Drakkar – Chaos Lord
Il 23/03/2021, di Roberto Sky Latini.
Gruppo: Drakkar
Titolo Album: Chaos Lord
Genere: Heavy Metal
Durata: 50 min.
Etichetta: Punishment 18 Records
Distributore: Goodfellas
Sesto full-lenght per la band italiana che arriva dopo sei anni dal precedente e, come se non fosse passato poi così tanto tempo, la continuità con ‘Run with the Wolf’ (2015) risulta abbastanza chiara. Il salto temporale in realtà non ha soluzione di continuità perché in mezzo ci sono due EP che possono essere considerati come un unico album. Ciò determina una costanza artistica che palesemente fa dei Drakkar una band viva e attiva. Sono passati ventitré anni dall’esordio ma la musica non smette di mostrarsi adolescenziale e spaccona, sebbene qui troviamo un certo livello di raffinatezza in diversi momenti dell’ascolto. In qualche modo questo album si riallaccia a ‘Cold Winter’s Night’, nello specifico al brano ‘Leviathan Rising (Death From The Depths-part 1)’, perché in questo disco c’è la seconda parte: ‘The Battle’: un inno per i cuori metallari.
La graniticità dell’heavy è spesso smussata da passaggi sonori più pensati, come si denota in ‘Lord of a Dying Race’ brano che pare prendere spunto dagli ultimi Iced Earth dove la melodia trasuda epicità, non spinta come quella dei Manowar, ma pur sempre regale. Due sono le power-song rutilanti, la migliore delle quali è l’helloweeniana ‘Horns Up’, dinamicamente estroversa, la cui parte solista, compreso l’incedere del basso, dà un valore aggiunto considerevole; l’altra è ‘Firebird’, un po’ troppo canonica e scontata, ma ficcante dal punto di vista della potenza. La già citata ‘Battle’ è un momento poderoso e serio dove la voce riesce a dare il meglio di sé con grande efficacia. Non male la cavalcata offerta dalla title-track ‘Chaos Lord’ che nel ritornello si fa meno istintiva e più riflessiva. Bello l’incedere dell’incalzante ‘The Pages Of My Life’, dal tenace riff judaspriestiano, accattivante sia quando rallenta sia quando dà sfogo all’assolo.
Due sono gli inni adatti alla dimensione live: uno il già citato ‘Hors Up!’ che pare ecciti gli animi degli stessi compositori (come ci hanno raccontato nell’ultima intervista), e ‘True To The End’, adattissima per essere intonata in coro con il pubblico.
L’insieme delle tracce è impregnato di epicità, talvolta esplicitamente folkeggiante, ma nel complesso a farla da padrone è un compatto heavy metal che apre ad atmosfere più ampie, anche grazie a vocalizzazioni corali, e che si diversifica ad ogni canzone dando ad ognuna una propria identità.
La voce ha i suoi limiti ma, i nostri, cercano di evitare virtuosismi eccessivi prediligendo l’asse forza-energia. In effetti i momenti più introspettivi rendono meno bene delle increspature toniche, in ‘He Will Rise Again’ il concetto è palese: dove l’ugola sembra faticare, i cori, piuttosto intriganti, la salvano. È una voce che funziona nel momento dell’assalto e che quindi contribuisce all’impatto generale.
La band, nei suoi fraseggi appare ambiziosa, nonostante non sia alla ricerca di virtuosismi, predilige melodie più ricercate e un buon tasso di inventiva nelle parti strumentali, assoli compresi, indici di colorata creatività e ricchezza, la cui eleganza non disgrega la compattezza. Si percepisce nettamente lo spirito creativo che dilaga nelle parti strumentali, dove entrano in gioco tanti elementi, dalla chitarra al basso, ai cori, alle tastiere: sembra che ognuno giochi di sponda con l’altro, apparendo tutti personaggi principali tra loro integratissimi, pronti a regalarci, anche negli episodi più canonici, piccole sorprese estetiche.
Il disco appare migliore di quello del 2015, nonostante presenti qualche cedimento nelle linee melodiche, oltre ad alcuni momenti fortemente derivativi: le tastiere che spesso in passato avevano un bel suono vintage, qui fanno meno il verso ai Deep Purple, e una canzone che sembrava uscita dall’album ‘Fireball’ come ‘Run With The Wolf’ dell’album precedente, non c’è. In compenso si sentono gli Iron Maiden più di una volta senza che appaia mai plagio, ma emergono anche i più giovani Elvenking, soprattutto nel cantato delle parti folk.
Il risultato finale è un disco che regala il piacere del metallo verace. Di sicuro è pieno di anfratti gustosi, molto personali, fatti apposta per l’ascoltatore in cerca di particolarità anche quando ascolta heavy metal puro.
Tracklist
01. The Dreaming City (intro)
02. Lord Of The Dying Race
03. Horns Up!
04. Chaos Lord
05. Through The Horsehead Nebula
06. The Battle (Death From The Depths: Pt.II)
07. And He Will Rise Again
08. Firebird
09. The Pages Of My Life
10. True To The End
Lineup
Dario Beretta: guitars
Davide Dell’Orto: vocals
Marco Rusconi: guitars
Simone Pesenti Gritti: bass
Daniele Ferru: drums