Judas Priest + Saxon + Phil Campbell and The Bastard Sons @ Mediolanum Forum – Assago (Mi), 6 aprile 2024
Il 12/04/2024, di Alex Ventriglia.
Non numerosissimi i concerti italiani dei Judas Priest nel corso della loro carriera cinquantennale, ma ogni volta, e scrivo ogni volta, che è passato per lo Stivale tricolore, l’osannato Sacerdote di Giuda ha lasciato una traccia indelebile di sé. Nel bene e nel male. E anche al Forum di Assago, sicuramente uno snodo cruciale del Metal Masters 2024, imperiale tournée che sta sconquassando l’Europa intera, si è scritta una pagina leggendaria, forse la più gloriosa che io almeno ricordi, significativa almeno quanto la loro prima, storica calata del 1988 o il tour in compagnia di Pantera e Annihilator, a promozione del dirompente ‘Painkiller’, un album questo particolarmente amato dagli aficionados italici.
Ma andiamo con ordine, perché di cose da scrivere ce ne sono parecchie, senza però tralasciare l’incipit primario, vale a dire che un album dell’impatto di ‘Invincible Shield’ erano forse lustri interi che non ci emozionava tanto. Eppure, c’è chi lo ha denigrato, contestando perfino la fantastica live performance offerta dai Priest al Forum, giusto per ribadire la deriva dei tempi che viviamo e il pressapochismo che popola il fetido mondo dei social network, ma tant’è.
Un Forum gremito in ogni ordine di posti quello che ci ha accolti, tirato a lucido vista l’occasione speciale per tributare tutti gli onori ai Metal Gods per antonomasia, affiancati dagli amatissimi Saxon e da Phil Campbell & The Bastard Sons, in questa porzione di tour subentrati agli Uriah Heep. Con dalla loro un frontman come Joel Peters, tutto sostanza e zero fronzoli, Phil e i suoi “pargoli” hanno fatto tutto il possibile per scrollarsi di dosso il peso di un concerto di prestigio, certo, ma al tempo stesso piuttosto impegnativo, a volte riuscendoci, a volte meno, fatto sta che il loro rock’n’roll ruvido e minimale è servito più per rompere il ghiaccio, e poter così ingannar l’attesa. Per carità, sia ‘We’re The Bastards’ che ‘Freak Show’ non hanno suonato niente male, ma bisogna pure ammettere che per il chitarrista e i figli Todd, Tyla e Dane i momenti migliori son stati quelli in cui hanno chiamato in causa i Motörhead e le loro ‘Going To Brazil’, ‘Born To Raise Hell’ e l’immancabile ‘Ace Of Spades’, che ha scaldato il giusto e ha mosso più un pensiero verso il compianto Lemmy. Magari è un giudizio impietoso il mio, ma forse, per Phil Campbell, non era questa la serata migliore per fare bella figura. Lo trovo più che plausibile come ragionamento, specie se bisogna poi rapportarsi con quei mostri sacri con cui si divide il palco…
Siamo invece nel campo della sicurezza più assoluta quando ci troviamo a che fare con i Saxon, compagine fedelissima che sull’Italia puntò in tempi difficili, quando questo Paese, a livello di tournée dal vivo, non se lo filava proprio nessuno e sul quale vigeva un embargo pesantissimo, eredità di un clima esasperato e iper politicizzato. Personalmente parlando, Biff Byford e le varie formazioni che si sono succedute sotto questo glorioso nome, sono tra quei gruppi che oramai non conto più le volte che li ho ammirati sul palcoscenico, nei miei quarant’anni e passa di onorata fede metallica. Saxon che, ogni volta, non deludono mai le aspettative, il loro emblema è il rispetto sacro per i propri fans, oltre che un amore incondizionato per questa musica: qui si parla di aristocrazia vera e propria per le tante, numerosissime pagine di storia scritte… Al Forum, tangibile, si è ricreata la stessa, identica magia, con una band che ha dovuto forse accelerare un po’ i tempi, ma lo ha fatto senza andare a scapito dell’audience italiana, subito coinvolta pienamente sull’onda lunga generata dai suoi immortali classici, da ‘Motorcycle Man’ a ‘Heavy Metal Thunder’, da ‘And The Bands Played On’ a ‘Strong Arm Of The Law’, dalla favolosa ‘747 (Strangers In The Night) a ‘Denim And Leather’, per non dire di una ‘Wheels Of Steel’ letteralmente da brividi, con il pubblico che, estasiato, ha ricambiato tutto il suo amore con cori infiniti e applausi scroscianti. Sezionare puntigliosamente un concerto dei Saxon non è facile farlo, o almeno non mi è possibile a livello personale, perché con Biff & Co. è una questione di cuore, una dannata questione di cuore, e si sa che al cuor non si comanda.
Ma le attenzioni, come normale che fosse, si son via via tramutate in certezze, al cospetto della leggenda di Birmingham che forse non credevamo più fosse tanto micidiale: all’attacco dell’intro ‘War Pigs’, l’atmosfera si è immediatamente surriscaldata, preludio dell’arrivo degli headliner, i quali sono partiti in quarta con una ‘Panic Attack’ al cardiopalma, tanto per mettere subito in chiaro che i Nostri di scherzare non hanno nessuna voglia, elargendo ampie dosi di puro e nobile metallo, da ‘You’ve Got Another Thing Comin’’ a ‘Rapid Fire’, all’inno per eccellenza ‘Breaking The Law’. Il Forum tutto, in completo delirio, probabilmente non totalmente consapevole dell’eccezionalità dell’evento, con una band perfetta in ogni sua parte – sugli scudi lo stratosferico Scott Travis, un Richie Faulkner forse mai visto a questi livelli eccelsi, bravissimo nel tagliare e nel ricucire sia la parte solista che le ritmiche, e un Rob Halford che è e resta un totem inossidabile di tutto il nostro immaginario, che è l’heavy metal che tanto adoriamo. Frontman imprescindibile, sia per la sua ugola unica che per tutto ciò che rappresenta, Rob è stato l’indiscusso protagonista della serata, in mezzo a una carrellata di classici che più classici non si può e a sorprese che hanno letteralmente galvanizzato l’audience, tipo una ‘Devil’s Child’ al suo debutto europeo e una ‘Saints In Hell’ che ha ribadito con fierezza la superiorità di un capolavoro qual è stato ‘Stained Class’, una canzone che dopo cinque anni è tornata a ruggire nel loro live set. Un live set “impugnato” dal nuovo che avanza marchiato ‘Crown Of Horns’ ed ‘Invincible Shield’, incastonate tra ‘Turbo Lover’, la mia prediletta ‘Victim Of Changes’ (spesso alternata con ‘Sinner’, come avvenuto a Vienna, in Svizzera e qua e là in Germania) e ‘The Green Manalishi (With The Two Prong Crown)’, sfociando infine in uno dei brani più idolatrati a queste latitudini: ‘Painkiller’! Che ha chiuso diciamo in maniera “ordinaria” uno show strabiliante già di suo, prima che ‘The Hellion’ introducesse ad ‘Electric Eye’, prima che il rombo dell’Harley urlasse selvaggio su ‘Hell Bent For Leather’, e lasciando che il Forum onorasse il ritorno sul palco di Glenn Tipton, storico chitarrista della band colpito anni fa dal morbo di Parkinson. Credo che ciascuno di noi, e nessuno può ritenersi escluso, abbia carpito l’essenza del momento, un “unicum” che, seppur catartico e tragico, ha inderogabilmente rivestito di spiritualità la veemenza delle conclusive ‘Metal Gods’ e ‘Living After Midnight’, tracciando quel solco invisibile che porta al divino…
Come detto in apertura, forse il miglior concerto dei Priest in Italia, probabilmente il più intenso e sentito, i buoni auspici li avevamo tutti, ma forse qui siamo andati oltre.
Epocale.