Kamelot – The Awakening
Il 24/04/2023, di Dario Cattaneo.
Gruppo: Kamelot
Titolo Album: The Awakening
Genere: Melodic Heavy Metal, Power Metal, Symphonic Metal
Durata: 53 min.
Etichetta: Napalm Records
Ne è passato di tempo stavolta… Cinque anni tra un uscita dei Kamelot e l’altra in effetti non erano mai passati, e in effetti ‘The Shadow Theory’ ci sembra un album già un po’… lontano. Ma a parte il silenzio prolungato, a incuriosire (in certi casi anche preoccupare) fan e addetti ai lavori era soprattutto la recente parabola intrapresa dalla band di Thomas Youngblood. Parabola né ascendente né discendente diciamo; però è innegabile che dall’arrivo di Karevik e l’abbandono di Khan la traiettoria della carriera della band sia cambiata, puntando verso un sottile immobilismo che garantiva a noi ascoltatori lavori di assoluta qualità, ma meno sorprese.
Pensiamoci un po’: dopo i grandiosi ‘Karma’ e ‘Epica’, monumenti di power romantico, epico ma anche roboante, abbiamo avuto un arricchimento del sound con ‘The Black Halo’. Il successivo ‘Ghost Opera’ ha saturato ancora più il sound, marchiando il volto di Palotai a fuoco accanto al riccioluto chitarrista. ‘Poetry for The Poisoned’ ha aggiunto poi un tocco di progressive e un goccio di nero inchiostro che prima erano solo accennati… fino appunto a ‘Silverthorn’. Quell’album ci ha presentato una band orfana del frontman ma arricchita dagli input di un cavallo di razza come Karevik, e un equilibrio musicale praticamente perfetto. Ogni elemento aveva trovato una sua dimensione per dire: l’input sinfonico di Palotai era in equilibrio con gli input più metal delle chitarre e i ritmi della batteria di Grillo… anche l’atmosfera generale aveva trovato una sua dimensione precisa: romantica, poetica, con un filo di melanconia e decadenza a rendere interessante il tutto. Un album di assestamento insomma, non esplorava più niente di nuovo, ma si curava di presentare al meglio i frutti coltivati nel tempo nell’orto di casa. Però poi ‘Haven’ ha presentato atmosfere, soluzioni ed equilibri assolutamente simili. E così anche ‘The Shadow Theory’, in maniera forse addirittura più stanca. I Kamelot quindi avevano perso il coraggio? Ci presentano album perfetti, ma senza quei guizzi di personalità che davano a ogni album una luca diversa?
La risposta che arriva con ‘The Awakening’ è la più forte e corta possibile: No. L’album infatti si scuote la polvere di dosso, e inserisce una marcia diversa, che proietta l’album decisamente in avanti. Non inventa niente, sia chiaro: ‘The Awakening’ non è un album esplorativo, però è un album dotato di una sua anima. Troviamo tutti gli elementi che ci piacciono dei Kamelot: il power di ‘The Great Divide’ è sicuramente nel DNA della band, ma una partenza così esplosiva non può che rimandare con la mente alla seminale ‘Center of the Universe’ del 2003. Bomba! La parte romantica e sinfonica così perfettamente sviluppata negli ultimi tre album è presente in ‘Eventide’ e ‘Opus of the Night’ e ci conferma che nel campo di unire la solennità degli arrangiamenti con una base prettamente metal i Kamelot sono ancora tra i migliori. La delicatezza struggente di ‘Midsummer’s Eve’ ci parla dei momenti più delicati di ‘The Black Halo’, mentre il bellissimo ‘Karma’ viene citato proprio nella sua title track dai primi trenta secondi di ‘The Looking Glass’, davvero una ‘Karma parte due’, se vogliamo. E c’è spazio anche per qualcosa di nuovo e coraggioso, perché ‘One More Flag In The Ground’ porta epicità a piene mani, un sound vigoroso e ‘vittorioso’ che non si sentiva da tanto tempo.
La conclusione dovrebbe essere chiara: ‘The Awakening’ è un album che non inventa niente – nemmeno nel recinto della band stessa – però è un album che osa. Che si scrolla di dosso i dubbi sul fatto di essersi momentaneamente seduti in una zona di confort, e mostra una voglia di stupire (seppure con soluzioni già usate) forte e rinnovata. Un album forte, dunque, in grado di colpire l’attenzione dell’ascoltatore senza sforzo e di far parlare di sé e della propria identità. Cinque anni sono passati, ma ne è valsa la pena.
Tracklist
01. Overture (Intro)
02. The Great Divide
03. Eventide
04. One More Flag in the Ground
05. Opus of the Night (Ghost Requiem)
06. Midsummer’s Eve
07. Bloodmoon
08. NightSky
09. The Looking Glass
10. New Babylon
11. Willow
12. My Pantheon (Forevermore)
13. Ephemera (Outro)
Lineup
Tommy Karevik: vocals
Thomas Youngblood: guitars
Oliver Palotai: keyboards
Sean Tibbets: bass
Alex Landenburg: drums