Grave Digger – Fields Of Blood

Il 29/05/2020, di .

Gruppo: Grave Digger

Titolo Album: Fields of Blood

Genere: ,

Durata: 56 min.

Etichetta: Napalm Records

Distributore: Audioglobe

68

È sicuramente tempo di festeggiamenti e bilanci in casa Grave Digger. Tante cifre tonde si sono toccate infatti in casa dei becchini teutonici in questo sciagurato (finora) 2020. Quarant’anni di carriera per venti album in studio sono cifre in effetti da record per longevità e prolificità, e siamo sinceramente contenti per Boltendahl e soci per il traguardo raggiunto. Ma, soprattutto dopo il mediocre ‘The Living Dead’, ammettiamo anche il fan della band ha diritto a chiedersi: “Di che qualità sarà questo nuovo materiale?”. L’ultimo decennio per i Digger è infatti stato un po’ all’insegna dell’alto e basso, con alcuni dischi più riusciti e coinvolgenti ad alternarsi ad altri un po’ più privi di mordente, quindi una certa diffidenza è comprensibile. E la presenza di guerrieri scozzesi in copertina, che richiamano ovviamente i fasti di ‘Tunes Of War’, forse più spaventa che rassicurare; perché legarsi a distanza di anni a un disco cardine di una carriera è potenzialmente sempre rischioso. Quindi? Ritorno al passato? Qualcosa di diverso?

Parliamoci chiaro, i termini “ritorno al passato” o “evoluzione” con i Grave Digger hanno poco senso. La struttura e la musica degli ultimi dieci (ma anche di più) ultimi album segue sempre le stesse coordinate, e non ci aspettiamo che la cosa muti adesso. Infatti, su ‘Fields Of Blood’ ci sono le stesse melodie, gli stessi riffoni, gli stessi cori epici, gli stessi ritmi anthemici che ci sono sui vari dischi da ‘The Last Supper’ in poi. Il punto è che – rispetto a ‘The Living Dead’ o ‘Healed By Metal’ – c’è un po’ di scintilla in più. Un qualcosa nella camera di scoppio che fa rombare il motore invece che sgasare. Non c’è un pezzo fuori luogo come ‘Zombie Dance’, tanto per iniziare. I brani che richiederanno la partecipazione del pubblico in effetti hanno la capacità di trascinarci almeno sul ritornello, e cantare ‘Lions Of The Sea’ non sarà affatto difficile, giacché si entra facilmente nel mood giusto già dagli epici cori iniziali. Bene o male, le cose sembrano funzionare… il chitarrismo di Ritt è essenziale ma ricorda gli accordi dell’ex-axeman Manni Schmidt, la voce di Boltendahl meno strozzata del solito, e i cori sono… beh, potenti.  ‘All For The Kingdom’ trascina, ed è quindi una buona opener, la ballad – con ospite la brava Noora dei Battle Beast – ha un suo sapore dolciastro ma non troppo che ci piace, e anche se le cornamuse iniziali sanno un po’ troppo di nostalgia,tutto sommato è giusto che stiano li. Insomma, diciamo che formalmente il disco è buono… e forse anche qualcosa di più.

Certo, ‘Tunes Of War’, ‘Excalibur’ o ‘Knight Of The Cross’ sono già stati scritti. Puoi intitolare un nuovo disco in maniera simile, puoi mettere in copertina tutti i William Wallace che vuoi, ma alla fine quei dischi sono stati scritti sul finire dei ’90. Però, siccome Boltendahl l’ha capito e è riuscito a creare qualcosa di comunque buono e divertente con il materiale che ha in mano adesso, concentrandosi sul rendere i pezzi funzionali e di impatto, forse possiamo anche noi accettare questo fatto e goderci un onesto disco di buon power metal, fatto si con mestiere, ma anche con una passione che ha portato la band a durare per quattro decadi.

Tracklist

01. The Clansman’s Journey
02. All For The Kingdom
03. Lions of The Sea
04. Freedom
05. The Heart Of Scotland
06. Thousand Tears
07. Union Of The Crown
08. My Final Fight
09. Gathering Of The Clans
10. Barbarian
11. Fields Of Blood
12. Requiem For The Fallen

Lineup

Chris Boltendahl: vocals
Jens Becker: bass
Axel “Ironfinger” Ritt: guitars
Marcus Kniep: drums