento della bestia svedese è la capacità di fare più male soprattutto quando rallentano. Se ‘Charlatan’ e ‘Marching Bones’ per molti versi suonano più come materiale dei Funeral Mist, progetto originale di Rosten – da qui viene da chiedersi se il frontman abbia partecipato alla stesura dei pezzi – ‘Coffin Carol’ e ‘Year of the Maggot’ sono un trapano nelle viscere che richiama la matrice fast ‘n furious di ‘Panzer Division Marduk’. Dopo la maestosa ‘Red Tree of Blood’ chiude ‘As we are’, mid tempo dalle derive quasi sludge in cui, sul finire del pezzo, si sente la voce registrata del mai troppo compianto LG Petrov. Ho sempre pensato ai Marduk come ad una bestia a due teste. Da un lato l’anima più aggressiva, adornata dall’immaginario bellico che li accompagna da ‘Panzer Division Marduk’ a ‘Viktoria’, mentre dall’altro lato l’anima più oscura, epica, tragica, esplicitata dall’estetica gotico-medioevale che da ‘Nightwing’ in poi trova la massima espressione in ‘Rom 5:12’. Con l’attuale ‘Memento Mori’ i Marduk giungono alla perfetta fusione alchemiche delle loro due anime.
Tracklist
01Memento Mori
02Heart of the Funeral
03Blood of the Funeral
04Shovel Beats Sceptre
05Charlatan
06Coffin Carol
07Marching Bones
08Year of the Maggot
09Red Tree of Blood
10As We Are
Lineup
Daniel “Mortuus” Rostèn (Vocals)
Morgan Steinmeyer Hakansson (Guitar)
Devo Andersson (Bass)
Simon Schilling (Drums)