The Ocean – Holocene

Il 19/05/2023, di .

Gruppo: The Ocean

Titolo Album: Holocene

Genere: , , ,

Durata: 52:28 min.

Etichetta: Pelagic Records

90

Decimo lavoro in studio per i tedeschi The Ocean, ‘Holocene’ è il capitolo conclusivo della saga paleontologica che ci ha fatto sempre più apprezzare la band nel corso degli ultimi anni.

Un disco anomalo, un disco che non ti aspetti.
Un disco devastante.

Un disco scritto durante il primo autunno della pandemia ma che vede la luce solo oggi, ancora denso di rabbia, angoscia, introspezione ma anche avvolgente, morbido, a tratti confortante: il miglior riflesso di quei giorni che forse faremmo bene a non dimenticare completamente.
Come sottolineato nell’intervista con il mastermind Robin Staps l’effetto che ho avuto durante l’ascolto è stato qualcosa di molto simile a quello che mi fece qualche anno fa il disco degli Ulver ‘Assassination of Julius Ceasar’, un altro disco anomalo e proprio per questo unico e irripetibile. Anche stavolta per settimane sono stata lì a ripigiare play, a cercarne le sfumature, a lasciarmi sopraffare dai brividi e scovare dettagli di cui è difficile cogliere appieno la bellezza in lavori così complessi.
‘Holocene’ per la sua carica emotiva e le scariche improvvise di ira e distorsioni sale sul podio della mia personale classifica di dischi anomali. Sono sicura che ci saranno opinioni contrastanti a riguardo, congetture e ipotesi su virate stilistiche e cambi di rotta, menate da scribacchini del settore, sentiteci quello che volete, per quanto mi riguarda è il disco giusto arrivato al momento giusto, per sound e contenuti. Devasto d’alta classe.
Tappeti di sintetizzatori e innumerevoli ottoni accompagnano il clean di Rossetti, espressivo e drammatico, meno perverso ma sempre disperato e toccante, l’elettronica dilaga, è piacevole, intenso, trascinante, scende in profondità, scivolando goccia dopo goccia, nota dopo nota, in ogni frattura della nostra coscienza sensibile fino a quando climax costruiti ad arte scoppiano in violente tempeste verticali di suono distorto e furente.
Strati e strati di melodia si sovrappongono, mentre si susseguono angoscianti prese di coscienza, trasuda solitudine, dubbio e rabbia feroce, incompresa, che trova pace solo in disilluse esplosioni devastanti.
Ogni brano potrebbe essere un singolo, eppure ogni brano è collegato all’altro. Grandissima prova sulla centrale ‘Atlantic’, perfetta sintesi di tutto il lavoro, un crescendo infinito che quando deflagra  ringhiando, con riff pazzeschi, scuote dalle fondamenta. In cuffia, con il giusto volume, è come essere sopraffatti dall’impeto violento della più alta onda dell’oceano, quello vero, quell’onda che arriva da lontano, silenziosa, che non lascia scampo, quasi nemmeno te ne accorgi anche se sai che prima o poi arriverà, finché non è troppo tardi, ti ha colpito in piena faccia, tramortendoti e trascinandoti nelle viscere dell’abisso.
Un abisso dell’anima difficile da spiegare, un abisso diverso per ognuno di noi a cui i The Ocean, con questo disco, hanno dato voce.
Ogni brano meriterebbe di essere approfondito ma una perla su cui spendere obbligatoriamente due parole è ‘Unconformities’, con la voce magnifica e tormentata della cantante norvegese Karin Park, degna di un piano largo color ocra di Tarantino, che si avvolge intorno al collo carezzevole ed innocente finché non arrivano Loïc e il muro di chitarre a stritolare brutalmente, fino a soffocare in una spira letale.
Il lavoro vocale di Rossetti è davvero encomiabile, le doti espressive del clean proposto su buona parte del disco lasciano attoniti, così come la chirurgica pertinenza delle immense chitarre di Staps che hanno un’identità sonora imprescindibile, tutto accompagnato da una ritmica efficace che accentua il pathos di ogni verso.
Molto interessante anche ‘Limbus’, una rielaborazione strumentale dark ambient delle idee da cui nasce ‘Holocene’, pubblicato sempre per la Pelagic da Voigtmann con il suo progetto SHRVL. Da ascoltare per completezza.

‘Holocene’ è guardarsi dentro, cercarsi, trovarsi e salvarsi. Incisivo e languido, crudo e disarmante, avvolgente e oscuro: un perfetto connubio di contrasti, l’ennesima estrema sperimentazione che prevarica ogni confine di genere magistralmente racchiusa in poco meno di un’ora di Musica.

Un disco devastante.

 

 


Tenth studio album for the Berlin based The Ocean, ‘Holocene’ is the final chapter of the paleontological saga that has made us appreciate increasingly the band over the last years.

An unusual record, a record you don’t expect.
A devastating record.

An album written during the first autumn of the pandemic but which sees the light only today, still full of anger, anguish, introspection but also enveloping, soft, at times comforting: the best reflection of those days that perhaps we should not completely forget.
As underlined in the interview with the mastermind Robin Staps, the effect I had while listening to ‘Holocene’ was something very similar to what Ulver’s album ‘Assassination of Julius Caesar’ had on me few years ago, another unusual record, unique and unrepeatable for this reason. Also this time I’ve been playing it in loop for weeks, sieving for its nuances, being overwhelmed by shivers and to find details whose beauty is difficult to fully grasp in such complex works.
‘Holocene’, for its emotional charge and sudden bursts of anger and distortions, climbs up the podium of my personal ranking of unusual records. I’m sure there will be conflicting opinions about it, conjectures and hypotheses on stylistic turns and course changes, led by sector scribblers, well, think and say what you want, as far as I’m concerned it’s the right record arrived at the right time, for sound and content. Top class devastation.
Carpets of synthesizers and countless brass instruments accompany Rossetti’s clean, expressive and dramatic, less perverse but always desperate and touching, the electronics spread, it’s pleasant, intense, enthralling, it goes deep, slipping drop by drop, note by note, in every fracture of our sensitive consciousness until artfully constructed climaxes erupt in violent vertical storms of furious, distorted sound.
Layers and layers of melody overlap, as distressing sensory awarenesses follow one another, it exudes loneliness, doubt, ferocious and misunderstood anger, which finds peace only in disillusioned devastating explosions.
Each song could be a single, yet each song is connected to the other. Great work on the central ‘Atlantic’, perfect synthesis of the whole record, an infinite crescendo that explodes growling, with crazy riffs, shaking the foundations. In headphones, with the right volume, it’s like being overwhelmed by the violent impetus of the highest wave in the ocean, the real one, that wave that comes from afar, silent, that leaves no way out, you hardly even notice it even if you know that sooner or later will come, until it’s too late, it has hit you in the face, stunning and dragging you into the bowels of the abyss.
An abyss of the soul that is difficult to explain, a different abyss for each of us to which The Ocean, with this album, have given voice.
Each song deserves to be explored but a pearl I need to spend few words on is ‘Unconformities’, with the magnificent and tormented voice of the Norwegian singer Karin Park, worthy of a Tarantino ocher wide piano, which, caressing and innocent, wraps around the neck until Loïc and the wall of guitars arrive to brutally crush, until suffocating the listener in a lethal coil.
Rossetti’s vocal work is truly commendable, the expressive qualities of the clean proposed leave us astonished, as well as the surgical pertinence of the immense guitar’s work of Staps which has a perfect sound identity, all accompanied by an powerful rhythm section that accentuates the pathos of each verse.
Very interesting is ‘Limbus’, a dark ambient instrumental reworking of the ideas from which ‘Holocene’ was born, also published for Pelagic by Voigtmann with his SHRVL project. To be listened to fully appreciate the complexity of this experience.

‘Holocene’ is looking inside, seeking, finding and saving oneself. Incisive and languid, raw and disarming, enveloping and dark: a perfect combination of contrasts, yet another extreme experimentation that overcomes every genre boundary, masterfully enclosed in just under an hour of Music.

A devastating record.

Tracklist

1. Preboreal
2. Boreal
3. Sea of Reeds
4. Atlantic
5. Subboreal
6. Unconformities (feat. Karin Park)
7. Parabiosis
8. Subatlantic

Lineup

Loïc Rossetti – Vocals
Paul Seidel – Drums
Mattias Hägerstrand – Bass
Robin Staps – Guitars
David Ahfeldt – Guitars
Peter Voigtmann – Keys