Blind Guardian – The God Machine

Il 03/09/2022, di .

Gruppo: Blind Guardian

Titolo Album: The God Machine

Genere:

Durata: 51 min.

Etichetta: Nuclear Blast

88

Niente, i Blind Guardian non si smentiscono mai… i tempi di attesa tra un album e l’altro sono più o meno sempre stati biblici (diciamo da ‘Tales From The Twilight World’ in poi) e anche stavolta gli anni che sono passati dall’ultimo ‘Beyond The Red Mirror’ sono ben sette. Per dire, gli Iron dal 2015 a oggi ne hanno pubblicati due! Polemiche scherzose a parte, questa introduzione alla qui presente recensionenon è statamessa qui a caso.  Ci porta infatti sul piatto un elemento secondo noi importante per capire questo album, ovvero che di album di transizione – o riempitivi se vogliamo essere più cattivi – Kursh e soci non ne hanno mai davvero fatti. I lavori in studio dei Blind Guardian sono relativamente pochi se rapportati alla lunghezza della loro carriera; ma a parte per qualcosa degli esordi non c’è un album che segua pedissequamente il precedente o che risulti fatto con il pilota automatico inserito. Sono sempre lavori figli del proprio tempo, figli di un tempo che cambia col passare degli anni, e quindi dotati ognuno di una personalità perfettamente a fuoco che li posiziona esattamente in quella posizione nella discografia. Impossibile invertire l’ordine degli album dei Blind, qualcosa stonerebbe, ne siamo sicuri.

Dunque, lo diciamo subito, anche ‘The God Machine’ è un album figlio del suo tempo. Se ne leggono di tutti i colori in giro: “ritorno alle sonorità di ‘Somewhere Far Beyond’..”, “un ‘Imaginations’ più diretto…” ma difatto secondo noi di ritorno non c’è niente. E’ il dodicesimo album dei blind, e come tale guarda al 2022 e non più indietro, esattamente come hanno sempre fatto i dischi precedenti. Poi, è vero che in qualche modo il sound qui sia più violento e veloce, che ci siano meno orchestrazioni e parti corali e che in generale l’album risulti meno complesso e barocco di ‘Beyond The Red Mirror’, ma solo il modo che ha quest’album di essere attuale, appunto. I brani più brutali ci sono, e rispondono ad esempio a titoli quali ‘Damnation’ e ’Violent Shadows’, ma non sono delle nuove ‘Ashes To Ashes’ per dire. Sono ottimi brani che ci fanno scapocciare come un tempo e che ci riportano un Kursh adeguatamente inasprito nel cantato, ma che presentano comunque rallentamenti, cambi di sonorità e armonizzazioni di chitarra che guardano comunque agli anni successivi. Ci sono pezzi più articolati e complessi, come ‘Secrets Of The American Gods’ che fanno il percorso inverso: potrebbero essere stilisticamente inclusi in ‘A Night At The Opera’ o ‘A Twist In The Myth’, ma presentano ritornelli rotondi e memorizzabili, che sono memori delle costruzioni di altri album di decenni diversi. L’album è molto vario, e alterna con una perizia che ci sentiamo di ammirare pacche di una certa irruenza come la già citata ‘Violent Shadow’ o ‘Blood Of The Elves’ (invero uno dei brani più old style, lo ammettiamo) a brani più ragionati e ricchi che questa volta risultano anche leggermente ammantati di una melanconia di fondo che rimane un po’ inedita pure per una band votata al cambiamento come la loro (‘Life Beyond The Sphere’ ne è un degno esempio). In generale però ci sentiamo di dire che l’intero album funzioni bene, anzi meglio, di ‘Beyond The Red Mirror’. Meno passaggi pesanti, nessuna suite eccessivamente lunga come ‘The Ninth Wave’ e meno pomposità nei cori, cosache – in tutta sincerità – ci aveva in effetti un po’ stancato.

Ci troviamo dunque al cospetto di un album perfettamente a fuoco, di questo ne siamo certi. Come tutti gli altri ha dunque un modo assolutamente personale di rappresentare al band all’anno in cui è giunta (il 38° in carriera) e stavolta lo fa recuperando un po’ di graffio nella voce di Kursh, un po’ di brutalità nel drumming e sposando un approccio meno involuto a strutture che comunque rimangono quelle poco prevedibili e ragionate da sempre parte del loro DNA. Un risultato che a noi è piaciuto molto, a voi?

Tracklist

01. Deliver Us from Evil
02. Damnation
03. Secrets Of The American Gods
04. Violent Shadows
05. Life Beyond The Spheres
06. Architects Of Doom
07. Let It Be No More
08. Blood Of The Elves
09. Destiny

Lineup

Hansi Kürsch: vocals
André Olbrich: guitars
Marcus Siepen: guitars
Frederik Ehmke: drums