Vantablack Warship – Last of the Hardmouthed Poets
Il 02/08/2023, di Giuseppe Bellobuono.
Titolo Album: Last of the Hardmouthed Poets
Genere: Hardcore, Thrash Metal
Durata: 28:38 min.
Etichetta: Bam & Co. Heavy
I Vantablack Warship sono una band canadese thrash metal e hardcore-punk di Montreal giunti al secondo full-lenght con ‘Last of the Hardmouthed Poets’, disponibile in vinile e cd su etichetta Bam & Co. Heavy, il cui titolo è un omaggio agli autori inseriti nelle liste nere di un tempo e ci ricorda di non dare per scontata la libertà di parola e di pensiero. L’album è stato registrato ai Madame Wood Studios (gli stessi dove gli Sword hanno realizzato l’ultimo disco) da Patrick Knup, ed è stato masterizzato da Alberto De Icaza (conosciuto per il suo lavoro con gruppi del calibro di Lamb of God, Clutch e Spirit World).
‘Last of the Hardmouthed Poets’ è una miscela esplosiva di riff thrash metal con un groove straordinario e una attitudine hardcore-punk totale, attraverso dieci brani (più un’intro e un’outro (nascosta) che vi spettineranno per bene. Mezz’ora di metal selvaggio e dissacratorio che non si preoccupa molto degli effetti generati dall’ascolto, delle tematiche scelte, della quantità di sudore prodotto e del pogo generato alla massima potenza.
L’assalto parte 30 secondi dopo un’intro pianistica con ‘We Shall Not Sleep’, un mega riff distruttivo come un pugno dritto nello stomaco o in faccia che resuscita pure i morti. Il brano si conclude con una citazione: “trova ciò che ami e lascia che ti uccida” (sono le parole di Charles Bukowski). È evidente quale sia il vero amore per la band e di cosa moriranno. La successiva ‘Hunting the Recruiter’, il brano più lento del disco è un macigno pesantissimo e affronta il tema delicato di essere preda o predatore.
Con ’40 Acres’, il ritmo aumenta e diventa un urlo rabbioso per una promessa mai mantenuta dal governo durante la guerra civile di concedere agli schiavi Afro-Americani 40 acri di campo e un mulo per sopravvivere, sorretto da un riffing decisamente old school e una batteria furiosa che nel bridge mette a dura prova i muscoli del collo e del corpo con un moshing devastante. Un omaggio, non solo nostalgico, alla scena thrash Bay Area. Giusto un secondo di pausa e arriva ‘Choose Your Ride’, un pezzo con un basso iper compresso (il più breve dell’album) e con un suono crudo e senza compromessi.
È tempo di staccare la spina e cambiare canale ‘Unplug the Drug’ diventa un’invettiva contro la nuova droga del momento: il protagonismo da media e social e tutto quello che sta diventando la comunicazione oggi con falsi idoli ed esempi da seguire che ci fanno perdere di vista le cose importanti. Anche ‘Laughing in Anger’ procede sulla stessa falsariga dei brani precedenti, dopo un mid tempo iniziale. Un crossover ben riuscito tra metal e punk che racconta con grande ironia la frustrazione di chi vuole avere sempre l’ultima parola su tutto e si prende troppo sul serio. Imbracciate la vostra “air guitar” e gridate ‘i’m laughing at youuuu’.
‘Gone’ riprende il ritmo incalzante thrash metal e difficilmente ve la toglierete dalla mente per il ritornello da cantare a squarciagola in sede live con un testo molto intelligente sulle cose passate e su quelle che sembravano false e ora sono vere. Senza tregua, ‘Inside His Mind’ si abbatte su di noi come un tornado che spazza via ogni cosa con il suo riff spacca ossa, ma c’è anche lo spazio per l’ironia e il sarcasmo sulla presunta fama raggiunta dalle band che durano l’arco di un weekend (io li definisco Metallari della Domenica). Tutto è già sentito, trito e ritrito, dai costumi di scena alle tematiche, alle maschere indossate, al sangue che schizza ovunque, ai BPM folli, tutti uguali, dimenticando il motivo principale che spinge a fare musica: scrivere buoni pezzi. ‘Fameless’, con il suo riff quasi industriale, ad esempio, lo è!
Che corsa… e prima di calare il sipario sul disco ancora il tempo dell’ultima traccia ‘Above it All’, un classico brano thrash-hardcore con chitarre sbaraglianti e un finale da manuale per un Mosh Pit grandioso. A sorpresa, quasi nascosta dopo 10 secondi di silenzio, arriva il grido ‘Raining Blood’ (sarà un caso?) che mette la parola fine su un album violento e tumultuoso, con un mixaggio e una produzione assolutamente all’altezza che rende tutto chiaro, preciso e scattante e non fa perdere nulla di quell’atmosfera grezza e old-school irresistibile.
Tracklist
01 – Blacklisters Lament
02 – We Shall Not Sleep
03 – Hunting the Recruiter
04 – 40 Acres
05 – Choose Your Ride
06 – Unplug the Drug
07 – Laughing In Anger
08 – Gone
09 – Inside His Mind
10 – Fameless
11 – Above it All
Lineup
Patrick Gordon – Guitar
Yannick “Pil” Pilon – Vocals
Thierry Hivon – Guitar
Kurt Clifford – Bass
Pierre Pitre – Drums