The Offspring – Let The Bad Times Roll
Il 22/04/2021, di Gianfranco Monese.
Gruppo: The Offspring
Titolo Album: Let The Bad Times Roll
Genere: Alternative Rock, Punk Rock
Durata: 33 min.
Etichetta: Concord Records
Torna a ben nove anni di distanza dal precedente ‘Days Go By’ una delle band più amate del panorama Punk Rock mondiale, che soprattutto con ‘Americana’ (1998) ha saputo aprire al genere ogni varco possibile lungo tutto il pianeta, pur abbracciando uno stile più commerciale rispetto alle precedenti pubblicazioni. Prodotto da Bob Rock (Metallica, Mötley Crüe e Bon Jovi tra i tanti), ‘Let The Bad Times Roll’, decimo album dei californiani The Offspring e primo senza lo storico Gregory “Greg K.” Kriesel al basso (sostituito dall’ex turnista [alla chitarra] Todd Morse), nonostante una lunga gestazione non credo scontenterà chi ha seguito la band sin qui. All’interno, ogni fan vi troverà di tutto: dal brano più spinto a quello più commerciale a quello più sperimentale. Piaccia o meno, discograficamente parlando questa è stata spesso la formula del quartetto (soprattutto da ‘Americana’ in poi), che proprio nella sua varietà trova la sua coerenza. Si parte quindi spediti con ‘This Is Not Utopia’, piacevole corsa contro media e quant’altro che negli Stati Uniti (ma non solo) instillano paure e preoccupazioni: chiare sono, infatti, le domande poste verso la fine: “So how long must we wait? Until love conquers hate?” Nello descrivere ironicamente (ma tardivamente, a dimostrazione che l’album sarebbe dovuto uscire l’anno scorso) il governo Trump, la danzereccia titletrack porta a termine il compito che le è stato dato: quello di uscire come (secondo) singolo. Strumentalmente è un brano che diverte: se di recente ascoltato in radio durante la guida sicuramente vi avrà fatto battere le mani sul volante… Ma niente di più: qui delle strofe comunque piacevoli vengono frenate da ritornelli acustici ed impreziositi nella seconda parte dall’organo, di quelli che restano in testa dopo un ascolto e che se da un lato confermano ancora una volta la volontà dei quattro di uscire con un singolo che ha più la pretesa di essere piacione (come i passati ‘Pretty Fly (For a White Guy)’, ‘Original Prankster’, ‘Hit That’ e ‘Days Go By’), dall’altro un pò di amaro in bocca lo lasciano. Ottima l’avvilente simbiosi tra testo e musica nella successiva ‘Behind Your Walls’, dove chi sembrerebbe raccontare la canzone, afferma al suo (depresso?) interlocutore di non riuscire a “connettersi” con lui (“Tell me, how do I read you when all I see is a stare?”).
Di tutt’altro spirito è ‘Army Of One’, coerente come chi l’ha preceduta tra parole e suoni, in un invito a combattere ogni difficoltà sotto un’unica bandiera: quella appunto dell’esercito di uno. Si procede lesti con il dolore amoroso di ‘Breaking These Bones’, mentre il primo singolo estratto ‘Coming For You’ è forse il pezzo migliore del lotto, tra un ritmo ballerino incalzato fin da subito dalla sezione ritmica ed una continua alternanza tra la voce di Holland e quelle dei cori, tutt’altro che di supporto. L’azzardo western-Rockabilly del terzo singolo estratto ‘We Never Have Sex Anymore’, pur rappresentando musicalmente la copertina dell’album e risultando pregevole nell’inserimento di tromba e pianoforte ad ornarne il giusto spirito, è domato da Holland, che vocalmente parlando, nonostante canti di un rapporto alla deriva (come da titolo), poteva fare di meglio, invece di regalare una prova bastevole e lineare. ‘The Opioid Diaries’ è, assieme alla successiva ‘Hassan Chop’, il pezzo che la vecchia guardia apprezzerà maggiormente: interessanti i ponti posti a metà di entrambi i brani, che come per altri episodi passati (‘Have You Ever’) pur rallentandoli (soprattutto il primo), ne sono perfettamente inseriti. Interessante e, come per altri episodi già analizzati, ben contestualizzato nelle ritmiche Punk del pezzo, il testo di ‘The Opioid Diaries’, riguardante l’epidemia degli oppioidi in America. Prima dell’outro ‘Lullaby’, vale la pena soffermarsi sulla riproposizione di ‘Gone Away’, in cui uno struggente Holland, supportato da pianoforte e strumenti ad arco, regala al brano il giusto spirito di cui il testo racconta.
Arrivati al 2021, per loro come per molte band che ormai storia e capolavori li hanno già scritti, non so cosa si possa ancora pretendere sia dai The Offspring che dal genere che hanno proposto per decenni, se non qualche azzardo, come quelli presenti in ‘Let The Bad Times Roll’, sicuramente un lavoro più danzereccio rispetto al passato. Per il resto, come ho già scritto, la variegata proposta tra brani più Punk, altri più “aperti” (a passaggi in radio) ed altri più audaci ha da sempre contraddistinto la band, e questo disco non fa eccezione. Inoltre, non si dimentichi quello che, per il sottoscritto, ne è il suo vero pregio: trovare, il più delle volte, un perfetto connubio tra testi e musiche. Scomodando il titolo, mentre questi brutti momenti (si spera) passano, voi ballateci su, perchè i The Offspring sono tornati!
Tracklist
01. This Is Not Utopia
02. Let The Bad Times Roll
03. Behind Your Walls
04. Army Of One
05. Breaking These Bones
06. Coming For You
07. We Never Have Sex Anymore
08. In The Hall Of The Mountain King
09. The Opioid Diaries
10. Hassan Chop
11. Gone Away
12. Lullaby
Lineup
Brian “Dexter” Holland: vocals, guitars
Kevin “Noodles” Wasserman: guitars, backing vocals
Todd Morse: bass, backing vocals
Pete Parada: drums