Cult Of Lilith – Mara

Il 04/09/2020, di .

Gruppo: Cult Of Lilith

Titolo Album: Mara

Genere:

Durata: 36 min.

Etichetta: Metal Blade

Distributore: Audioglobe

55

Vi piace il minestrone? A me sì, anche se difficilmente lo gradisco fuori stagione. Fuor di metafora, personalmente ritengo che in musica sia ben definito il confine tra un crossover genuino (per citare gli Urban Dance Squad…) e un pastrocchio poco digeribile, al netto della pregevolezza degli ingredienti che magari lo compongono.
Non è difficile intuire che questa premessa si applichi al disco in oggetto, questo ‘Mara’ degli islandesi Cult Of Lilith che ne costituisce il debutto sulla lunga distanza, dopo l’EP ‘Arkanum’ uscito qualche anno fa. E dire che in genere sono attratto da quei progetti che fanno della sperimentazione la loro cifra stilistica, aggiungendo in più un buon quantitativo di atmosfere orrifiche; ora, se non si può negare ai Cult Of Lilith una verve sperimentale che fa sicuramente onore al loro percorso stilistico, è evidente che certi accostamenti da loro effettuati all’interno di ogni singolo pezzo siano sin troppo arditi, in un contesto che, se da un lato è molto lontano dal fascino delle fredde geometrie “alternative” e avanguardiste degli Unexpect, dall’altro impedisce all’ascoltatore di focalizzarsi su un elemento che andrebbe approfondito per giovare all’economia della band, quella capacità di evocare momenti oscuri e decadenti che viene purtroppo diluita in tecnicismi e tensioni sperimentali portate all’eccesso.
Nello specifico, un’opener come ‘Cosmic Maelstrom’ richiama in rapida successione la teatralità dei Cradle Of Filth, il sound rotondo e scandinavo degli At The Gates insieme a… momenti groovy che ritroviamo tranquillamente nel glorioso ‘The Southern Command Of Violence’ dei nostrani Ciaff: un po’ troppo, francamente. Come se non bastasse, la successiva ‘Purple Tide’ (in onore al titolo?) condisce con l’hammond una serie di richiami ora voivodiani, ora crimsoniani, per sfociare nel folle richiamo operistico inframmezzato dal riffing stoppato di ‘Enter the Mancubus’ (ma siamo matti?). Credete che io stia esagerando? Provate con ‘Atlas’ e con la sua partenza dai lidi “arpeggiosi” cari al Rob Flynn d’epoca ‘The Burning Red’, per poi giocare la carta altisonante alla Dimmu Borgir, senza lesinare i soliti tecnicismi, e poi vediamo cosa mi dite.
Certo, su ‘Mara’ non mancano cose carine, come il folle outro che richiama il tema finale di ‘Comatose’ o l’assalto frontale di ‘Profeta Paloma’ (finalmente genuino e sincero!), ma la migliore dimostrazione – nel bene e nel male – del cosiddetto “necromechanical baroque” propugnato dai Cult Of Lilith è ciò che emerge con forza nei meandri della conclusiva ‘Le Soupir du Fantome’, con tutti gli elementi costitutivi del calderone dei nordici mescolati tra loro in maniera vorticosa, per una ricerca dell’effetto teatrale a tutti i costi che non suonerà nuova alle orecchie dei fan dei primi Covenant (magari!) o dei nostri Fleshgod Apocalypse.
In conclusione, un disco con tanta carne al fuoco (anche pregevole in alcuni frangenti, per carità), ma questo non lo salva da un difetto comunissimo: una volta finito, la voglia di rimetterlo su non c’è, nonostante i tanti spunti presenti. O forse, proprio a causa di essi.

Tracklist

01. Cosmic Maelstrom
02. Purple Tide
03. Enter The Mancubus
04. Atlas
05. Comatose
06. Profeta Paloma
07. Zangano
08. Le Soupir du Fantome

Lineup

Mario Infantes Ávalos: vocals
Daniel Þór Hannesson: guitar, composition and arrangements
Kristján Jóhann Júlíusson: guitar, composition and arrangements
Samúel Örn Böðvarsson: bass
Kjartan Harðarson: drums