Messa – Close
Il 18/04/2022, di Francesco Faniello.
‘Close’, il terzo disco. L’appuntamento cruciale, che non viene mancato. La formula rodata ma mutevole, che si arricchisce di sempre nuove idee, tenendo ancorato l’ascoltatore alle note, ai passaggi, alle atmosfere e agli scenari descritti, evocati o semplicemente immaginati. Ecco, questo è il nuovo album dei Messa, in pillole. Se ‘Belfry’ era il disco doom definitivo del 2016, se ‘Feast For Water’ aveva sparigliato le carte più ancora di quanto il già variegato debutto avesse lasciato supporre, qui siamo già oltre: oltre le classificazioni, oltre l’aderenza a un filone, ma con un’attenzione al risultato che in genere le avanguardie tendono invece a trascurare, avvitandosi inevitabilmente su se stesse.
Per fare un esempio indicativo, laddove il connubio tra la lezione goth/doom dei The Gathering intermedi e le tinte bicolori del trip hop dei Portishead sembra realizzabile solo sulla carta, ci pensa l’opener ‘Suspended’ a ipotecare il risultato, passando nel break dall’ambientazione stile spy story a cui ci avevano abituato Beth Gibbons e soci a un fluire jazzato guidato dalla chitarra di Alberto che innalza ancor più – se possibile – il livello sulfureo, fino al ritorno dei tempi dissolti della tradizione doom, su cui si staglia la timbrica severa e ineluttabile di Sara, qui capace ancora una volta di variazioni sul canovaccio che ci riportano indietro di molti decenni. Sin dall’opener, persino il neofita può riconoscere e apprezzare un sound che non è ammantato di pomposità nordeuropea, quanto piuttosto di una scarnezza che si esplica tra le distorsioni bilanciate e l’ossatura secca della sezione ritmica, la cui essenza ci sarà più chiara a breve.
Infatti, quando già si è comodi e confortevoli nella nuova miscela, il controtempo che introduce ‘Dark Horse’ ci porta dritti sui lidi del post/hardcore, imbastardendo il suono senza però disperdere un grammo di carica evocativa; l’intento è infatti descrittivo, guarda a Est, zingaresco e apocalittico come solo le profezie lovecraftiane (o bonelliane: mai letto Luca Enoch?) sanno essere. Se la formula si fa plumbea ed elettrica su ‘Rubedo’ e sulla conclusiva ‘Serving Him’, l’ascoltatore è spesso lasciato alla ricerca incessante di un climax, che viene poi elargito in inattesi quanto geniali squarci settantiani, coronati dall’assolo di chitarra – nel disco ce ne sono in tutto tre, ma forse è proprio questo centellinare che rende ancor più prezioso ogni inserto. Ecco, ‘Close’ ha questo di sorprendente: proprio quando si ha l’impressione di averne colto appieno l’essenza, l’eclettismo dei Messa riaffiora nell’esoterica e danzante ‘Orphalese’, oppure nell’incalzante ‘Pilgrim’, o magari su ‘0=2’, su cui è persino difficile stabilire se siamo dinanzi a una contaminazione crimsoniana dello scarno riff iniziale o a un incubo targato Panico o John Zorn, guidato – neanche a dirlo – dai fiati. Sono poi i due intermezzi a suggellare la natura multiforme del quartetto, sia che essi richiamino le leggende sepolte nelle steppe dell’Asia Centrale, sia che aprano uno squarcio sull’abisso infernale di extreme metal da cui deriva. Buon viaggio con la carovana delle anime, come diceva Messiah Marcolin…
Tracklist
01. Suspended
02. Dark Horse
03. Orphalese
04. Rubedo
05. Hollow
06. Pilgrim
07. 0 = 2
08. If You Want Her To Be Taken
09. Leffotrak
10. Serving Him
Lineup
Mistyr: drums
Alberto: guitars
Mark Sade: bass
Sara: vocals