The Devil Wears Prada – Color Decay
Il 25/09/2022, di Alessandro Ebuli.
Gruppo: The Devil Wears Prada
Titolo Album: Color Decay
Genere: Metalcore, Modern Metal
Durata: 45 min.
Etichetta: Solid State Records
Sono trascorsi tre anni da ‘The Act’, un disco che metteva in tavola una nuova ricetta per la band di Dayton, Ohio, in cui le sonorità brutali degli esordi lasciavano spazio ad aperture melodiche evidenti ma non sempre centrate, frutto di un periodo di probabile confusione all’interno del gruppo, complice probabilmente la rivoluzione interna alla line-up. Entrano infatti in formazione alle tastiere e sintetizzatori Jonathan Gering (presente già come session man dal 2012), Mason Nagy al basso e Giuseppe Capolupo alla batteria, attualmente membro non ancora stabile e in attesa di conferma o di sostituzione con un altro batterista. Con ‘Color Decay’ la band affina le proprie doti e smussa certe asperità del passato per concentrarsi sulla ricerca di un bilanciamento tra le parti dove il lato più aggressivo si dosa con sapienza alle melodie.
Tra i brani più rappresentativi della dicotomia tra la musicalità dei refrain e la violenza delle parti più spinte troviamo ‘Watchtower’ e ‘Noise’, anche se va detto che per tutta la durata dell’album le due componenti si alternano in maniera piacevole anche se talvolta il risultato odora di già sentito. Certo, il Metalcore è un genere particolare, o si ama o si odia, ma per esperienza devo dire che non è raro accada che alcune band riescano a mettere d’accordo i palati più pretenziosi degli amanti delle sonorità più dure e aggressive di certo Metal più estremo. Forse perché in ogni ascoltatore, anche il più votato all’estremo, c’è una certa propensione alla melodia. Del resto i The Devil Wears Prada fanno esattamente della melodia il proprio trademark, anche se nel tempo si sono certamente liberati di una urgenza espressiva figlia della giovane età a favore di una quadra compositiva che meglio si allinea all’evoluzione del Metalcore in senso generale.
Il tempo passa per tutti e anche i Nostri trovano una nuova collocazione, certamente più consona al loro stile compositivo. ‘Broken’ ricorda più da vicino band come i Bring Me The Horizon o i Thirty Seconds To Mars che di aggressivo non hanno poi moltissimo se non a piccole dosi, mentre altri come l’opener ‘Exhibition’ e ‘Salt’ mostrano un certo appeal compositivo saldamente ancorato alle classiche sonorità dello stile nato negli States. Qua e là echi dei Korn del nuovo corso (dell’ultimo decennio, per intenderci) e un ampio utilizzo di sintetizzatori e tastiere, una veste elettronica che non stona (quasi) mai. Spiccano la pulsante ‘Sacrifice’, le sofferte ‘Trapped’ e ‘Time’, l’atmosferico slow tempo ‘Twenty-Five’ con un’apertura sul finale in cui la voce di Mike Hranica si trasforma in dolore e sofferenza, o ancora la sperimentale e semiacustica ‘Fire’, fino alle più granitiche ‘Hallucinate’ (una tra le migliori dell’album) e l’atipica ‘Cancer’ all’interno della quale ritroviamo un po’ tutte le sonorità ascoltate nel corso dei quarantacinque minuti di ‘Color Decay’, compresa una sezione atmosferica con chiusura su un tappeto di chitarra acustica.
Il nuovo arrivato si rivela essere un deciso passo avanti nell’esplorazione di nuove sonorità, di sicuro rispetto al suo predecessore; in definitiva nuove commistioni e un parziale rinnovamento della propria veste sonora per uno stile musicale che dell’innovazione non è mai stato portavoce. Con ‘Color Decay’ il diavolo wears (new) Prada.
Tracklist
01. Exhibition
02. Salt
03. Watchtower
04. Noise
05. Broken
06. Sacrifice
07. Trapped
08. Time
09. Twenty-Five
10. Fire
11. Hallucinate
12. Cancer
Lineup
Mike Hranica: Vocals
Jeremy DePoister: Rhythm guitar, backing vocals
Kyle Sipress: Lead guitar, backing vocals
Jonathan Gering: keybords, synthetizers
Mason Nagy: bass
Giuseppe Capolupo: drums