Rotting Christ – The Heretics
Il 15/02/2019, di Maria Teresa Balzano.
Gruppo: Rotting Christ
Titolo Album: The Heretics
Genere: Dark, Symphonic Black Metal
Durata: 43 min.
Etichetta: Season of Mist
Distributore: Audioglobe
I Rotting Christ non necessitano presentazioni: con più di 30 anni di attività alle spalle, dodici album studio e centinaia di concerti a ogni latitudine (sono tra i pochi gruppi black ad aver suonato in India e nei paesi islamici mediorientali) il quartetto ateniese continua a sfornare dischi con la benedizione della francese Season Of Mist.
‘The Heretics’ è un album che continuerà a dividere i fans, lo amerete se avete accolto con piacere la virata verso sonorità meno “trve” e più atmosferiche intrapresa con i precedenti tre lavori, lo snobberete se rimpiangete i tempi di ‘Non Serviam’ e ‘Theogonia’. Ma tutto ciò che non si evolve tende a morire e una sterile ripetizione di stile e forma accontenterebbe i nostalgici atrofizzando irrimediabilmente la creatività scalciante di un musicista eclettico. Limitarsi a un ascolto, e di conseguenza, a un giudizio affrettato e superficiale non vi permetterà di godere delle sfumature e cogliere la chiave di lettura per capire la vera essenza di questo lavoro.
‘The Heretics’ è un disco solenne, fiero, lapidario. Diverso. Ha un lessico ripetitivo ed è musicalmente autoreferenziale ma è terribilmente cinematografico, pur mancando i climax adrenalinici dei grandi classici black, le atmosfere sono intense, affascinanti ed espressive, complice l’altissima qualità della produzione in cui, ancora una volta, c’è lo zampino rinfrescante e pignolo di mastro Jens Bogren, che ha sistemato ogni dannato suono al posto giusto e con la giusta intensità. Dieci tracce dalla personalità distinta, scritte con l’intento di offrire un viaggio alla scoperta di alcuni dei più grandi liberi pensatori occidentali del passato, gli Eretici, e instillare la consapevolezza di una crescente e implacabile repressione della libertà d’espressione in molti parti del mondo.
Il sound dei Rotting Christ è fedele alla linea, manca di crudeltà e dei curiosi strumenti etnici a cui ci eravamo abituati, ma i riff saturi di wah, monumentali e lugubri, svettano su tappeti di cori monastici pomposi e densi, progressioni melodiche accompagnate da inserti di pura oratoria baritona si accompagnano ad una ritmica marziale, pulita e vigorosa che senza dubbio avrà una fortissima resa in sede live.
Non si contano le citazioni letterarie: la opener ‘In The Name Of God’ omaggia gli scritti di Dostoevskij, Nietzsche e Twain; in ‘Vetry Zlye’, il brano più vicino alle sonorità pre-‘Aealo’, in cui l’unione pagana con la voce della soprano russa Irina Zybina (Grai) è uno dei punti più alti del disco, incontriamo le parole del naturalista scozzese John Muir; con ‘Heaven And Hell And Fire’ arriva “l’eterna guerra tra il bene e il male che finisce sempre nel fuoco” di John Milton e il suo Satana, osservatore immortale, ci ricorda che “la mente è un universo e può fare di un paradiso un inferno, e di un inferno il paradiso”; la litania cadenzata e nervosa di ‘Hallowed Be Thy Name’ cita Shakespeare narrando del fuoco di Prometeo; ‘Dies Irae’ è un perfetto intreccio di blast beat e cori ieratici degni di un’abbazia di monaci cistercensi, il brano che tutti noi, hearts of steel, avremmo voluto ascoltare sfogliando le ultime pagine de ‘In Nome della Rosa’; ‘I Believe’, in greco, è direttamente ispirata a ‘L’Ultima Tentazione di Cristo’ dello scrittore cretese Nikos Kazantzakis; in ‘Fire, God and Fear’ Voltaire ci mette in guardia da “coloro che sono in grado di farci credere a delle assurdità, sono coloro che possono farci commettere atrocità”; ‘Voices Of The Universe’, che ospita la voce di Ashmedi (Melechesh), esamina lo Zoroastrismo in tre diverse lingue (latino, arabo e inglese); ‘The New Messiah’ fa perno sull’insicurezza dell’umanità all’alba di un nuovo Medioevo mosso dalle fobie e dallo squallore morale di quest’era; ‘The Raven’ è un chiaro e inquietante tributo a Edgar Allan Poe.
Pagani, atei, miscredenti: gli eretici sono liberi. E libero più di tutti è proprio Sakis che, divincolandosi da ogni catena i cui anelli sono aspettative disattese, classificazioni di stile, necessità di sperimentare, di superarsi, di impressionare, scrive un disco per il puro piacere di farlo. Con ‘The Heretics’ gioca una carta pesante, un rischio calcolato necessario a soddisfare la sua personale libertà di espressione (Non Serviam-way of life) con la consapevolezza di non aggiungere nulla di strabiliante dal punto di vista musicale.
“My own mind is my own church”, Thomas Paine.
Tracklist
01. In The Name Of God
02. Vetry Zlye (ВЕТРЫ ЗЛЫЕ)
03. Heaven & Hell & Fire
04. Hallowed Be Thy name
05. Dies Irae
06. I Believe (ΠΙΣΤΕΥΩ)
07. Fire God And Fear
08. The Voice Of The Universe
09. The New Messiah
10. The Raven
Lineup
Sakis Tolis: vocals, guitar
Themis Tolis: drums
Vageliss Karzis: bass
George Emmanuel: guitar
Guest Musicians:
Irina Zybina (Grai): Vocals on ‘Vetry Zlye’
Dayal Patterson: Intoning on ‘Fire God and Fear’
Ashmedi (Melechesh): Vocals on ‘The Voice of the Universe’
Stratis Steele: Intoning on ‘The Raven’