Black Over Festival Summer Edition @ Arena Alpe Adria, Lignano Sabbiadoro (UD), 5 agosto 2024
Il 16/08/2024, di Nick Guglielmi.
Cosa hanno in comune un luogo di villeggiatura per famiglie e il death metal? Apparentemente nulla, almeno fino ad ora! La splendida Lignano Sabbiadoro, luogo di villeggiatura e punto di riferimento per veneti e friulani quando arriva il caldo estivo, per un giorno è diventata la Patria del metallo estremo, grazie ad un’iniziativa che, speriamo tutti, diventi un chiodo fisso tra gli appuntamenti metal dell’estate. Trattasi della prima edizione Black Over Festival, promosso dalla Hellfire Agency e svoltosi all’Alpe Adria Arena, un piccolo anfiteatro all’aperto (grazie a dio) che non esiterei a definire costruito su misura per concerti metal e non, di medie dimensioni. Complimenti vivissimi all’organizzazione che ha saputo assemblare un’iniziativa di livello assoluto, riuscendo a combinare una scaletta di band fantastica con una venue decisamente accogliente: bravi! Iniziative simili vanno supportate, quindi invito tutti gli amanti del genere a fare uno sforzo l’anno prossimo e a riempire completamente l’arena!
Purtroppo, per motivi logistici, non sono arrivato in tempo per vedere le prime due formazioni, i Nocturnal Depression e i Sedna, quindi la serata per il sottoscritto ha formalmente avuto inizio con l’arrivo sul palco degli Aborted.
I quali sono una band che io personalmente apprezzo, ma che non figura diciamo tra le mie favorite, il deathcore non fa per me, e per questo motivo quando mi capita di vederli di solito affronto il loro set con un pizzico di scetticismo. E, per l’ennesima volta, gli Aborted mi hanno fatto ricredere! Sarà forse il fatto che l’impatto visivo dei Nostri trasmette una dimensione ulteriore alla loro musica, ma il set della band (originariamente) belga ha straconvinto sia me che il resto del pubblico già presente alle 19.25. Altro elemento che gioca decisamente a loro favore è dato dal livello tecnico e dall’elevata coesione della band nel suo insieme, capace di riprodurre dal vivo in maniera impeccabile brani diciamo non sempre di semplicissima esecuzione. Bravissimo come sempre lo storico frontman Sven de Caluwé, attentissimo a mantenere una linea di comunicazione continua con il pubblico, dovendo ricoprire l’inconsueto ruolo di terzultimo gruppo in scaletta. Ovviamente l’ultimo lavoro targato 2024, ‘Vault Of Horrors’, è stato ben rappresentato, dei dieci brani ne sono stati estratti cinque, ma l’apertura del set è spettata alla pazzesca ‘Retrogore’, eseguita davvero con i fiocchi! Curiosa la scelta di escludere completamente dal set il penultimo e terzultimo lavoro, ‘Terrorvision’ e ‘Maniacult’, ma probabilmente il limitato tempo a disposizione ha fatto propendere verso uno split tra brani nuovissimi e materiale storico. Il mio personale momento di picco del set è coinciso con l’esecuzione della mostruosa ‘Threading The Prelude’, prima del closing con ‘The Saw and the Carnage Done’, due brani pescati dal periodo d’oro della band risalente ad inizio millennio…
Alle 20.30 è toccato al Diavolo in persona, Glen Benton, accompagnato dal resto dei Deicide. Come discusso nella recente intervista con Glen risalente a tre mesi fa circa, la storica band floridiana ha subìto l’ennesimo cambio di formazione, con l’ingresso della seconda chitarra Taylor Nordberg, prodotto locale dell’area di Tampa Bay, ma soprattutto sembra aver trovato finalmente una sorta di stabilità sia di struttura base, sia, se vogliamo, “emotiva”, nel senso che i Deicide sembrano aver trovato finalmente, se possibile, una loro tranquillità ed equilibrio. E a beneficiarne chiaramente sono in primis la qualità dell’output e delle esibizioni. Finiti i tempi dei drammi collegati alla presenza di membri “super-skillati” ma altrettanto problematici, come Jack Owen oppure Ralph Santolla, per fare due esempi. Finiti i tempi dei continui conflitti con i fratelli Hoffmann, i due chitarristi originali dei Deicide. La band sembra vivere una nuova fase, più tranquilla e “normale”, e la ritrovata sintonia al suo interno è visivamente palpabile attraverso l’esibizione sul palco. Persino il musone Glen sembra a suo pieno agio e quasi divertirsi al centro dell’attacco.
Nella fattispecie, l’esibizione è consistita in ben quindici brani, esibiti in maniera chirurgica dall’affiatatissimo quartetto. In perfetto stile Benton, pochissime le interazioni con il pubblico (che io mi ricordi, il suo unico intervento verso gli spettatori è stato per annunciare che mancavano due brani alla fine del set…). In linea con tale approccio minimalista anche la scenografia, decisamente asciutta ed essenziale, consistente di un unico telone dietro alla batteria con il logo della band. Ma questo non è assolutamente un problema, anzi, se poi la qualità del prodotto è stata quella esibita sul palco dell’Alpe Adria Arena. Ottima a parere del sottoscritto anche la scelta della scaletta, che ha spaziato dai grandi classici a brani estratti dall’ottimo, ultimo ‘Banished By Sin’. Focus significativo sulla primissima produzione dei Deicide: dieci dei quindici brani sono estratti dai primi tre magnifici album della band, ‘Deicide’, ‘Legion’ e ‘Once Upon The Cross’. E così, si è aperto con ‘When Satan Rules His World’, seguita a ruota da ‘Carnage In the Temple of the Damned’… Brano dopo brano eseguiti con maestrìa e coesione invidiabile, considerando anche il fattore età, che in qualche modo dovrà pur cominciare a pesare almeno per Glen e il suo business partner pluri-trentennale Steve Asheim alla batteria. Ottimo il lavoro alle due chitarre da parte di Kevin Quirion, che ha mostrato tutta la sua bravura nella grande esecuzione di ‘Homage For Satan’, brano caratterizzato da una serie di assoli ideati da Ralph Santolla tanti anni fa quando era ancora tra noi, decisamente non banali, e il già citato Taylor Nordberg. La carrellata di death metal satanico è giunta al termine dopo più di un’ora con l’esibizione in rapida successione di ‘Dead By Dawn’, la sopracitata ‘Homage For Satan’ ed infine ‘Oblivious To Evil’.
Cotanta abbondanza sarebbe già stata più che sufficiente per poter definire questa una grande serata di metal estremo, ma mancava ancora il piatto forte… Con addirittura qualche minuto d’anticipo, Abbath ha accolto il suo pubblico nel suo meraviglioso mondo artico, fatto di riff glaciali ed assoli taglienti come lame. Trattasi di una serata speciale, perché Abbath oggi, e per tutto il tour in corso, proporrà ai propri fans e a quelli degli Immortal, un set molto particolare, composto solo ed esclusivamente da brani della sua vecchia band. Si è discusso molto sull’opportunità della scelta di Abbath, e tutti come al solito hanno un’opinione e grandi certezze. C’è chi dice che Abbath lo faccia perché il materiale della sua band solista “tira” poco, quindi meglio raschiare il fondo del barile finché si fa in tempo. C’è chi dice invece che si tratta di una sorta di “ripicca” verso la sua vecchia band, la quale ha deciso di andare avanti senza di lui utilizzando il nome Immortal, che ovviamente è di per sé un’impresa senza Abbath schierato appunto come frontman. Sia quel che sia, io personalmente sono stato contentissimo della scelta di Abbath, qualunque siano state le sue reali motivazioni, perché per noi fans l’unica cosa che conta è la musica, e le meravigliose composizioni degli Immortal meritano di continuare a vivere e respirare, anche solo se in rare e distanti occasioni.
Anzi, a tal proposito, questo tour ha finalmente fatto piena giustizia, sempre secondo il sottoscritto, ai vecchi brani degli Immortal, dato che la band, negli ultimi anni in cui era presente Abbath, si esibiva dal vivo esclusivamente come trio. E chiunque conosca un minimo Abbath sa benissimo che sul palco il black metaller norvegese si diverte molto a correre da una parte all’altra e ad esibirsi nel suo caratteristico “crab-walk”, trascurando un tantino il suo guitar playing… Ma la complessità di molti riff ed arpeggi che caratterizzano gran parte del repertorio degli Immortal faceva sì che la piena riuscita di molti di questi brani dal vivo potesse soffrirne. Personalmente ho sempre pensato (e sperato) che gli Immortal potessero beneficiare dall’innesto di una seconda chitarra, proprio per poter permettere ad Abbath di mettere su il suo show personale e al contempo preservare la vera natura delle composizioni. Questo ovviamente come Immortal non è mai avvenuto, e poi ci fu la clamorosa “scissione”… Invece, la riesumazione dei vecchi brani, interpretati dalla band solista di Abbath, ha permesso di adottare l’auspicata formazione a quattro, inculcando vita nuova a brani che non si erano mai potuti apprezzare dal vivo con tanta “pienezza”.
Alla scelta della scaletta regalo in pagella un bell’otto: molto bene, anche se si poteva fare di meglio; in un set di dodici brani, due canzoni estratte da ‘All Shall Fall’ e altre due da ‘Sons Of Northern Darkness’ sono decisamente troppe… Come molti degli appassionati storici della band già sanno, la prima fase della storia degli Immortal è caratterizzata da composizioni più incentrate sul raw black metal norvegese, mentre a partire da ‘At The Heart Of Winter’ la produzione degli Immortal ha assunto una connotazione più incentrata sull’epic e sul metal classico. La prima fase, che è caratterizzata dalla produzione di capolavori assoluti e punti di riferimento imprescindibili del black metal come ‘Pure Holocaust’ e ‘Battles in The North’, è rappresentata da soli tre brani, che seppur meravigliosi semplicemente non sono abbastanza! Si poteva, al parer del sottoscritto, sacrificare almeno un paio di brani delle produzioni più recenti per fare più spazio ai “grandi classici”. Ma al di là di questa lamentela personale (per favore, fatemi sapere il vostro parere…) la scaletta è andata via liscia, con un’ottima esibizione da parte di tutta la band, decisamente all’altezza. Questa calda serata estiva, in aperto conflitto con il clima proposto dai nostri, ci ha consegnato comunque un Abbath di ottimo umore e in grande forma, che ha saputo tenere alta l’attenzione e l’umore del pubblico per tutta la durata dell’esibizione.
Miglior momento della scaletta è stata per me l’esibizione dei due brani estratti da ‘At The Heart Of Winter’, vero, grande capolavoro degli Immortal: ‘Withstand The Fall Of Time’ e la title-track, seguite dal gran finale composto da ‘The Sun No Longer Rises’ e ‘Blashyrk (Mighty Ravendark)’, non a caso due brani prelevati dalla prima fase dei norvegesi.
In conclusione, grande serata di death/black metal in un contesto inconsueto ma non per questo meno convincente e riuscito, caratterizzata da un’ottima organizzazione e una scaletta di band decisamente accattivante. Da ripetersi assolutamente, e arrivederci dunque all’anno prossimo con il Black Over Festival…
Foto di Federico Benussi