Cannibal Corpse @ Alcatraz, Milano, 15 ottobre 2024
Il 30/10/2024, di Nick Guglielmi.
Il 15 ottobre si svolge all’Alcatraz di Milano l’unica data italiana dei Cannibal Corpse, storica band death metal americana che affonda le sue radici nel periodo a cavallo tra la fine degli anni ‘80 e l’inizio dei ’90. Trattasi di concerto imperdibile per due motivi: il primo è che i Cannibal Corpse non transitavano dalla nostra penisola addirittura dall’epoca pre-COVID, assenza a dir poco inconsueta considerando le loro abitudini standard di touring semi-perenne. Il secondo è che i nostri sono accompagnati da altre bands, che arricchiscono enormemente l’attrattiva dell’evento, considerando che si tratta dei newyorkesi Immolation, anche loro veterani della scena death metal statunitense e dei Municipal Waste, altra band che è in circolazione da decenni ormai, che con il suo thashcore si discosta un tantino dallo stile dei CC e degli Immolation ma che garantisce proprio per questo un pizzico di varietà in più al bill. Ad aprire la serata ci sono i belgi esordienti Schizophrenia, che purtroppo non siamo stati in grado di catturare dal vivo per i soliti motivi logistici infra-settimanali.
Purtroppo causa giornata lavorativa e residenza veronese, sono approdato all’Alcatraz giusto in tempo per gustarmi l’esibizione degli Immolation, storica band della scena newyorkese, attiva ormai da più di 30 anni, considerando che Dawn Of Possession, album d’esordio nonché pietra miliare nella sua categoria di metallo estremo, risale al lontano 1991. Rispetto alla formazione originale, rimane ancora saldamente al comando della band la coppia indissolubile composta da Ross Dolan (basso/voce) e Robert Vigna (guitar), che hanno saputo circondarsi tempo per tempo di collaboratori all’altezza, e la più recente incarnazione degli Immolation ne è la prova vivente: alla batteria l’ottimo Steve Shalaty, ormai operativo dal lontano 2003, e alla seconda chitarra Alex Bouke, entrato in pianta stabile dal 2016, completano egregiamente l’ensemble.
Il set si apre con An Act Of God dall’ultimo album, e si capisce sin dalle prime note che gli Immolation, nonostante l’età che avanza, non abbiano perso nemmeno un briciolo della propria capacità di aggressione violenta e granitica ma allo stesso tempo precisa e pulita nell’esecuzione. Gli assoli di Vigna sono come sempre un compendio di maledetto shredding e di melodie dannate, mentre il growling di Dolan è coinvolgente e maestoso come agli esordi.
Il set scorre via fin troppo rapidamente, assemblato con grande maestrìa tra brani più recenti (5 dei 9 brani eseguiti sono estratti dagli ultimi 2 albums), ed altri che hanno fatto la storia della band, come Kingdom Of Conspiracy e A Glorious Epoch, ma la chiusura del set non può non essere riservata ad Into Everlasting Fire, estratta dall’album d’esordio, senza dubbio il momento più coinvolgente del set.
Manca quasi il tempo di rifiatare che si riparte con i Municipal Waste, originari dello stato americano della Virginia. Allora, detto sinceramente, opinione assolutamente personale, tenendo in considerazione lo standing, la continuità negli anni e lo status di padri fondatori del death metal detenuto, in compagnia di una manciata di altre bands, dagli Immolation, mi sarei aspettato di trovarmeli nello slot affidato ai Municipal Waste. Inoltre, a voler essere proprio puntigliosi, infilare una band thrash/crossover tra due mostri sacri del death metal tradizionale, a parere del sottoscritto, ha rappresentato una discontinuità musicale rispetto all’atmosfera della serata. Detto ciò, questi ultimi hanno fatto tutto quello che dovevano per dimostrarsi assolutamente degni del ruolo a ridosso degli headliners, e per dirla tutta il pubblico ha gradito assai.
L’offerta musicale del quintetto virginiano è composta da una sorta di omaggio ai mostri sacri del thrash / crossover degli anni ottanta, come Vio-lence, primi Sacred Reich, Cryptic Slaughter, Excel, Wehrmacht, rivisitati in chiave più attuale. E’ una formula con cui si vince facile: energia straripante, canzoni brevi e veloci, pochi assoli, qualche intramezzo mid-tempo che induce alla pratica del mosh sfrenato. Non è una sorpresa che a tratti la zona franca dell’Alcatraz si trasformi in luogo di pogo sfrenato manco fossimo tornati al 1986.
In linea con quanto fatto dagli Immolation, anche i Municipal Waste hanno scelto di prioritizzare le uscite più recenti, eseguendo molteplici brani da Electrified Brain e Slime & Punishment, salvo rivisitare a più riprese le prime tappe della band, attiva dal 2001, ma sicuramente merita menzione l’opening semplicemente devastante di The Executioner seguita da Breathe Grease: impossibile rimanere passivi davanti a simile ondata di energia di puro thrash.
Complessivamente gran bel set, intenso, coinvolgente e divertente allo stesso tempo, che lascia pochi rimpianti a chi a priori avesse storto il naso davanti alla scaletta delle bands selezionata per questo package un po’ anomalo.
Ed è così che si giunge fin troppo rapidamente all’ultimo capitolo della serata, quello principale, con la salita sul palco da parte dei Cannibal Corpse. Il pubblico è quello delle grandi occasioni, con un Alcatraz decisamente pieno come un uovo, a testimoniare che quando passa per la città musica di qualità, il grande pubblico del metal risponde sempre presente. E’ bello poter prendere atto del fatto che ancora nel 2024, nonostante tutto quello che abbiamo passato tra crisi varie, pandemie e quant’altro, la fame per la buona musica e per gli spettacoli di qualità è ancora enorme.
Ma prima di passare ai fatti sarebbe doveroso ricordare brevemente il percorso dei Godfathers del death metal, che in 35 anni di attività, senza soluzioni di continuità né rallentamenti né pause di riflessione hanno messo insieme una carriera pluri-decorata ed una macchina da business che ormai viaggia in modalità auto-pilot. I Cannibal Corpse hanno saputo sfatare tutte le leggende impregnate nell’universo del metallo estremo, in base alle quali è matematicamente impossibile o quasi rimanere sulla cresta dell’onda per periodo prolungato. Lo hanno fatto certamente con enorme sacrificio e soprattutto totale dedizione, poiché hanno capito sin dalle origini che l’unico modo di sopravvivere in questo complesso e spietato settore del music business fosse quello di rimanere in uno stato di moto perpetuo, in continua evoluzione ed allineamento rispetto ai cambiamenti del momento, in modo da poter rimanere sempre rilevanti, attuali e pienamente agganciati alla formula da adottare tempo per tempo. Una volta si vendevano i dischi, poi si è passati ai CD, oggi si vende il merchandise perché la musica è stata dematerializzata e ormai si ascolta su Spotify. I Cannibal Corpse hanno capito che l’unica formula in grado di garantire longevità, insieme alla condizione imprescindibile di essere capaci di produrre materiale musicale di qualità, fosse quella di produrre dischi con continuità e di promuoverli attraverso un’attività di touring incessante. E’ così che negli ultimi 30 anni il sottoscritto abbia avuto la fortuna di assistere ad almeno una decina di live shows dei Cannibal Corpse, senza mai annoiarsi. Certo, la qualità dell’output musicale degli ex floridiani non sempre si è mantenuto su livelli di eccellenza assoluta, e non potrebbe essere altrimenti, ma nel bene o nel male, dipende dai punti di vista, il fan sa sempre esattamente cosa aspettarsi da una performance live di questa band, che su questa piattaforma granitica chiamata credibilità ci ha costruito una degna e lunga carriera, senza peraltro aver ancora dato segnali di cedimento. E come sappiamo, le bands attive in questo genere musicale brutale ed estremo che possano vantare una carriera anche lontanamente comparabile a quella dei Cannibal Corpse si contano sulle dita delle mani.
Ma veniamo ad oggi. Come di consueto, i Cannbial Corpse aprono le danze senza intro e senza fronzoli, tuffandosi a capofitto nella musica. Si parte con Blood Blind, estratta dal nuovo album Chaos Horrific, un mid-tempo terrificante che permette a George Corpsegrinder di cominciare a scaldarsi prima di tuffarsi a capofitto nell’accelerazione a metà brano, dandogli subito occasione di sfoggiare il suo caratteristico headbanging roteante. Il pubblico si rende conto subito di una novità: i Cannibal Corpse questa sera sono costretti ad esibirsi nella inconsueta formazione a quattro, in assenza di Erik Rutan, la cui abitazione in Florida è stata pesantemente danneggiata da Hurricane Helene (in bocca al lupo da tutti noi Erik!). E così ricade sull’altro chitarrista Rob Barrett il compito ingrato di compensare in qualche modo l’assenza di Erik, impresa riuscita al meglio del possibile: la differenza è inevitabile che ci sia, anche perché Erik Rutan è un chitarrista con i contro-attributi, ma Barrett non è da meno, e pur non potendo materialmente clonarsi, fa sentire il meno possibile la pesantissima assenza.
La prima parte dello show è focalizzata sugli ultimi lavori della band: dopo Blood Blind si susseguono la meravigliosa e pesantissima Scourge Of Iron, seguita da Inhumane Harvest e la title-track dell’ultimo album Chaos Horrific.
Dopo questo primo blocco di materiale più recente, si parte con la consueta composizione di best hits, a partire da uno dei capolavori della band, la raccapricciante e spaventosa Death Walking Terror, eseguita magistralmente anche in quattro. A seguire i Cannibal Corpse si catapultano in un susseguirsi di selezioni da molteplici album: la scaletta completa è composta da 15 brani estratti da ben 10 lavori diversi della band. Considerando che l’ultimo album è quello più rappresentato, con 3 songs estratte, si può facilmente intuire quale sia la profondità di repertorio da cui la band sia in grado di attingere per le proprie setlist.
L’execution da parte dell’improvvisato quartetto è impeccabile e tecnicamente competente, ed il lavoro del frontman Corpsegrinder è caratterizzato come sempre da un’alternanza di momenti di possessione da serial killer e di spunti e scambi spiritosi e divertenti con il pubblico, della serie c’è sempre modo di sdrammatizzare, anche quando si narra di sgozzamenti ed omicidi eseguiti nei modi più svariati. Ed è così che George ci tiene a specificare che la prossima canzone sarà dedicata a tutte le donne presenti nel pubblico, prima di annunciare l’esecuzione di Fucked With A Knife…in un altro contesto si potrebbe discutere a lungo sull’opportunità di scherzare su certe tematiche, soprattutto di questi tempi, ma George è George e questo glielo possiamo perdonare.
Ed è così che si arriva alla fase finale dello show, che come di consueto viene riservato ai grandi classici. Gli ultimi due brani eseguiti sono Staring Through the Eyes of the Dead e Stripped, Raped and Strangled; manca solo Hammer Smashed Face ma non si può avere tutto! L’esecuzione dei bis è brutale come sempre, lasciando il pubblico esausto (considerando la maratona musicale vissuta) ma pienamente soddisfatto.
I Cannibal Corpse si congedano dal pubblico dell’Alcatraz assicurandoci che ci rivedremo presto; di questo possiamo starne senz’altro certi!