Crobot – Motherbrain
Il 20/09/2019, di Francesco Faniello.
Gruppo: Crobot
Titolo Album: Motherbrain
Genere: Hard Rock, Stoner Rock/Metal
Durata: 42 min.
Etichetta: Mascot Records
Distributore: Edel
La strada del retro rock è lastricata da debut album di grido, di volta in volta pompati al massimo dalle etichette di riferimento, costruiti come sono attorno a una manciata di riff e hook di sicuro effetto. L’altra faccia della medaglia è che a molti dei debut di cui sopra si accompagnano follow-up poco credibili, con la band di turno che non riesce a bissare il successo improvvisamente raggiunto, complice l’effetto sorpresa ormai svanito, come in una antica fiaba. Un esempio per tutti? Gli americani Scorpion Child e il passaggio dal roboante debut omonimo all’inferiore ‘Acid Roulette’, viatico per la caduta nel dimenticatoio di Aryn Jonathan Black e soci. Ma non divaghiamo oltre il dovuto, visto che – fino a prova contraria – qui si parla dei Crobot, che il giro di boa del secondo disco lo hanno già compiuto, giungendo con questo ‘Motherbrain’ al loro terzo capitolo sulla lunga distanza.
Ecco, mai come ora mi sento di tirare in ballo l’abusata espressione “nulla di nuovo sotto il sole” per descrivere l’ennesima fatica dell’ormai terzetto della Pennsylvania (con l’uscita dei fratelli Figueroa, la band ha accolto in formazione il solo Dan Ryan alla batteria, lasciando aperto il ruolo di bassista a una serie di turnisti): dopo l’hype generata da ‘Something Supernatural’ e l’uscita sottotono di ‘Welcome to Fat City’, questo nuovo lavoro scorre indubbiamente con facilità, lasciando però poco di sostanzioso dietro di sé. Va detto come i Crobot non sono mai stati un progetto alla ricerca di ritornelli catchy, preferendo piuttosto ingrassare il proprio sound a forza di pompare le valvole dei propri amplificatori: ecco, l’effetto raggiunto è quello della pura potenza senza anima, con l’opener ‘Burn’ che si presenta come divertissement zeppeliniano con echi di Guns N’ Roses, ma ha anche quel flavour Audioslave che contemporaneamente non l’avrebbe fatta sfigurare nella kermesse ‘Load’ / ‘Reload’.
Attenzione, perché le coordinate succitate si ripeteranno a intervalli regolari nelle undici tracce presenti; tutto molto a effetto ma, per omaggiare il dio del groove con la propria formula, Brandon Yeagley e soci dimenticano di osare come avrebbero magari fatto i Fu Manchu di turno: che fantastico risultato avrebbe raggiunto una ‘Keep Me Down’ sporcata con tonnellate di pick up al manico, ma capisco che avrebbe scosso sin troppo i rassicuranti lidi a cui i Nostri sono avvezzi… piuttosto, ‘Motherbrain’ ci regala episodi soundgardeniani fino al midollo come ‘Low Life’, finendo per esaurire le sue cartucce già con ‘Alpha Dawg’, mentre ‘Stoning the Devil’ smuove qualcosa ma lo fa con la leziosità del mestierante, risultando nulla più che una possibile outtake di ‘Superunknown’ o piuttosto richiamando un qualche progetto impossibile nato tra la band di Cornell e quella di Staley venticinque anni orsono.
Alla fine, magari i Crobot hanno sbagliato dimensione spazio/temporale, non tanto perché in un’altra epoca sarebbero risultati dei precursori, ma perché l’incedere rassicurante di ‘After Life’ è davvero quello di altre tremila band “stoneggianti” che conoscete e suonano sotto casa vostra da trent’anni a questa parte, tanto che qualche anno di vantaggio li avrebbe resi un filo più credibili. È forse ‘The Hive’ la risposta ai miei interrogativi, con il suo break dalle aspirazioni “di atmosfera” ma senza disporre dello stesso guizzo che fu di Page e Plant o magari dei campioni maledetti del grunge. Insomma, rispolverate i classici, che è meglio…
Tracklist
01. Burn
02. Keep Me down
03. Drown
04. Low Life
05. Alpha Dawg
06. Stoning The Devil
07. Gasoline
08. Destroyer
09. Blackout
10. After Life
11. The Hive
Lineup
Brandon Yeagley: lead vocals, harmonica
Chris Bishop: guitar, vocals
Dan Ryan: drums