Desertfest Berlin – Day 3 @ Columbiadamm, Berlino, 26 maggio 2024

Il 22/06/2024, di .

Desertfest Berlin – Day 3 @ Columbiadamm, Berlino, 26 maggio 2024

Il termometro segna 24 gradi nella città di Berlino con un sole cocente che sottolinea la giornata di oggi, caratterizzata dalla presenza di diverse personalità di spicco della scena californiana di Palm Desert. Arriviamo alle 14,30 in tempo per prenderci il tempo per vedere com’è l’ambiente. La zona adibita al dehor è piena di stand del cibo, che abbiamo testato essere molto buono. Il pubblico deve ancora arrivare, e tra la folla si vede Nick Oliveri, non facciamo in tempo a salutarlo che in fretta e furia raggiunge il backstage.

Il primo gruppo ad esibirsi oggi, nel Columbia Theatre, sono i Night Beats. Immediatamente notiamo l’assonanza con Jimi Hendrix, sia per l’abbigliamento scelto ma anche per i movimenti sul palcoscenico. Il cantante e chitarrista Danny Lee Blackwell è accompagnato da due musicisti di colore al basso e alla batteria. Soffriamo un po’ la poca interazione tra i componenti della band e il movimento che parte unicamente dal leader, anche se questo non influisce sul pubblico che sembra abbastanza coinvolto.

Ci spostiamo nel Columbiahalle dove il gruppo che sale sul palco è capitanato da Nick Oliveri con i Mondo Generator. Noto per essere stato il bassista dei Kyuss e per la sua partecipazione nei Queen Of The Stone Age, esegue brani provenienti dall’ultimo album come ‘Death March’ e altri più vecchi dei Kyuss, come ‘Supa Scoopa And The Mighty Scoop’ e ‘Allen’s Wrench’. Interagisce molto con il pubblico, raccontando della sua esperienza con i Kyuss, di come questo progetto si è evoluto ma che poi non ha più avuto un seguito. A grande richiesta del pubblico, decidono di suonare il bis eseguendo ‘Green Machine’ che è stata cantata a sguarciagola dai presenti.

Nel Columbia Theatre arriviamo con una quindicina di minuti di ritardo perché la band precedente è andata un po’ oltre la tabella di marcia, e sul palco ci sono i Bottenhavet. Svedesi con una formazione piuttosto recente (fondati nel 2020), cantano nella loro lingua madre un genere che troviamo abbia diverse influenze partendo dal rock anni ’70, stoner rock, hard rock, con una voce tendente al grunge. Solo quest’anno hanno pubblicato il primo album dal titolo ‘Ljud i Tysta Rum’.

Al Columbiahalle non potevano mancare band che ci portano in atmosfere calde e desertiche, un momento particolare è stata l’esibizione dei Tamikrest. Band proveniente dal Mali, fondata nel 2006 da musicisti di etnia tuareg, uniscono musica popolare con sonorità più vicine al rock e al blues, inseriscono strumenti etnici alla chitarra elettrica. Molto corali e con influenze reggae, hanno deciso al momento della loro formazione, di portare l’attenzione ai problemi del loro popolo attraverso la loro musica. Iniziano con qualche minuto di ritardo per via del soundcheck, durato un po’ più del previsto. Partono calmi, li troviamo un po’ spenti, ma riescono comunque a riprendersi e a concludere il concerto con grande energia e portando un clima di festa e convivialità.

Siamo quasi a metà della giornata e sul palco del Columbia Theatre, si esibiscono i Ruff Majik. Provenienti da Pretoria, Sud Africa, suonano un genere simile ai Queen Of The Stone Age, con una voce malinconica e dei suoni potenti.

Difficile spiegare la grande emozione che si ha stando sotto il palco mentre Brant Bjork, il batterista dei Kyuss e Fu Manchu, entra sul palco con il suo stile unico. Con lui, Mario Lalli al basso (Fatso Jetson) e Ryan Gut alla batteria. Alle loro spalle, delle coloratissime fotografie di quello che presupponiamo essere Palm Desert. Il suo stile è caratterizzato da una voce calda e blues, stile hendrixiano, ritmo moderato e tanto fuzz. Esegue brani come ‘Somewhere Somewoman’. Il suo concerto è un viaggio cosmico e le luci tendenti al giallo ci portano diretti nel deserto della California.

La grande presenza di band non permette di seguirle tutte una dietro l’altra e infatti ci perdiamo qualche minuto dei Sunnata, band polacca che propone un mix interessante tra brani post-metal con voce sludge, tinte grunge, echi che si propagano all’interno della sala. La band, avvolta dalla nebbia, trasporta il pubblico in un trip mistico e facendoci immaginare luoghi deserti e afosi.

Chris Goss è seduto su uno sgabello, qualcuno sotto il palco ci dice che è caduto dal palco qualche live precedente ma questo non gli impedisce di mostrare la sua grandezza. Per questo tour, viene accompagnato al basso da Alain Johannes (clicca QUI per leggere l’intervista). Una rock band con uno stile old-style, caratterizzato dal blues e dalla presenza di elementi progressivi sperimentali.

Suoni particolari segnano la band dei Full Heart provenienti dalla città di Oslo, presentano un genere di musica sperimentale, contrassegnato dallo psych-rock mescolato all’elettronica. La stanchezza dovuta alle esecuzioni una di seguito all’altra, ci prendiamo qualche momento per una concessa pausa e l’arrivo dell’ultimo e attesissimo gruppo della serata.

Sotto tutti sotto il palco ad attendere la storica band del 1971, e soprannominata come i Black Sabbath americani, ovvero i Pentagram. Capitanati da Bobby Liebling, il leader ha portato la bandiera della band fino ad oggi, nonostante molte difficoltà, nei giorni durante il festival hanno annunciato la loro collaborazione con l’etichetta Heavy Psych Sound e l’uscita del loro decimo album. Liedbling dimostra di essere ancora in forma, trasmettendo grande energia e capacità di intrattenere il pubblico. Impreziosisce il concerto mimando il chitarrista Matt Goldsborough e il bassista Greg Turley, non sono mancate le sue espressioni teatrali e noi siamo entusiasti di averle visti dal vivo.

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