Cruentus – Fake

Il 19/12/2019, di .

Gruppo: Cruentus

Titolo Album: Fake

Genere: ,

Durata: 37:00 min.

Etichetta: Triple A Events Records

80

I Cruentus hanno probabilmente rappresentato, tra i monicker legati all’underground estremo, la frangia maggiormente ammantata di mistero. Mai intercettati dal vivo dal sottoscritto negli anni che furono (a differenza dei Natron, per citare un’altra realtà della Terra di Bari…), il ricordo del loro debutto ‘In Myself’ si perde per davvero nella notte dei tempi; e non perché siano passati ventitré ragguardevoli anni, ma perché parliamo di uno di quei dischi che rappresentavano per chi li suonava un reale punto di arrivo in uno scenario molto diverso da quello attuale, a partire dalla visibilità delle band fino a giungere alla reperibilità stessa del loro materiale.
Che poi – va detto – due decenni dopo abbiamo sicuramente raggiunto status ottimali di reperibilità del materiale, ma non è detto che l’esposizione immediata di un gruppo ne favorisca realmente la “visibilità” e soprattutto contribuisca ad ammantarne di leggenda l’operato, come invece fu per realtà come Glacial Fear, Electrocution, Gory Blister, nonché per i già citati Natron, per i mai troppo lodati Necromion (autori dell’incredibile demotape ‘Compendium Maleficarum’, cercatelo perché ne vale davvero la pena) e ovviamente per i Cruentus. Tutte band di cui si era soliti ascoltare fugaci anteprime nei programmi radio specializzati dell’epoca, come Planet Rock su Stereorai, ma anche Pure Rock sull’emittente pugliese Ciccio Riccio, o leggere articoli e interviste a opera di qualche giornalista particolarmente appassionato di underground nostrano.
Che poi, va detto a scanso di equivoci, quello scenario (attenzione a usare la parola “scena”, si aprirebbe un dibattito infinito…) non aveva nulla da invidiare agli speculari e coevi movimenti provenienti dal Nord Europa o da Oltreoceano, se non per i mezzi e gli spazi a disposizione. L’inventiva, quella sì, non ci mancava: l’idea era quella di partire con i piedi ben saldi nella decade del thrash e condirne le sonorità sia con le estremità del death che con la lezione avanguardistica impartita dai Voivod. Sembra proprio di descrivere il mitico ‘In Myself”, ma le coordinate ben si adattano anche a questo ‘Fake’, insieme il disco del trentennale e del ritorno, che rappresenta sostanzialmente il follow-up del clamoroso debut.
Dove ci porta il viaggio dell’astronave Cruentus, stavolta? Nelle dodici tracce presenti troviamo plettrate nervose, vocals al catrame e tanta alienazione, con sfuriate di batteria che lasciano spazio a inattesi momenti riflessivi: da questo punto di vista, il combo barese non ha perso un grammo di quella tensione sperimentale che lo aveva reso accostabile ai già citati maestri canadesi, ma anche all’avanguardia mitteleuropea, Coroner su tutti. Se l’opener ‘Circles’ dispiega il tipico piglio “in your face” che si adatta e no alle sonorità care al gruppo, ha se non altro il vantaggio di presentarci il nuovo assetto chitarristico del redivivo quintetto, con il fondatore Antonello Maggi affiancato da Domenico Mele – che ha all’attivo la militanza nei Natron e più recentemente nei retro rockers The Ossuary. Ci pensa ‘Everspace’ a recare in dono quegli irresistibili rallentamenti che verranno ancor meglio sistematizzati sull’apocalittica e groovy ‘Never Forget’, con i suoi arpeggi post/thrash e la coda “classica” – una passione, quella per gli arpeggi, che emerge con evidenza negli intermezzi di cui è disseminato il disco. Poi, i Cruentus non rinunciano alle trame “cervellotiche” di ‘Spoil the Flesh’, alle (apparenti?) aperture di ‘Funambulism’ guidate dal chorus declamato da Nicola Bavaro e alla carica schizzata di ‘Shadows’, ma le chicche non finiscono qui: ascolti ‘Blindness Means Watching’ e pensi che se i Metallica fossero rimasti nell’underground avrebbero seguito probabilmente questo filone evolutivo, finché ‘The Strain’, uno dei pezzi più lunghi, ti catapulta direttamente negli anni d’oro, affine com’è ai Glacial Fear di ‘Frames’. Per ultima, l’indescrivibile sensazione di ‘See You On The Top’, la coda definitiva, in cui la ricerca al limite del jazz dei fiati incontra le suggestioni saracene, il tutto suggellato dal campanile di una chiesa romanica in lontananza, bianca e accesa come il sole che riflette nelle ore più calde. Troppo nostalgico? Sarà quest’aria invernale…

Tracklist

01. Circles
02. Everspace
03. Spoil The Flesh
04. Never Forget
05. Passin’ Over
06. Funambulism
07. Shadows
08. Blindness Means Watching
09. Step By Step
10. Timeless
11. The Strain
12. See You On The Top

Lineup

Nicola Bavaro: vocals

Antonello Maggi: guitars

Domenico Mele: guitars

Adriano Boghetich: bass

Valerio Di Masi: drums