AC/DC + The Pretty Reckless @ RCF Arena – Reggio Emilia, 25 maggio 2024
Il 01/06/2024, di Alex Ventriglia.
La mia passione per gli AC/DC scoppiò, definitivamente, durante il mio primo viaggio all’estero, primi anni Ottanta e io, adolescente, alle prese con una rapida “fuga” tra Olanda e Belgio, tra il fascino delle Fiandre e la bellezza di città particolari come Anversa ed Amsterdam; ma anche grazie a paesini che a me ispiravano gesta “eroiche” come per esempio Namur, nel quale gli AC/DC nel 1980 suonarono uno show diventato leggenda, il primo in assoluto con il debuttante Brian Johnson, il quale arrivava dopo la tragica morte di Bon Scott e che, quasi per macabra compensazione, sarà l’inossidabile chiavistello per il successo planetario di ‘Back In Black’. Specie per chi, come me, veniva dall’Italia e questi concerti poteva soltanto sognarseli, determinate località si tramutavano quasi d’incanto, tra l’entusiasmo di chi raccontava l’evento e la speranza di tutti coloro che, invece, fantasticavano di poterci andare, e un altro posto che ricordo dell’epoca era Grenoble, capitale delle Alpi francesi e ultimo avamposto europeo per poter godere di un concerto fuori dai confini italici, una città battuta spesso da Angus Young & Co. e non solo. Il Belgio, dicevamo, nazione piccola ma importante sia per il sottoscritto che proprio lassù si comprò la sua prima maglietta degli AC/DC, che per la band stessa, dopo Inghilterra e Francia forse il Paese europeo che agli esordi meglio accolse gli australiani, anche se, con la loro tipica ironia, i nostri lo narrano un po’ diversamente nel brano ‘Bedlam In Belgium’, ricordo romanzato di un concerto ad Anversa che sfociò nel caos per colpa di tafferugli con la polizia…
Ma anche con l’Italia mica scherzarono, quando nel nostro Paese esordirono nella quasi “esotica” Nettuno, cittadina del litorale romano che li accolse allo Stadio del Baseball il 5 settembre 1984, giusto per andare a ritroso negli anni e riallacciare quel filo temporale che, oggi, a quasi quarant’anni suonati da allora, ci riporta a vivere in tutto e per tutto uno show degli AC/DC. Nell’incredibile, suggestiva cornice della RCF Arena di Reggio Emilia, che ha letteralmente traboccato di entusiasmo e di tutto l’amore delle 100.000 e passa persone che lì si sono date appuntamento, per l’unica data italiana del PWR UP tour e che ha rispettato in pieno tutte le migliori aspettative che si potessero avere. E questo sin alla scelta della location, la RCF Arena, meglio conosciuta come Campovolo, la più grossa in Italia e con dalla sua possibilità finalmente all’altezza di un evento di tale portata, ben supportate dalla logistica e da un’organizzazione che in casa Barley Arts sono sempre state di gran livello. Della straordinaria risposta del pubblico abbiam già detto, sono numeri fuori portata quelli di cui discutiamo, ma che possono essere spiegati in vari modi, uno fra tutti è che, comunque vada, sarà un successo, forse semplicistico e crudo come messaggio, ma l’essenza è tutta qui, tangibilissima: gli AC/DC sono realmente una band a parte e la magnifica performance di Reggio Emilia lo dimostrerà in pieno, fregandosene bellamente di tutti coloro che sguazzano nelle critiche e nei giudizi, inconsistente aria fritta specie quando ti confronti con chi, la Storia, son cinquant’anni che la scrive. Spettatori a dir poco entusiasti, famiglie numerose e con al seguito anche anziani genitori, ovverossia generazioni diverse tra loro, ma accomunate da una passione sempre più crescente per questa band che, fino a non molti anni fa, era un amore tutto nostro, era roba per pochi intimi, e anzi gli AC/DC venivano sbeffeggiati dai più per le corna di Angus e la loro musica “caciarona”, lontanissima dai gusti e dai canoni all’italiana, ma che, evidentemente, ha saputo far breccia, vuoi perché i tempi son cambiati, vuoi perché la globalizzazione chiama in causa più di un aspetto, compreso quello dell’intrattenimento.
Dal variopinto e strategico catino della Red Zone, si può anche dire che perfino i The Pretty Reckless hanno fatto una discreta figura, in verità più per l’impegno della frontgirl Taylor Momsen che non per il resto della gang, forse disorientato dal clamore e sul palco un poco statico, ma buon per loro che c’è appunto la cantante, una modella abituata alle passerelle e a fronteggiare le masse, e la cosa si è vista tutta. Sottoveste rossa e stivaloni New Rock, sensuale nelle mosse e accattivante come timbrica vocale, Taylor ha saputo conquistare un pubblico attento e ricettivo facendolo cantare e applaudire, scortata da brani tipo l’opener ‘Death By Rock’n’Roll’, ‘Make Me Wanna Die’, particolarmente riuscito, la cover dei Soundgarden ‘Loud Love’, ma soprattutto è stato l’anthemico ‘Heaven Knows’ a mettere d’accordo un po’ tutti, sulla bontà del progetto The Pretty Reckless (e della sua bionda cantante nonché musa ispiratrice).
Come antipasto niente male, giusto uno “stuzzichino” prima della portata principale che, con una puntualità che manco gli svizzeri, è arrivata alle 20,45 spaccate, con il loro classico video introduttivo che tanto “fa sangue” e che mette la giusta fregola agli spettatori! Con una canzone di apertura che è stata l’immediata dichiarazione d’intenti, una ‘If You Want Blood (You’ve Got It)’ memore di fasti passati e che già fa pregustare quanto la serata sarà speciale, supportata poi da una sibilante, nervosa ‘Back In Black’, con un Angus Young che, partito in sordina, ha cominciato a scaldare il motore non appena i ritmi si sono alzati, prima ‘Shot Down In Flames’ e poi, acclamatissima, ‘Thunderstruck’, che solo con il suo riff iniziale ha tirato giù l’intero Campovolo! La sezione ritmica, rinnovata per intero, ha risposto alla grande, con il drummer Matt Laug il quale si è dimostrato subito un acquisto azzeccato per qualità tecniche e temperamento, l’ideale metronomo di uno show eccellente sotto tanti punti di vista, compreso quello della tenuta fisica dei due principali protagonisti: Angus, l’ho fatto intendere, ha ribadito tutta la sua confidenza col palco, non fermandosi praticamente mai e anzi tirando spesso la baracca, come durante la fiammeggiante ‘Shoot To Thrill’, l’appassionata ‘Sin City’ e una ‘Riff Raff’ al fulmicotone, mentre Brian Johnson ha gonfiato i muscoli e ha superato di slancio quei rari momenti in cui la sua voce, incrinandosi, è venuta meno, cosa a cui, detto in confidenza, non è fregato a nessuno di noi tanto era la voglia di festa e di partecipazione, un concerto, questo, che rimarrà nella Storia, per svariate ragioni. Il tempo, purtroppo, è tiranno, gli anni passano per tutti e prima o poi ognuno di noi è chiamato a fare scelte drastiche, quindi non saprei dire con certezza se e come continueranno gli AC/DC, e se veramente la data al Campovolo potrebbe essere stata l’ultima in Italia. Ma se anche fosse così, e ripenso al vigore e alla motivazione con cui Angus & Co. hanno affrontato il rush finale, soprattutto grazie a ‘You Shook Me All Night Long’, ‘Highway To Hell’ e ‘Whole Lotta Rosie’, beh, non ci potevano lasciare ricordo migliore, anche se, in cuor mio, credo che questi autentici fuoriclasse dell’hard rock più blasonato siano scesi a patti con l’eterno, e figurati se hanno voglia di abdicare…
Fotografie di Roberto Villani