Antiquus Scriptum ‘Magnis Tenebris Obscurantum’
Il 13/05/2022, di Maurizio Buccella.
Gruppo: Antiquus Scriptum
Titolo Album: 'Magnis Tenebris Obscuramtum'
Genere: Black Metal
Durata: 27:48 min.
Etichetta: Vegvisir
Ci sono band che, sulla scia di una forte connotazione geografica unita alle peculiarità stlistiche ad essa correlate, si trasformano in realtà locali note solo a coloro che gravitano attorno alla scena. Un po’ come certe figure folkloristiche che faticano a uscire dal circuito delle leggende paesane. Gli Antiquus Scriptum, in realtà one man band del factotum Sacerdos Magus che all’occorrenza si circonda di collaboratori, rientrano a pieni voti nella categoria. Non saranno mai il Mostro di Loch Ness o il Diavolo del Jersey, ma si avvicinano più ai ciclopi della Bassa Ciociaria o ai troll della Valle dell’Aniene. Dalle sponde a sud del fiume Tagus, nella provincia di Almada in Portogallo, la creatura di Sacerdus Magus, pur in attività da un ventennio, non si è mai emancipata dalle ombre di colossi sacri come Moonspell e Desire.
Come desumibile dall’introduttiva cover strumentale degli Enslaved, in apertura dell’ultimo EP (ennesimo capitolo di una lunga serie di split e mini-cd dopo il full lenght ‘Ahbra Khadabra’ di tre anni fa), le coordinate stilistiche entro cui si muove la band afferiscono al black epico con rimandi folk di matrice nordeuropea. Segue ‘The Triangle of Divinities’ che ripropone quella stessa formula – più o meno immutata negli anni – che, per come la vedo io, rappresenta sia il dono che la maledizione del gruppo: vale a dire, posto che le derive folk tendono ad attingere più dal background Viking che dalla tradizione southern, la caratteristica distintiva della band è l’uso di vocals in stile thrash Anni ‘80 innestate su una base strumentale in pura chiave black. Il che, tradotto in termini pratici, è come sentire Mark Osegueda dei Death Angel che, in una festa di giapponesi, in preda ai fumi dell’alcol si lancia in un karaoke disperato su un brano a caso dei Borknagar. La durata media dei brani è di tre minuti e mezzo, ma qui finisce la componente thrash. Il resto dell’EP è tutto sulla stessa linea con un’ altra manciata di inediti inframmezzati da due cover sempre strumentali di ‘Thousand Lakes’ degli Amorphis e ‘No Dreams in Breathless Sleep’ dei Dissection, tanto per ribadire che la vera casa è dove hai il cuore. Ma io preferisco sempre la versione degli Edge of Sanity: Hell is where the Heart is.
Tracklist
Lineup
Magnus Sacerdus (Jorge Magalhaes): voce, chitarre, batteria, synths.