The Sword – Used Future
Il 21/03/2018, di Francesco Faniello.
Allora, ammettiamo che ci piaccia tanto il concetto di retro rock. Anzi, che ci piaccia il classic rock d’annata, senza pensare per un attimo alle schiere di epigoni che ne rivivono le gesta anno dopo anno, disco dopo disco. Quali gruppi associamo a un simile concetto? Quali gruppi sono stati in grado di esercitare un’influenza duratura nei decenni a venire, tanto da rivivere in ciascuno dei solchi dei dischi a opera delle band nate in loro omaggio? Bene, se escludiamo i patiti dell’hammond, il campo si restringe e la soluzione è duplice: Led Zeppelin o Black Sabbath. Già. Talmente semplice che in qualche modo ispirarsi ai primi rappresenta da sempre un sinonimo di ricercatezza sonora e apertura mentale, mentre gli accoliti dei secondi sono considerati i seguaci della frangia più oscura, di quella fiamma primordiale che ha acceso e ravviva costantemente il concetto stesso di hard’n’heavy. Due facce della stessa medaglia, eppure ben distinte nell’immaginario collettivo. Ecco, ho pensato per un po’ di tempo a cosa associare il nuovo album degli americani The Sword, e sono giunto alla conclusione che la band ha con esso compiuto in maniera definitiva il passaggio dai Sabbath agli Zeppelin, dalle asperità oscure degli esordi alle ambiziose partiture siderali della loro attuale condizione. Un vero e proprio viaggio da una concezione all’altra, così vicine nello spazio tempo ma così distanti come intenti e risoluzioni da risultare simili a due universi paralleli, un concetto sicuramente caro alla poetica del quartetto autore di “Used Future”.
Il nuovo disco a firma The Sword rappresenta in effetti il consolidamento di quel nuovo corso già avviato con “High Country” e che ha consegnato agli archivi dello spazio/tempo gli esaltanti inizi di “Age Of Winters”, un lavoro che molti ricorderanno come una delle gemme dello stoner/doom a stelle e strisce, sabbathiano ma anche legato a doppia mandata ai connazionali Saint Vitus, per non parlare delle influenze “desertiche” che prima o poi affiorano, da quella parte dell’Atlantico. Con questo nuovo capitolo, John Cronise e soci tentano la carta dell’album ambizioso al limite del concettuale, ottenendo però risultati alterni, almeno a mio parere.
La band è in grado di dare il meglio di sé con bordate del calibro di “Twilight Sunrise”, dotata di quel piglio stoner/sabbathiano che tutti si attendono, nonché nella scheggia “Book of Thoth”, con una carica cara ai migliori Witchcraft; allo stesso modo, risulta convincente persino nelle nuove vesti, quando abbraccia convintamente gli hook ruffiani di certa scuola scandinava e sforna una title track maledettamente figa. Il quartetto di Austin appare però tronfio e leggermente autoreferenziale in occasione delle sin troppe partiture strumentali qui incluse, a partire dalle psichedeliche “The Wild Sky” e “Brown Mountain”, passando per “Nocturne”, che sembra venuta fuori da un qualche disco di black metal atmosferico, per non parlare degli inserti in apertura e chiusura che ricordano addirittura gli Air (sì, avete letto bene. Ricordate “Cherry Blossom Girl”?), secondo un percorso che troviamo battuto anche su “Come And Gone”, sorta di anello di collegamento tra la scuola Page/Plant e i suoi epigoni più insospettabili; un episodio comunque degno di maggiore attenzione del singolo tutt’altro che memorabile “Deadly Nightshade”.
Intendiamoci, “Used Future” ci regala una serie di momenti interessanti, con “Sea of Green” che non può non rievocare i mai troppo apprezzati Wolfmother, veri apripista di un certo retro rock prima ancora che il termine venisse coniato e concorresse a sistematizzare un filone che ora sembra inesauribile; l’impressione però è quella di trovarmi dinanzi a un disco dilatato in maniera artificiosa, laddove una maggiore capacità di sintesi avrebbe garantito alla band un risultato migliore e meglio focalizzato. Poi, la scelta sta a voi: potete semplicemente bollarmi come un inguaribile sabbathiano e adorare il nuovo monolite a firma The Sword; non sarò certo io a fermarvi…
Tracklist
01. Prelude
02. Deadly Nightshade
03. Twilight Sunrise
04. The Wild Sky
05. Intermezzo
06. Sea of Green
07. Nocturne
08. Don’t Get Too Comfortable
09. Used Future
10. Come and Gone
11. Book of Thoth
12. Brown Mountain
13. Reprise
Lineup
John D. Cronise: vocals, guitar
Kyle Shutt: guitar
Brian Richie: bass, synthesizers
Santiago “Jimmy” Vela III: drums