Avenged Sevenfold – Life Is But A Dream
Il 13/06/2023, di Gianfranco Monese.
Gruppo: Avenged Sevenfold
Titolo Album: Life Is But A Dream
Genere: Avantgarde, Inclassificabile
Durata: 53 min.
Etichetta: Warner Records
Gli Avenged Sevenfold hanno, personalmente, un pregio: non si sa dove collocarli. Sono lontani i tempi di ‘Waking The Fallen’ (2003), ‘City Of Evil’ (2005) o dell’omonimo disco del 2007, e le conseguenti bottigliate ricevute al Gods Of Metal 2008 prima dello show degli Iron Maiden, quando i Nostri erano ritenuti “colpevoli” di rappresentare, assieme a Bullet For My Valentine e pochi altri, un metalcore tanto caro agli emo-adolescenti, e quindi odiato dal metallaro vero e puro. E il sottoscritto, che ha avuto l’onore di vederli sia a quel Gods Of Metal che con il collega Andrea Lami all’ex PalaSharp di Milano (era il tour di ‘Nightmare’ [2010], con l’ineccepibile Mike Portnoy alla batteria), già allora ha compreso, disco dopo disco, quell’irrefrenabile voglia del quintetto di Huntington Beach di non sedersi su un genere specifico. E’ infatti quasi una rock/metal opera questo ‘Life Is But A Dream’, dati titolo e tematiche (ispirati al filosofo Albert Camus), ma anche per le interpretazioni vocali e strumentali in esso contenute, tali da riuscire a spiazzare non solo nella totalità del disco, ma dopo svariati ascolti dello stesso brano. Si comincia con ‘Game Over’, tra malinconiche melodie avvolte da una chitarra flamenco, e sfuriate che osano ai confini del thrash metal. Lodevole la prova vocale di Shadows, in grado di adagiarsi su ogni spirito del pezzo. ‘Mattel’, ovvero la casa produttrice della famosa bambola Barbie, odora di plastica rosa nelle parti elettroniche che impermeano i ritornelli, così come nell’assolo di tastiera e chitarra (da 03:01 a 03:30), mentre la restante parte della canzone naviga tra industrial e metalcore. ‘Nobody’, primo singolo estratto, è uno dei capolavori che più riassumono l’anima di questo album, dove al racconto di Shadows partecipano anche le chitarre di Gates e Vengeance (si ascolti l’accompagnamento alla voce mentre il frontman canta “I’m the God, I’m awake, I’m the one in everything, I’m alive, I’m the dead, I’m a man without a head”), rubando la scena come nell’assolo finale, accompagnato da mesti archi. ‘We Love You’ è quasi schizofrenica nell’unire heavy metal, sfuriate thrash/metalcore, e parti elettroniche catartiche o electro house in costante crescendo (ovvero quando Shadows parte con la lista dei “more” e dei “build”). E’ una semi ballad per nulla scontata ‘Cosmic’, nei cui sette minuti e mezzo chitarre, pianoforte ed elettronica si danno il cambio, mantenendo il brano sia camaleontico che intrigante, assieme ad una prestazione gargantuesca di Shadows, capace di adagiarsi su momenti rasserenanti cari ai Pink Floyd, o di alzare la (roca) voce in altri più concitati. Si viaggia tra Nevermore e Alice In Chains in ‘Beautiful Morning’, mentre Pink Floyd e Beatles sembrano avvolgerne l’intermezzo (da 02:18 a 03:33), prima che l’ennesima impeccabile prova solista di Gates ribalti nuovamente le idee in testa. Tra autotune, incursioni nel progressive e nel funky, ‘Easier’ è l’ennesimo pugno nello stomaco (in positivo) di questo lavoro, come se Mike Patton collaborasse con Nile Rodgers e Mike Portnoy, ed il bello è che ad ogni ascolto vengono in mente altri nomi, altre band di richiamo. Ascoltatelo più volte questo pezzo: non sarà mai uguale a prima. Si viaggia verso la fine con il trittico GOD, all’apparenza un’unico brano suddiviso in tre parti che inizia con delle sinistre sperimentazioni prog anni Settanta, e rimanda anche ai Pain Of Salvation del periodo ‘Scarsick’ (2007), di ‘G’, prosegue con il funky dance “alla Daft Punk” (ascoltatevi ‘Give Life Back To Music’ da ‘Random Access Memories’ [2013]) di ‘(O)rdinary’, e termina con il jazz, ma anche con i Queen tanto devoti alla parte più operistica (‘A Night At The Opera’ [1975]), di ‘(D)eath’, doveroso tributo di Gates alla moglie, il cui titolo iniziale era ‘Alone Tonight’. Alla strumentale titletrack spetta chiudere questo disco, e non poteva esserci chiusura più rappresentativa, data da una prova di pianoforte tanto dolce e calda quanto malinconica, fredda e straziante.
Personalmente, se oltre ad un’attesa di sette anni dal precedente lavoro, si è dovuto lavorare col produttore Joe Barresi per ben quattro anni e cancellare l’intero tour europeo 2022 (ricordate la data al Rock The Castle di Villafranca, prevista per il 23 giugno?) per meglio dedicarsi a questo album, scelte migliori non potevano essere fatte. ‘Life Is But A Dream’ spiazzerà sicuramente, ma è la testimonianza di un gruppo in perpetuo divenire, ed ha il solo difetto di uscire in un periodo nel quale si vive di (e con) superficialità, fruendo in maniera rapida e disattenta di quanto ci viene regalato giorno dopo giorno. E su questa superficialità scivolano spesso molte band, credendo che offrire la solita, quasi sufficiente, minestra riscaldata basti a risvegliare il fruitore da un piattume generale. Mi dispiace, ma serve di più, molto di più, e con ‘Life Is But A Dream’ gli Avenged Sevenfold ce lo hanno consegnato.
Tracklist
01. Game Over
02. Mattel
03. Nobody
04. We Love You
05. Cosmic
06. Beautiful Morning
07. Easier
08. G
09. (O)rdinary
10. (D)eath
11. Life Is But A Dream
Lineup
M. Shadows: vocals
Synyster Gates: lead guitar, piano, backing vocals
Zacky Vengeance: rhythm guitar, backing vocals
Johnny Christ: bass
Brooks Wakerman: drums