The White Buffalo @ The Cage, Livorno, 19 maggio 2023
Il 22/05/2023, di Redazione.
Per la seconda data europea dello ‘Year of the Dark Horse Tour’, The White Buffalo sbarca a Livorno, ospite del The Cage Theater. La giornata è stata piovosa e fuori dai cancelli una folla ordinata resiste al vento inclemente, in trepidante attesa dello show del cantautore dell’Oregon. All’apertura la fila scorre veloce e con essa sfilano svariati gilet dei motorcycle club toscani, sicuramente fra i più affezionati fan dell’artista.
Il teatro è accogliente e lo staff puntuale, ore 21 si comincia.
Ad aprire le danze, come d’abitudine, i californiani L.A. Edwards, ormai da otto anni a seguito dei The White Buffalo che non mancano di ringraziare per il supporto e la possibilità offertagli di girare il mondo. Il quintetto è capitanato dal frontman Luke Andrew Edwards, alla voce e chitarra ritmica, e dai suoi fratelli Jay e Jerry, rispettivamente alla chitarra solista e alla batteria. Basso e tastiere completano la formazione, che si presenta al pubblico di Livorno con qualche parola in italiano, sempre apprezzata dagli spettatori, e una dissimulata timidezza, presto abbandonata. Le canzoni si susseguono a buon ritmo; il groove c’è e si sente dall’inizio, con la batteria che incalza ritmi rock e le chitarre dei fratelli Edwards che dialogano in sintonia. Nei beat sostenuti non mancano elementi di eccentricità come campanacci, doppio flauto e bottleneck e i più appassionati rispondono con sentimento anche alle due ballad proposte dalla band ‘Surrender’ e ‘Luoisiana’. Culmine dell’esibizione è il brano ‘Day I die’, dedicato alla madre del trio, dove si vede tra il pubblico persino scendere qualche lacrima. ‘The Lucky On’e regala ancora una gran dose di energia, spianando il terreno per il Bufalo Bianco.
Il cambio palco è forse l’unico neo della serata, la sosta non è breve ed il set di musiche che introducono gli headliner si ripete addirittura tre volte (un applauso al maestro Morricone per il tema di ‘C’era una volta il West’ sarebbe stato d’obbligo), ma la lunga attesa si fa subito dimenticare quando finalmente il terzetto dei The White Buffalo arriva sul palco.
La formazione è minimale, un semplicissimo trio, ma già dall’inizio i musicisti danno grande prova di sé. L’apertura è dedicata ai primi due pezzi del nuovo album, ‘Not Today’ e ‘Winter Act II’, che vedono la band introdurre elementi nuovi nel suo sound. Matt Lynott alla batteria, posizionata in prima fila, è potente come un cannone e preciso come un orologio svizzero, mentre Christopher Hoffee si alterna tra chitarra elettrica, basso, e tastiere dimostrando anche ai meno esperti le sue doti da polistrumentista. E poi lui, il cantautore, cantante e chitarrista Jake Smith, vero deus ex machina del progetto, che con la sua inconfondibile voce riscalda i cuori degli spettatori già dalle prime battute. Si prosegue con ‘One Lone Night’, e la platea esplode: la performance è dinamica e trascinante e il pubblico che canta e balla regala sicuramente una forte emozione. Ai più appassionati, poi, non è certo sfuggito che oggi è proprio il compleanno del cantautore, e per una volta è il pubblico che canta verso il palco: un Happy Birthday apprezzato da Smith con un filo di genuino imbarazzo. La scaletta continua con una direzione magistrale da parte della band, che trascina il pubblico tra ballate toccanti e ritmi frenetici, sempre cullati dalla voce profonda e graffiante del cantautore dell’Oregon. Menzione d’onore all’esecuzione di ‘Stunt Driver’, vecchio cavallo di battaglia della band, dove Lynott dà sfogo a mitragliate cadenzate e ritmi spezzati e il trio regala un’inaspettata e coinvolgente improvvisazione, giocando con il refrain finale e rimandando la chiusura del pezzo per la gioia dei fan.
Si alternano pezzi più frizzanti dal nuovo album ad energici e drammatici evergreen; su tutti ‘Oh, Darling What Have I Done’, brano dalle battute serrate e sicuramente fra i più apprezzati, che esalta il pubblico in un vortice di pura energia e ritmata disperazione. Finalmente arriva il momento più atteso dai bikers in sala con ‘Come Join The Murder’, il brano che ha consacrato al grande pubblico la musica di Smith: la canzone è accolta tra l’ovazione generale e tutti sembrano appagati dalla performance, vigorosa e appassionata. La scena si ripete con ‘The Whistler’, già invocata a gran voce dai più impazienti. Il finale del blocco regala ancora una volta il sentore dolce-amaro che caratterizza lo stile della band, con Hoffee che si dimostra padrone della chitarra quanto del basso e la personalità esuberante e travolgente di Smith che passa dal sussurrare note serene e distese al pestare la chitarra acustica fino a far saltare una corda proprio sull’ultima, drammatica e necessariamente devastante pennata.
L’encore si apre offrendo al pubblico un altro dei brani più attesi della serata ‘Wish It Was True’, eseguita voce e chitarra da Smith in duetto con il pubblico. Il trio dona un grande esempio di dinamica ed energia con ‘Damned’, prima di chiudere con la consueta ‘How The West Was Won’, pezzo folk tutto da ballare e che ci riporta nell’America a stelle, strisce e quadriglia tanto amata e tanto criticata nei testi della band. È l’epilogo perfetto per la serata, che lascia allo spettatore l’allegria e il calore di un ballo di mezza estate miste ad un senso di immediata nostalgia e di appagante catarsi.
Si accendono le luci, lo spettacolo è finito.
Foto e testo di Luigi Balzano