Korn – Requiem
Il 08/02/2022, di Gianfranco Monese.
Gruppo: Korn
Titolo Album: Requiem
Genere: Alternative Metal, Nu Metal
Durata: 33 min.
Etichetta: Loma Vista Recordings
Tornato meritatamente alla ribalta con ‘The Paradigm Shift’ del 2013 (anche se, sottoscritto compreso, c’è chi ha apprezzato qualche uscita precedente), giunge alla sua quattordicesima prova in studio il quintetto di Bakersfield, alfiere (ed ormai, purtroppo, tra i rari superstiti) di quel Nu Metal che tanto rivoluzionò la mia vita, come credo quelle di tutti voi, verso la fine del secolo scorso. Se nel 2010 ‘III: Remember Who You Are’ creò aspettative grazie al titolo, e tre anni dopo ‘The Paradigm Shift’ fece lo stesso a causa del rientro di Head, questo nuovo album si sente in dovere di tenere alta l’asticella che i suoi predecessori ‘The Serenity Of Suffering’ (2016) e ‘The Nothing’ (2019), grazie alle loro qualità, issarono. Il titolo, ‘Requiem’, lo si può interpretare non tanto come una preghiera per defunti (di cui dal latino “Requiem aeternam dona eis, Domine”), quanto piuttosto un lavoro rilassato: non a caso la pandemia ha concesso molto tempo al gruppo, che ha potuto lavorare senza frenesia, pressioni, sollecitazioni e/o scadenze; e questo traspare lungo tutta l’opera prodotta da Chris Collier.
Il brano d’apertura ‘Forgotten’, secondo singolo estratto (uscito il tredici gennaio), ne delinea già le caratteristiche: arrivati all’ultima traccia ‘Worst Is On Its Way’, si potrà comprendere perchè quest’opener non può avere la stessa spinta di altri pezzi apripista della band: non rappresenterebbe lo spirito del disco. Come ‘Starting Over’ descriveva le ambientazioni Industrial di ‘Untitled’ (2007), ‘Forgotten’ ci presenta ‘Requiem’, e si tratta di una canzone piacevole, dove le strofe, ben sorrette da ambientazioni gotico – chitarristiche, portano all’esplosione del ritornello, dettata in primis da quel “Bow Down” urlato da Davis, che sicuramente dal vivo farà sfracelli sottopalco. Si procede spediti con ‘Let The Dark Do The Rest’, nel quale un lavoro serrato, coeso e fosco da parte di Munky e Head, è assecondato da un Davis in grado di spaziare tra malinconia, rabbia e dolcezza. Il primo singolo estratto ‘Start The Healing’ (uscito l’undici novembre), in quanto tale, ha tutte le caratteristiche per essere più un brano da passaggio in radio (con, magari, conseguente acquisizione di nuovi adepti) che un qualcosa che i die hard fan ameranno.
Capiamoci: è un pezzo che se scritto in passato per album meno fortunati, avrebbe fatto gridare al capolavoro, ma personalmente, complice una linearità strutturale che lo pone un gradino sotto a chi l’ha preceduto, alla lunga non strappa molti ascolti, a differenza del terzo singolo estratto ‘Lost In The Grandeur’, dalle strofe simili ma, break a parte (da 02:44 a 03:11), continuamente e piacevolmente domato da Davis. Un lavoro mesto e tagliente di chitarre governa le strofe di ‘Disconnect’, sulle quali il cantante sembra quasi addolcirsi, a ricordare certe ambientazioni del suo lavoro solista ‘Black Labyrinth’ (2018), mentre a seguire si entra in quello che è il trittico più violento, oscuro ed introspettivo del disco. Mi riferisco alle tinte dark di ‘Hopeless And Beaten’, tra le canzoni più estreme di ‘Requiem’ senza che Luzier spinga sull’acceleratore, mentre Davis espone le sue camaleontiche capacità vocali. Segue ‘Penance To Sorrow’, risoluta come ‘Take A Look In The Mirror’ (2003), e la cadenzata ‘My Confession’, perfetta via di mezzo tra ‘Untouchables’ (2002) e ‘The Serenity Of Suffering’ (2016), contenente un breve assolo di Luzier, da 02:24 a 02:35, perfettamente inserito da passare quasi inosservato. Chiude nostalgicamente il disco ‘Worst Is On Its Way’, magnifica trasposizione ai giorni nostri, con tanto di scatting, di ‘Follow The Leader’ del 1998 (vi sono richiami strumentali, nello specifico, a ‘Justin’).
In conclusione, ‘Requiem’ è un lavoro agrodolce, amalgamato nelle strutture e nella durata dei suoi brani, nel quale sono le chitarre a farla da padrone (relegando elettronica e basso a soluzioni quasi minimal), e per questo in grado di distinguersi dal recente passato discografico dei Nostri, mascherando addirittura l’unico difetto del suo predecessore, ovvero il fatto che i singoli, per quanto appetibili, siano comunque inglobati nelle sue atmosfere. Che sia un lavoro a sè lo dimostra il fatto che nonostante le poche canzoni e la loro breve durata, l’ascolto deve ripetersi per apprezzarne al meglio ogni sfumatura.
Molto probabilmente, chi lo critica adesso lo osannerà fra anni, perchè ‘Requiem’ può piacere o non piacere ora, ma ha tutte le carte in regola per diventare un album cult fra molto tempo.
Tracklist
01. Forgotten
02. Let The Dark Do The Rest
03. Start The Healing
04. Lost In The Grandeur
05. Disconnect
06. Hopeless And Beaten
07. Penance To Sorrow
08. My Confession
09. Worst Is On Its Way
Lineup
Jonathan Davis: vocals
James “Munky” Shaffer: guitars
Brian “Head” Welch: guitars
Reginald “Fieldy” Arvizu: bass
Ray Luzier: drums