Tallah – Matriphagy
Il 22/12/2020, di Gianfranco Monese.
Gruppo: Tallah
Titolo Album: Matriphagy
Genere: Alternative Metal, Hardcore, Nu Metal
Durata: 53 min.
Etichetta: Earache Records
Oggigiorno il mondo musicale ci sta abituando a gran poca originalità, e il ritorno al passato da parte di molte nuove band, ma anche del vinile, è la dimostrazione che gira molta nostalgia tra i fruitori di musica. Nostalgia che, per fortuna, può essere sicuramente appianata con ‘Matriphagy’, album di debutto dei Tallah, band proveniente dalla Pennsylvania che vede alla batteria Max Portnoy, figlio di un certo Mike. La proposta, a partire da ‘No One Should Read This’, titolo del loro primo EP di due anni fa e seguito dell’intro ‘[redacted]’, non può lasciare indifferenti: riunite in sala prove gli Slipknot furiosi di ‘Iowa’, i Korn tra ‘Issues’ e ‘Take A Look In The Mirror’, dopodiché mescolate il tutto aggiungendo un pizzico di Linkin Park. Se avete una minima idea del caos innovativo che ne uscirebbe, la recensione potrebbe terminare qui.
È tuttavia mio dovere procedere e avvisarvi riguardo alla pazzia che l’ intera band riesce a generare, brano dopo brano, in questo lavoro. Non è infatti solamente la voce schizofrenica di Justin Bonitz, da reparto psichiatrico, a dare ai Tallah una chiara identità (nonostante lo spaziare tra più generi), ma un lavoro d’ insieme che, se di primo acchito sembrerebbe non avere né capo né coda, una volta assimilato dopo svariati ascolti, offre una pazzia unica.
All’ interno di ‘Matriphagy’ è tutto caoticamente coeso: voce, chitarre, basso e batteria. Il continuo vagare dando l’ impressione di non avere una meta (quando invece una meta c’ è, ed è ben definita), tra effetti di chitarra, cambi tempo, una voce che apparentemente va dove le pare, il supporto di una batteria di prim’ ordine (d’altronde tale padre…) che pretende di essere al pari con gli altri, non permette di rifiatare tra una ‘Kungan’, una ‘Overconfidence’ o una ‘Placenta’, dove la maestria delle band sovra citate in sala prove è miscelata follemente a dovere. E potrei andare avanti con i titoli, perché più si prosegue più l’ album non mostra cedimenti, tra i richiami industrial di ‘L.E.D.’, la pazzia che supera ogni limite immaginabile e inimmaginabile nella breve ‘Cottonmouth’ e le variegate ‘We, The Sad’ e ‘Red Light’, a detta di chi scrive entrambe portabandiera di quanto offerto da questo quartetto, nonostante non vi sia un brano che prenda il sopravvento su altri (a conferma della coesione di cui scrivevo precedentemente).
Se Korn, Deftones e Slipknot, negli ultimi anni, hanno costantemente consegnato prove in studio degne di portare alla ribalta quello che, venticinque anni fa, era il Nu Metal, i Tallah, a modo loro ma al tempo stesso con qualche idea presa in prestito, lo stanno riscrivendo. Speriamo continuino su questa via. Nel frattempo sono felice di poter scrivere che ‘Matriphagy’ è una dedica a chiunque, negli anni, si sia costantemente dedicato alla ricerca di qualcosa di originale, fresco, nuovo! Grazie Tallah: stavamo per perdere ogni speranza.
Tracklist
01. [redacted]
02. No One Should Read This
03.Kungan
04. Overconfidence
05. Placenta
06 L.E.D.
07. The Silo
09. We, The Sad
10. Too Quick To Grieve
11. Cottonmouth
12. Murder Seed
13. The Borderline Of Pain
14. Red Light
Lineup
Justin Bonitz: vocals
Max Portnoy: drums
Derrick Schneider: guitars
Andrew Cooper: bass