Rotting Empire – Buried in the Past
Il 05/09/2022, di Maurizio Buccella.
Gruppo: Rotting Empire
Titolo Album: Buried from the Past
Genere: Death Metal
Durata: 43:15 min.
Etichetta: RTM Productions
Ci sono ritorni e ritorni. Ci sono i ritorni avvolti in spirali infinite di aspettative messianiche, che non si sa se avranno mai luogo al di fuori del limbo delle fantasie suppurate durante l’orario di lavoro ma che ci fanno continuare a sperare nel futuro più con fede che fiducia, come per l’attesissimo comeback dei Necrophagist. Poi ci sono i ritorni in sordina, che sono un po’ come quegli archi narrativi in cui, nei fumetti, rispuntano fuori nemici di Batman o Superman che erano stati uccisi o internati almeno un migliaio di albi prima. Complice l’effetto del restyling obbligato, a distanza di decadi dalle tutine retinate, è come se i lettori li incontrassero solo ora. Lo stesso si può dire dei Rotting Empire, militanti del death dal 2000, come recita la bio della RTM Productions. In realtà il primo full lenght ‘Sui Generis’ risale a dieci anni fa, preceduto dall’EP ‘Images of War’. Se, al loro debutto, il combo teutonico s’imponeva sulla scena estrema col loro death dalle ritmiche serrate, appesantite nel sudario di ruggine delle influenze groove, che li facevano sembrare un figlio bastardo nato dallo stupro di gruppo degli Obituary ai danni degli Skinlab, oggi i Rotting Empire sembrano aver trovato la loro dimensione sull’onda del grande revival dell’ODSM. Il loro grande pregio è stato, in verità, la capacità di mantenere la pesantezza di fondo senza tarpare le ali al songwriting, che, in effetti, nei lavori precedenti usciva a tratti asfissiato dalla ridondanza del riffing. Al contrario, in questo ‘Buried from the Past’, le ossessive strutture cadenzate della loro prima incarnazione appaiono smorzate in favore di soluzioni più dinamiche, in particolare nelle chitarre che, oltre ai pionieri del buzzsaw sound (omaggiati nella cover art che potrebbe aver disegnato Lars Goran Petrov all’asilo), attingono a piene mani dalla scena di Goteborg. Lo spettro di ‘Slaughter of the Soul’ frusta con prepotenza le sue catene nei brani Mirror of Society e Kill to Survive. L’opener So I rappresenta il punto d’equilibrio ideale che vede l’approccio della prima ora, chitarre-usate-come-spranghe per capirci, con soluzioni di marcato stampo melodeath, soprattutto nelle accelerazioni. Il growl rimane il principale trait d’union con la matrice death pura: gutturale, licantropica, rabbiosa, tuttavia versatile. Sezione ritmica assassina ma povera di slanci creativi. In conclusione, ammirevole il salto di qualità della band bavarese, ciononostante per il futuro si spera in evoluzioni meno derivative e più personalizzate.
Tracklist
1. So I [03:52]
2. Mirror of Society [04:55]
3. No Regrets [03:48]
4. Years Without Sunlight [04:58]
5. Depression [04:27]
6. Buried in the Past [04:46]
7. Last Chapter [04:10]
8. Alive [04:57]
9. Kill to Survive [03:31]
10. Journey in to the Past (Outro) [03:46]
Lineup
Danny – vocals
Sepp – guitars
Martin – guitars
Tom – bass
Wast – drums