Slash ft. Myles Kennedy and The Conspirators @ Forum di Assago (MI), 22 aprile 2024
Il 27/04/2024, di Maria Teresa Balzano.
Se vi chiedessi di chiudere gli occhi e pensare ad un’icona della sei corde dei tempi d’oro dell’hard rock, che negli anni, nonostante tutto, ha saputo restare a galla e reinventarsi spaziando dal rock al blues restando sempre fedele a se stesso e al suo stile unico, chi vi verrebbe in mente? A me una sagoma riccioluta con tuba, jeans strappati e un grande sorriso sempre stampato in viso.
Questa sera al Forum di Assago, quasi sold out e dall’acustica impeccabile, Slash, Myles Kennedy and The Conspirators hanno fatto tappa per la data italiana del “The River is Rising – Rest of the World Tour ’24”, travolgendo con passione e perizia un’orda di fan scatenati. Ad aprire le danze i Mammoth WVH, band di Wolfgang Van Halen, erede del compianto Eddie. Mi lascia perplessa la forte analogia, su più piani, con Alter Bridge e Tremonti, ma nel complesso la performance è leggera e piacevole, orecchiabile e carica di energia. Sembra quasi superfluo sottolineare l’estro di Wolfgang nel far volteggiare le dita sulla chitarra, degno figlio di suo padre, e nel cantare al contempo senza affanno, trascinando le prime file del pubblico ed esibendosi in uno spettacolo mirabile. Per gli amanti del genere, band da vedere almeno una volta.
Puntuali alle 20.45 i Conspirators, Todd Kerns, Brent Fitz, Frank Sidoris, e Myles Kennedy anticipano l’entrata di Slash sul palco, inizia lo scrociare di mani che termina in un boato quando la tuba e la Les Paul arrivano finalmente al cospetto degli astanti. La scaletta proposta è abbastanza variegata, andando a pescare nella discografia solista di Slash con un solo brano dei Guns (scelta più o meno opinabile, de gustibus) e due eccellenti cover. Ognuno di noi avrebbe preferito almeno qualche altro brano con cui potersi sgolare, ma non sarebbero bastate due ore e un quarto di show per accontentare un vero fan. Due ore e un quarto che sono volate, incendiate dal carisma di musicisti navigati e genuinamente entusiasti: abbiamo apprezzato la voce di Myles, che di sicuro ha fatto un patto con il diavolo, cangiante, potente e carezzevole, una garanzia da sempre e si spera per sempre, l’estro e l’energia di un vulcanico Todd Kerns che prende la scena e il microfono per più di un paio di brani dimostrando di stare terribilmente sul pezzo, il groove e la maestria dietro le pelli del canadese Brent Fitz che per tutto il concerto ha tenuto addosso una maglietta della nazionale italiana, la tenacia e la resistenza sulla lunga distanza di Sidoris, che aveva suonato già la chitarra durante il set dei Mammoth WVH.
Più di ogni altra cosa è stata apprezzabile l’atmosfera rilassata e divertita sul palco, non una sfilata di virtuose marionette, bensì un’intesa sanguigna, invisibile ma percepibile, una staffetta senza primatisti durante la quale il testimone è scivolato di mano in mano, puntando i riflettori su ogni musicista, evidenziandone i pregi senza arroganza o prevaricazioni. Un equilibrio sinergico a cui raramente si assiste. Ovviamente il nostro guitar hero ha avuto ampio respiro con assoli infiniti e appassionati, nota di merito per i quindici minuti da solista con cui ha chiuso ‘Wicked Stone’ in un provocante e sensuale flirt con l’accondiscendente calda Les Paul. Capacità espressiva che prescinde la tecnica, un altro livello di coinvolgimento, la musica che corre sotto pelle ed entra nelle vene. Pochi effetti speciali, un palco abbastanza sobrio, un telone e qualche gioco di luce, pochi fronzoli e molta sostanza, come previsto avevamo tutti gli occhi incollati sui musicisti, ipnotizzati dal richiamo veemente del rock n’roll.
Menzione speciale per le due cover che non mi aspettavo e che mi hanno lasciata a bocca aperta: una vivace e vibrante ‘Always on the Run’ di Lenny Kravitz con l’esplosivo Kerns alla voce e una dolcissima e sempiterna ‘Rocket Man’ di Elton John, durante la quale Slash si è cimentato con una gilmouriana lap steel.
Dopo due ore e ‘Anastasia’ è il momento di tornare all’impietosa pioggia meneghina di questo aprile complicato, e, mentre la folla lentamente scivola nella notte, nei quaranta minuti di metro che mi aspettano, nonostante abbia assistito ad una performance di altissimo livello, non riesco a togliermi dalla mente un pensiero, un ricordo mai vissuto, un sogno proibito: se avessi potuto scegliere di vedere nella vita un solo concerto di Slash avrei tirato fuori dal cappello la data in una laida e stregata New Orleans di fine anni Novanta dei dimenticati Slash’s Snakepit, scanzonati e lascivi, ubriachi di hard e strafatti di rock, con gli ottoni squillanti tra le luci fioche di un locale seminterrato dal pavimento appiccicoso, il piano che tesse la tela per il graffio di Eric Dover all’inizio di ‘Ain’t Life Grand’, un velo di fumo a mezz’aria e odore dolciastro di Jack Daniels…
“We had a lot of fun, there was no drama, we just booked gigs, showed up, got up there and played. We did clubs and theaters and it was great, it really helped me rediscover why I love what I do.” (Slash)
Setlist Mammoth WVH:
Another Celebration at the End of the World
You’re to Blame
I’M Alright
Like a Pastime
Take a Bow
Don’t Back Down
Mammoth WVH
Setlist Slash ft. Myles Kennedy and The Conspirators:
The River Is Rising
Driving Rain
Halo
Too Far Gone
Back From Cali
Whatever Gets You By
Actions Speak Louder Than Words
The Path Less Followed
Always on the Run – (Lenny Kravitz cover)
Bent to Fly
Avalon
Spirit Love
Perfect Crime – (Guns N’ Roses cover)
Starlight
Wicked Stone
April Fool
Fill My World
Doctor Alibi
You’re a Lie
World on Fire
Rocket Man (I Think It’s Going to Be a Long, Long Time) – (Elton John cover)
Anastasia