Anthrax, Kreator, Testament @ Alcatraz, Milano, 6 dicembre 2024
Il 15/12/2024, di Alex Ventriglia.
Per chi comincia ad avere parecchie primavere sul “groppone”, credo che il ritorno in Italia di Anthrax e Kreator – affiancati dai Testament in qualità di terza forza, ma affatto dei comprimari, anzi tutt’altro! – abbia ricordato e non poco quegli eventi che nei Nineties distinguevano la stagione dei live, come fu primariamente il Clash Of The Titans, leggendario thrash metal festival itinerante che in Europa portò in giro Slayer e Megadeth, Testament e Suicidal Tendencies. E che in Italia fece esplodere sia Firenze che Milano, inaugurando tutta quella serie di concerti che, finalmente, fece grande anche lo Stivale tricolore, Paese che verrà appunto preso di mira dalle formazioni più in voga e di successo. Oppure, ancor prima, e sempre all’insegna del thrash statunitense, una kermesse come quella che, nel maggio ’90, riunì per un’incredibile data a Cernusco sul Naviglio Death Angel e Forbidden, accompagnati dai Vicious Rumors del compianto Carl Albert, adorabile come persona e strepitoso in qualità di frontman, uno che davvero cantava con il cuore. E il cuore, nonostante le rigide temperature di questo dicembre appena avviato, lo ha appunto scaldato il colpo d’occhio che ha presentato l’Alcatraz gremito in ogni ordine di posto, per celebrare gruppi che in Italia han sempre fatto bene, specie Anthrax e Testament che queste latitudini le conoscono da tempi remoti ormai, ma carichi di gloria eterna, se è vero che i due gruppi statunitensi già si spartirono una di quelle tournée che da noi fecero epoca: da una parte tuonava l’impeto di ‘Among The Living’, dall’altra era tutta l’esuberanza californiana a furoreggiare su ‘The Legacy’, storico debut-album in cui si fondevano mistica e belligeranza del thrash metal made in Bay Area.
Thrash metal che all’Alcatraz non ha mai smesso, fieramente, di ruggire esploso da un gruppo che conosciamo benissimo, il quale, imperterrito, sostenuto dai favori del pronostico, ha menato fendenti dall’inizio alla fine con una scaletta direi ottimale, spalmata su un’ora esatta di concerto. Se l’accoppiata iniziale ‘D.N.R. (Do Not Resuscitate)’ più ‘3 Days In Darkness’ ha immediatamente acceso gli animi, perché a un album come ‘The Gathering’ non si può non tributare il giusto, sanguinoso pegno (e pazienza se al posto di Dave Lombardo agisce tal Chris Dovas, statunitense, già attivo nei Seven Spires e, per quel che mi ricordo, settimo batterista che vedo in azione dietro il drum-kit dei Testament!), il break incentrato sull’ultimo ‘Titans Of Creation’, alla mercé in particolare di una splendida ‘WWIII’, le resistenze son state definitivamente scardinate non appena è partito l’arcano arpeggio di ‘Return To Serenity’ il quale ci ha accarezzato “soavemente”, prima di consegnarci a ‘First Strike Is Deadly’, ovverossia ai Testament primordiali. Chuck Billy, Eric Peterson e specialmente Alex Skolnick (chitarrista che ha suonato divinamente, va detto, anche se i suoi standard elevatissimi ormai li conosciamo), il terzetto memoria storica della band, un organico che tra l’altro al basso può vantare un musicista della stazza tecnica di Steve DiGiorgio, uno che gli ha rattoppato alla grande l’apparato ritmico, indipendentemente dal batterista, un ruolo questo che – si sa – ha sempre procurato grattacapi rognosi al gruppo di Oakland. A Milano la folla ha risposto entusiasta, vogliosa di replicare colpo su colpo, tra pogo selvaggio e timidi crowdsurfing, cantando a squarciagola anthem che han fatto storia autentica, del thrash metal mondiale: ‘Low’, ‘Electric Crow’ e specialmente la conclusiva ‘Into The Pit’ han marchiato bene a fuoco il concetto di cui dicevamo sopra. Certo, mettere i Testament come opener di un cartellone del genere, di “rischi” ne fa correre parecchi, ma è pur vero che la concorrenza viene così stimolata a rispondere, messa in condizione di fare anche di meglio, se è vero che sia Kreator che Anthrax hanno decisamente accettato la sfida, per questo evento che, giusto per ribadirne l’importanza, ha registrato il tutto esaurito, credo il quinto o sesto “sold-out” in tutta la tranche europea del tour.
I Kreator, da quando son diventati più popolari oltreoceano, hanno un pò “sgrezzato” il loro thrash old style, rendendolo più fruibile forse, ma anche maggiormente potente, moderno e deliberatamente violento, con grande soddisfazione del “calabrese” Mille Petrozza e di Ventor, gli unici due membri originali rimasti dai polverosi esordi in quel di Essen, città centrale della Ruhr. Coppia affiancata da Frédéric Leclercq al basso e in particolar modo dal chitarrista Sami Yli-Sirniö, che pure all’Alcatraz si è rivelato valore imprescindibile per una band che, oggi come oggi, il caos ama controllarlo a proprio piacimento, prima di scagliartelo addosso, senza pietà alcuna. Su uno stage affollato di mostri urlanti e di forche ovviamente occupate, sotto il ghigno malevolo del gigantesco demone simbolo della band, il four-piece ha letteralmente assaltato l’audience che, probabilmente, non si aspettava dei Kreator così tanto in forma, perfino chi scrive è rimasto quasi “spiazzato” dalla qualità e dalla lucida follia con le quali Petrozza & Co. han condotto le danze senza mai fermarsi. Presentando sul palco dell’Alcatraz una versione direi completa e appropriata di quello che sono gli attuali Kreator, che hanno sì un occhio di riguardo verso le recenti produzioni – ‘Phantom Antichrist’, ‘Gods Of Violence’ e ‘Hate Über Alles’, la “nouvelle-vague” che ha rinsaldato sin dalle fondamenta la carriera dei thrasher teutonici – ma che quando pompano adrenalina sputando fuori classici quali ‘Phobia’ e ‘Coma Of Souls’, ‘Betrayer’ e ‘Terrible Certainty’, c’è poco da aggiungere su quanti e quali gradi di parossismo tocchiamo! La scuola di un tempo, seppur verniciata con una mano di nuovo, fa sempre i “danni” peggiori, e le conclusive ‘Violent Revolution’ e ‘Pleasure To Kill’ lo hanno ribadito abbondantemente… Dal mio onesto punto di vista, trovo che quello dell’Alcatraz sia stato uno dei migliori concerti che i Kreator abbiano mai suonato in Italia, tanto per dirla tutta e avendo buona memoria delle loro fasi storiche passate.
Al punto tale da sfiorare quasi la “vittoria”, se non fosse stato per i newyorkesi che, rinfrancati da un giro di shopping per Milano, con tanto di visita alla Fernet Branca (!!!), hanno letteralmente azzannato il palco pur di reclamare il loro status di headliner! Spassoso il video introduttivo dove tutti (ma proprio tutti!) si dichiarano fans degli Anthrax, da Keanu Reeves ad Henry Rollins, da Gene Simmons a Lady Gaga, da Phil Anselmo a Chuck D dei Public Enemy, da Kerry King a Dave Mustaine, a Stephen King, il più figo della “baracca”, in questa carrellata di omaggi che riassume quello che, in fondo, pensiamo un po’ tutti noi, ovverossia che senza Anthrax non possiamo stare, li troviamo e li abbiamo sempre trovati familiari. E questo, sin dai nostri albori come metallari… Ragion per cui l’irruzione prima di ‘A.I.R.’, fiammante e baldanzosa come un tempo, e poi della sincopata ‘Got The Time’ (che manco ricordavo più fosse di Joe Jackson, ma questo è un dettaglio, francamente inutile…) trascina davvero in una goliardica serata tra amici, di quelli a cui piace far bisboccia o poco più, ciò che importa è dare un calcio ben assestato ai pensieri, e con i newyorkesi la cosa riesce benissimo. La sezione ritmica, italo-americana, tra le più rodate e meglio assortite che l’intera scena possa vantare, ha subito alzato di livello lo show, tanto erano scatenati Benante e Frank Bello soprattutto, uno che non sta fermo un secondo, e che ben presto finisce a far da spalla a Scott Ian, dividendosi chilometri macinati a tutta birra e una grinta che fa la differenza in ogni contesto. E al tutto aggiungiamo poi un frontman “scafato” come Joey Belladonna, bravissimo sia per tenuta vocale che per come “amministra” il palco, trainando su di sé le attenzioni di un pubblico in visibilio. Pubblico che ha praticamente mandato a memoria classici che più classici non si può, con il podio conquistato da ‘Caught In A Mosh’, ‘Metal Thrashing Mad’ e ‘I Am The Law’, stando al frastuono generato sotto al pit e ai “mulinelli” che continuamente si aprivano, durante un concerto che ci ha riportato indietro negli anni, al periodo d’oro del thrash e del metal tutto, a quando gli Anthrax divennero parte del nostro immaginario aprendo per Iron Maiden e Kiss, in un lontanissimo Monsters Of Rock che si tenne a Modena. Come dire l’imprinting fatale per molti di noi…
Foto di Mauro Parozzi