Mork – Dypet
Il 25/02/2023, di Maurizio Buccella.
I Mork rientrano tra quei fenomeni che, nel giro di pochi, fai appena in tempo a notare, il tempo di abbassare lo sguardo per scarabocchiati un nome sul dorso della mano, ma quando rialzi gli occhi quel nome è già sulla bocca di tutti. Tu ovviamente ci resti malissimo perché la piccola perla underground che pensavi di aver scoperto adesso manca solo che vada a fare duetti con Beyoncé all’Eurovision. Dal debutto del 2014, matrimonio felice di successi di critica e pubblico, i Mork hanno inondato il mercato di pubblicazioni a ritmo serrato, al punto che ero convinto di aver già recensito la band (invece erano i Morkvind, bravissimi tra l’altro).
A tutti gli effetti i Mork sembrano possedere la ricetta perfetta del black metal old school: un logo casareccio che sembra la composizione di un bambino che si diverte a smucinare i rametti nelle feci canine, scream vocals in norvegese scure come lamenti ultraterreni, l’approccio diretto di un mastino che ha scambiato la tua faccia per panino alla mortadella, una dose di melodia quanto basta. L’ultimo ‘Dypet’ si mantiene sullo standard delle precedenti produzioni.
Parte con ‘Indre Demoner’ come una rapida processione di nuvole nere che s’inseguono trainate dai venti del Nord. La successiva ‘Forfort av Kulden’ si assesta al picco dell’album, che, devo dire, ne ha di momenti ispirati. Qui il loro sound sintetizzabile come Khold-sotto-ketamina trova l’equilibrio perfetto tra le sferzate rabbiose di gelo del riffing e gli sfilacciati strascichi malinconiche degli arpeggi. ‘Svik’ riecheggia degli spunti melodeath di ‘Katedralen’ del 2021. Del resto, con uscite a distanza di poco più di un anno è fisiologico che il songwriting resti ancorato alla struttura ossea della discografia pregressa. Da segnalare la partecipazione dell’ex Kvertelak Hjelvik nella traccia ‘Hoye murer’. In chiusura ‘Tilbake Til opprinnelsen’ ha ridestato in me la più dolente One Night Stand dei miei oltre vent’anni di consumo di black: ‘Til Haget’ degli Hagl (2015). Un disco solo che mi ha strappato il cuore. Un costante Mid Tempo che suona come se i Darkthrone sospendessero gli antidepressivi per oltre un mese.
Nel complesso Thomas Eriksen segna l’ennesimo centro perfetto della sua carriera. Un album carico di atmosfere dense di oscurità, in cui l’unico spiraglio di luce rimane la speranza di continuare a strisciare nel tunnel per i prossimi altri sei dischi.
Tracklist
- Indre Demoner
- Forfort Av Kulden
- Svik
- Et Kall Fra Dype
- Hoye Murer (feat. HJELVIK
- Bortgang
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Avskum
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Tilbake Til Opprinnelsen
Lineup
Tomas Eriksen (tutto)