Evanescence – The Bitter Truth
Il 18/04/2021, di Gianfranco Monese.
Gruppo: Evanescence
Titolo Album: The Bitter Truth
Genere: Alternative Metal, Gothic Metal
Durata: 47 min.
Etichetta: Sony Music
Esistono band che, nonostante la capacità di strizzare l’occhio al mainstream e, quindi, di far avvicinare molta gente al genere che noi tutti amiamo, poi si sono un pò perse di vista, forse perchè sommerse da nuove tendenze, forse perchè troppo ancorate a qualcosa di irripetibile. Questa è una colpa che andrebbe imputata a chi, soggiogato da mode e dagli ultimi anni fatti di attese sul divano di fronte al televisore nella speranza di rintracciare i video di brani come ‘Bring Me To Life’ o ‘My Immortal’, ha tanto seguito gli Evanescence del debutto/capolavoro ‘Fallen’ (2003), quanto se ne è presto dimenticato. Un peccato, perchè la talentuosa Amy Lee, nonostante cambi di line up (della formazione storica oggi vi è solo lei) ed una discontinuità in studio (‘The Bitter Truth’ esce a dieci anni di distanza dal precedente album di inediti ‘Evanescence’), ha comunque saputo cavalcare questi diciassette anni che la separano dal colossale debutto con un’offerta sempre riconoscibile, coerente, che sono certo non ha mai deluso chi ha seguito la band nel tempo, ottenendo un posto di tutto rispetto nel panorama Alternative Metal mondiale. Offerta che prosegue spedita con questo nuovo album dove maturazione, compattezza e meste vicissitudini affrontate dalla cantante regnano indisturbate immutandone il trademark del quintetto, nonostante qua e là si possano trovare soluzioni elettroniche capaci di stare al passo con i tempi ed il tutto sia sapientemente “sporcato” dall’abile produzione di Nick Raskulinecz, meritevole negli ultimi anni di aver aiutato i Korn a risollevarsi con ‘The Serenity Of Suffering’ (2016) e ‘The Nothing’ (2019).
Se, da un lato, gli Evanescence si sono fatti attendere, dall’altro la cantante ne ha affrontate di esperienze, al punto che, per raccontarle, viene imposta sin dall’immagine in copertina l’assunzione di una pillola, quasi a testimonianza di come questo sia un viaggio introspettivo, che non solo lei, ma ognuno di noi dovrebbe intraprendere. Ad aprire le danze ci pensa ‘Artifact/The Turn’, intro avvolgente dai richiami Ambient dove l’anima più intima di Lee esce vittoriosa ed apre le porte ad una delle hit dell’album: quella ‘Broken Pieces Shine’ che, proprio grazie al suo ritmo cadenzato e con, nelle strofe, la sezione ritmica di McCord e Hunt (che, ricordiamo, ha suonato anche con Vasco Rossi) sugli scudi, riempie l’atmosfera di incertezze future (“I’m not fine, I don’t know if I will be alright, but I have to try, I know you’re with me, so what if we do fall apart?”). ‘The Game Is Over’, secondo singolo estratto, prosegue lo spirito a cui la band ci ha abituato negli anni, con testo e musiche devoti ad affanno e dolore, alla costante ricerca di verità; ottimo il ponte strumentale con sperimentazioni tra Nine Inch Nails e Korn. ‘Yeah Right’ è, come la figura mitologica di Medusa, ingannevole e beffarda: tanto “positiva” in alcune soluzioni elettroniche ed in strofe quasi Pop quanto rappresentante, a partire dal testo, di una resa incondizionata (“Life’s a game, till you lose”). Personalmente, ‘Feeding The Dark’ è un altro capolavoro di questo disco: si torna infatti con piacere a sonorità tipicamente Gothic Metal, nelle quali a risaltare è un’ottimo lavoro di squadra; ciliegina sulla torta sono gli inserti di pianoforte di Lee, delicati e preziosi. Il primo, soave, singolo estratto ‘Wasted On You’ si presenta fin da subito come cugino di ‘My Immortal’, senza però eguagliarlo in bellezza, mentre con ‘Better Without You’ (quarto singolo estratto) si torna a fare sul serio, in quello che è un inno rabbioso contro qualcuno, o un inno gioioso di pace ritrovata nello star (finalmente) soli. Il terzo singolo estratto ‘Use My Voice’ è tra i più potenti di tutti nel testo, rappresentando quanto accaduto a Chanel Miller (autrice del libro ‘Io Ho Un Nome’), vittima di uno stupro, ed in base a ciò, ma non solo, criticando aspramente l’ex gestione Trump: una rivoluzione tutta al femminile. Un’ottima simbiosi tra parti elettroniche e, nuovamente, la sezione ritmica, governa le strofe ‘Take Cover’, abile nell’ottimizzare breve durata (togliendo l’intro ‘Artifact/The Turn’, è il brano più breve del lotto) e rabbia, come dimostra il ponte che porta al ritornello conclusivo. Il tributo a Robert, fratello di Amy strappato alla vita appena tre anni fa, di ‘Far From Heaven’, ballad toccante, impreziosita da strumenti ad arco, è da pelle d’oca: basti, ad esempio, ascoltare come la sorella concluda la canzone scandendo, in un sussurro, le parole “I feel so far”. Da applausi. Chiudono più che degnamente l’album due canzoni speranzose: la Lacuna Coil-oriented- ‘Part Of Me’ e ‘Blind Belief’ (“We hold the key to redemption, love over all”), testimoni che questa “amara verità” (bitter truth), da ricercare dentro di noi, va comunque affrontata a testa alta, in un viaggio che la band è in grado di rendere struggente e piacevole al tempo stesso.
Gore Vidal disse che è “strana questa cosa dei viaggi, una volta che cominci, è difficile fermarsi. È come essere alcolizzati”, e la vera magia di ‘The Bitter Truth’ è che ogni suo ascolto è un viaggio. Prima di partire, non dimenticatevi di ingoiare l’amara pillola: ne scoprirete ogni volta un effetto diverso.
Tracklist
01. Artifact/The Turn
02. Broken Pieces Shine
03. The Game Is Over
04. Yeah Right
05. Feeding The Dark
06. Wasted On You
07. Better Without You
08. Use My Voice
09. Take Cover
10. Far From Heaven
11. Part Of Me
12. Blind Belief
Lineup
Amy Lee: vocals, piano, keyboards
Troy McLawhorn: guitars
Jen Majura: rhythm guitars, backing vocals
Tim McCord: bass
Will Hunt: drums