Priest – New Flesh
Il 19/11/2017, di Marco Giono.
È possibile di certo tracciarne la discendenza musicale più o meno diretta. Ripercorrendo a ritroso linee temporali che ci conducono alla new/dark wave, risalendo quindi verso i Depeche Mode, per toccare i The Chemical Brothers. Quella dei Priest è musica elettronica con radici nel passato, anche non troppo remoto, ma espressa in un’estetica contemporanea. I suoni sono cupi, un che di malvagio e di misterioso scintilla nelle note di ‘New Flesh’. Mistero che avvolge l’identità stessa dei Priest. Sappiamo solo che Alpha, ex chitarrista dei Ghost, ha prodotto l’album. Airghoul, ex tastierista dei Ghost, è ospite in un brano. Tuttavia le identità dei tre membri del gruppo svedese sono secretate da maschere sceniche e dalla volontà di anonimato. Quali siano le ragioni per questa messa in scena ci interessano davvero poco. Quello che ci riguarda da vicino in realtà si materializza nelle note di ‘The Pit’ che assieme a ‘Private Eye’ e ‘The Cross’ rimandano agli inglesi Yazoo e ai Depeche Mode. I Priest tuttavia ci mettono del loro, definendosi in un’oscura danza caleidoscopica di colori, di umori pericolosamente in bilico tra il chaos e lo scherzo. Tra il puro intrattenimento e qualcosa di più profondo, ma si tratta di far filtrare l’invisibile, di dare corpo all’inconscio, prima che diventi forma e quindi illeggibile. Scorrono seducenti le note ritmate ed ineluttabili di ‘History In Black’ per poi confluire istantnei in una melodia ipnotica. Facile perdersi in ‘The Populist’, nelle sue spirali robotiche che inneggiano ad un futuro onnipresente anche se rappresentato come lontanissimo.
I Priest tornano nel passato con ‘New Flash’ per restituirci un’elettronica che ha il sapore del vintage, ma in un’edizione del tutto contemporanea e personale. Musica sintetica sempre centrata e maledettamente trascinante.
Tracklist
01. The Pit
02. Vaudeville
03. History In Black
04. Populist
05. The Cross
06. Private Eye
07. Nightmare Hotel
8. Virus
9. Call My Name
10.Reloader