Europe @ Teatro Degli Arcimboldi, Milano, 2 ottobre 2023
Il 08/10/2023, di Gianfranco Monese.
Iniziato il ventun settembre al Teatro Romano di Merida, in Spagna, il “Time Capsule”, tour per il quarantennale di carriera degli Europe ha, nella bellissima cornice del Teatro Degli Arcimboldi, la sua unica data italiana. Il pubblico, questa sera, non può che essere quello delle grandi occasioni, dato che i biglietti per l’evento odierno sono terminati in poco più di un mese (vendite aperte dal ventisette gennaio, sold out annunciato dalla band il tre marzo), registrando il terzo sold out di questo tour, anticipato dalle due date nella città natale Stoccolma del nove e trenta ottobre (a cui se n’è poi aggiunta una terza, il trentuno). Dire quindi che è una serata, questa, che in molti aspettavano, anche chi magari ha un pò ignorato quanto ultimamente prodotto da Joey Tempest e compagni, è dir poco.
“You’re so far away!” Così debutta il frontman dopo che con i suoi ha eseguito il quinto pezzo in scaletta ‘Walk The Earth’: effettivamente, nonostante il fascino del teatro milanese, c’è da dire che il sound del quintetto ha (molto) poco invogliato a stare seduti su delle comodissime poltrone, a differenza di quanto offerto dalla sontuosa Tori Amos vista in aprile. L’acustica, inoltre, sempre perfetta all’interno di queste moderne mura, ha purtroppo mostrato qualche difetto a causa di un genere per il quale, forse, sarebbero da prediligere altri posti. Ultimo punto, il golfo mistico (lo spazio del teatro adibito all’orchestra), ha tenuto ben a distanza il gruppo dai fan, con Tempest sceso in due occasioni (‘Rock The Night’ e la conclusiva ‘The Final Countdown’) a stringere mani, cercando un vero contatto col pubblico.
Tuttavia, per questo tour europeo il gruppo ha selezionato questo tipo di location comunque suggestive e che, volenti o nolenti, meglio di altre potevano “aiutare” nel viaggio di questi quarant’anni di attività. Sono le 21:10 quando le luci si spengono e un maxischermo mostra tramite documentario gli inizi della band, quando era ancora un quartetto dal nome Force, con curiosi filmati d’epoca abbinati ad odierni commenti dei cinque musicisti. Al momento dell’entrata nel gruppo, nel 1984, dei membri Haugland e Michaeli, tutto termina, il proiettore si alza ed il sipario si apre sulle note delle furiose ‘On Broken Wings’, ‘Seven Doors Hotel’ e ‘Rock The Night’. La gente è in visibilio, la band carica, Tempest corre da destra a sinistra e viceversa, continua a far roteare l’asta ed a far volare il microfono come di consueto, incitando più volte i presenti a collaborare, soprattutto sulla terza canzone, nel mezzo della quale avviene il solito botta e risposta cantato tra lui e il pubblico. ‘Start From The Dark’ “oscura” la setlist, ma è comunque ben supportata da tutti, mentre se da video ufficiale la nuova ‘Hold Your Head Up’ personalmente era sembrata una traccia senza infamia e senza lode, c’è da dire che dal vivo cattura maggiormente, soprattutto nelle serrate strofe. Prima dell’esecuzione di quest’ultima canzone, Tempest si concede qualche minuto per salutare i presenti e per decantare questo tour, al quale tiene molto per quello che in quarant’anni è stato fatto in nome della musica, ben sostenuto chiaramente dall’affetto dei fan. ‘Dreamer’, eseguita dal frontman con il solo supporto di Michaeli al piano, scalda i cuori (ci penserà ‘Carrie’ a scioglierli, quattro tracce dopo), ‘Girl From Lebanon’ ridona energia, che la travolgente ‘Stormwind’ chiude, assieme al primo set. Infatti, dopo questo brano ed un’ora abbondante di spettacolo, gli Europe (si) concedono una mezz’ora di pausa. Alla ripresa, il secondo set si apre con un interlude, ovvero un altro documentario che, questa volta, ripercorre gli eventi più recenti degli svedesi, dalla reunion fino al nuovo brano ‘Hold Your Head Up’. Al termine, il gruppo raggiunge nuovamente il palco, e la trascinante ‘Always The Pretender’ (personalmente, tra i pezzi post reunion più riusciti assieme a ‘Last Look At Eden’, che verrà eseguita cinque tracce più tardi) riporta chiunque all’ordine, anche chi era andato ai servizi o al bar. Il ritmo non cala con ‘Ninja’, ma lo fa subito dopo con ‘Prisoners In Paradise’, a detta di chi scrive il peggior brano eseguito della serata, fin troppo ribassato per consentire al cantante di eseguirlo secondo le sue odierne possibilità, senza l’occasione di provare un acuto, un accenno di gagliardia, una sfuriata improvvisa: decisione senza dubbio corretta, ma ciò che resta al termine è solo quella (maledetta) sensazione di un lineare compitino svolto, nulla più. Fortunatamente ‘Sign Of The Times’ prima, e la cover di David Bowie ‘Space Oddity’ poi, eseguita da Tempest e Norum con l’ausilio di due chitarre acustiche, seduti su degli sgabelli come fosse una strimpellata tra amici, ci fanno dimenticare il tutto. Ci avviciniamo alla fine dello show, e quindi a vecchie emozioni mai sopite, come ‘Open Your Heart’, ‘Ready Or Not’ e ‘Superstitious’ (nel mezzo della quale viene abbozzata ‘Here I Go Again’ dei Whitesnake: curioso siparietto dato che in platea sedeva Michele Luppi, il loro tastierista), inframezzate da ‘Memories’, all’interno della quale Levén interviene con un assolo di basso, l’ardente ‘More Than Meets The Eye’ ed un assolo di batteria di Haugland sulla base musicale dell’Overture di Guillaume Tell. La band saluta giusto per un momento, perchè è tempo del bis, del primo ed unico bis, quello che tutti aspettano, dal metallaro incallito alla mamma che da ragazza si era strappata i capelli per Tempest, al papà che questa sera ha portato con sé i figli, ricordando quando era lui ad avere la loro età, ed a sfrecciare in auto con ‘The Final Countdown’ che girava su audiocassetta nell’autoradio. Ci pensano i tom e la grancassa di Haugland ad introdurre ‘Cherokee’: è l’apoteosi. Se fino a prima le poltroncine erano davvero comode, qualcuno a malapena si alzava restando comunque sul posto, ed i più avventurosi erano stati ricacciati indietro dalla sicurezza, adesso come si fa a stare fermi? La gente si alza, raggiunge la prima fila a ridosso del golfo mistico, altri si posizionano ai lati del teatro, d’altronde ‘Cherokee’ non fa prigionieri, lo sa il frontman che più volte incita i presenti, lo sa Norum che dispensa note ed assoli precisi… Al termine, il teatro è nel buio più totale. Neanche il tempo di rifiatare, che la registrazione parte, ed il classico motivo dato dalle tastiere di Michaeli prende il largo. Quel motivo che, volenti o nolenti, avete canticchiato tutti, molti neanche sapendo chi fosse la band: in classe, a cena con gli amici, sotto la doccia, sovrappensiero al lavoro, in auto la notte prima degli esami con Nicolas Vaporidis… Il motivo procede, parte il conto alla rovescia, a tre secondi dal termine del quale Tempest urla “MILAAAAANOOO”, Haugland parte con il suo giro di tom e grancassa, e ‘The Final Countdown’ esplode in un salto collettivo fomentato dalla band stessa. Brani così dovrebbero essere eseguiti tre volte a sera, durano troppo poco da quanto coinvolgono, tanto che è difficile “trasportali” in un articolo come questo. La folla è scatenata, la band di più: Norum incita di continuo i presenti, Levén salta, Tempest scende per la seconda ed ultima volta nel golfo mistico, stringe mani, riceve abbracci nonchè un mazzo di fiori… Cos’altro si può aggiungere, quando si hanno gli occhi lucidi per quanto si sta osservando, inebriati da quel “qualcosa” che non si spiega a parole, ma che la musica sa regalare a chi ha ancora la volontà di riceverlo?!
Ventisei brani incluso un assolo di batteria, più di due ore di concerto, quarant’anni riassunti alla perfezione (con buona pace per chi pretendeva altri pezzi in scaletta, come ad esempio ‘Scream Of Anger’), un’energia prorompente e trascinante: dispiace solo per gli assenti. Per tutto il resto, semplicemente grazie Europe, “maybe we’ll meet again, somewhere, again”.
Setlist:
On Broken Wings
Seven Doors Hotel
Rock The Night
Start From The Dark
Walk The Earth
Hold Your Head Up
Dreamer
War Of Kings
Vasastan
Girl From Lebanon
Carrie
Stormwind
Always The Pretender
Ninja
Prisoners In Paradise
Sign Of The Times
Space Oddity
Last Look At Eden
Open Your Heart
Memories
More Than Meets The Eye
Drum Solo
Ready Or Not
Superstitious
Encore:
Cherokee
The Final Countdown
Foto Elisa Catozzi