Marduk + More @The Factory, San Martino Buonalbergo(VR), 22 febbraio 2025
Il 26/02/2025, di La Baki.

Il fronte era pronto, le truppe schierate, il sangue già pulsava nelle vene di chi sapeva di essere testimone di un evento potente. Il ‘The Factory’ di San Martino Buon Albergo si è trasformato in un campo di battaglia, e ancora una volta dobbiamo inchinarci davanti a Hero Booking, che continua a regalarci serate di culto assoluto, portando sui nostri palchi nomi che alimentano il fuoco sacro del metal più estremo. E quando il vessillo del black metal sventola alto, il richiamo della guerra è inevitabile: questa volta, a condurre la marcia della devastazione sono stati i Marduk, preceduti da tre battaglioni che hanno incendiato l’arena prima della resa totale.
Ad aprire il fuoco ci hanno pensato gli spagnoli Litost, da Valencia. Formatisi nel 2015, i loro attacchi sono una perfetta fusione tra death e black metal, un susseguirsi di melodie intrecciate a passaggi brutali che scuotono i presenti come un’esplosione. Energici, compatti, letali. La loro esibizione si è chiusa in un tripudio di follia quando uno dei chitarristi è sceso tra il pubblico, coinvolgendolo in un headbang tribale che ha trasformato il locale in un vero girone infernale.
Quando gli Irae salgono sul palco, il sipario dell’oscurità si spalanca del tutto. Il corpse paint fa la sua comparsa, come un’armatura di guerra, e il pubblico capisce che il livello della battaglia sta salendo. I loro pezzi sono taglienti, glaciali, figli diretti della scuola scandinava, ma non rinunciano a momenti di melodia che aprono squarci di disperazione nella coltre di tenebra che avvolge il locale. Un set degno di nota che ha messo alla prova il pubblico, preparandolo alla furia che ancora doveva scatenarsi.
Dal Portogallo all’Olanda, dai richiami melodici alla furia incontrollata: con i Doodswens non c’è più spazio per nulla che non sia black metal nella sua forma più pura. E l’inizio del loro set è un segnale chiaro: un rito del fuoco in cui la batterista/cantante prende letteralmente fuoco ai capelli, senza battere ciglio, senza distrarsi dalla sua missione. Una volta seduta dietro il kit, scatena un bombardamento disperato senza tregua. I suoni si fanno sempre più violenti, ma non mancano momenti di sperimentazione e un’atmosfera ritualistica che sporca di sangue – letteralmente – la loro scaletta. È pura estasi nera, è la distruzione totale.
Ma, le luci calano ancora. L’aria diventa più pesante. È il momento della battaglia definitiva.
Le leggende del black metal svedese salgono sul palco e da quel momento in poi non ci sono prigionieri, non c’è più spazio per la tregua. È una dichiarazione di guerra aperta: Mortuus è in stato di grazia, gioca con l’asta del microfono come fosse un’arma, marchiando la sua supremazia sul pubblico adorante. L’impatto è devastante sin dalle prime note di ‘The Levelling Dust’, seguita da un’escalation brutale con ‘Warschau’, ‘Shovel Beats Sceptre’ e ‘Steel Inferno’.
La folla è un esercito inferocito che marcia compatto, spinto da ‘Marching Bones’ e ‘Blood of the Funeral’, quest’ultima introdotta da un’interazione che incendia definitivamente la platea. Il set prosegue come un’operazione bellica senza interruzioni, alternando pallottole come ‘Cold Mouth Prayer’, ‘The Hangman of Prague’ e ‘Throne of Rats’, fino a sparare ‘Womb of Perishableness’ e ‘Blutrache’.
Ma quando ormai il palco è ridotto a un campo di macerie e devastazione, arriva il colpo di grazia: un ultimo atto di riverenza verso questi mostri sacri del black metal, un commiato carico di rispetto e distruzione.
I Marduk non suonano, i Marduk annientano.
E per questo, ancora una volta, grazie Hero Booking.
Galleria fotografica a cura di Federico Benussi