Overkill + Exhorder + Heathen + Keops @ Campus Industry Music, Parma, 21 aprile 2023
Il 09/05/2023, di Alex Ventriglia.
Il primo, grande “ponte” stagionale ha coinciso con il rientro, osannato, degli Overkill, tornati in pompa magna con un album semplicemente clamoroso come ‘Scorched’, e per tutta una serie di motivi abbondantemente elogiati già in sede di recensione; una rentrée che ha visto appunto la calata in Italia di Bobby ‘Blitz’ Ellsworth e compagni in uno tra i weekend più turbolenti si potessero immaginare, tra automobilisti in coda per le vacanze e una serie di incidenti in autostrada che, di fatto, hanno stroncato la percorribilità della via Emilia. Ma, per il metallo, si fa questo e altro, con chilometri bruciati e asfalto consumato, per noi inguaribili cultori dei concerti dal vivo questo non è mai stato un problema…
Un preambolo forse necessario anche per dire che, almeno per quanto mi riguarda, i croati Keops, il primo dei quattro gruppi chiamati all’appello al Campus Industry Music, non sono purtroppo riusciti a vederli, e, per come stavo messo in autostrada, debbo solo ringraziare già il fatto di esser potuto entrare allo scoccare delle ostilità perpetrate dagli Heathen, gruppo pioniere del thrash metal made in Bay Area e nell’ultimo lustro parecchio attivo in Europa, Italia compresa. Se la recente performance al Luppolo In Rock ha potuto rinfrescare la memoria e rassodare i muscoli, pronti allo slancio per del sano headbanging, lo show di Parma ha riportato in auge quell’assoluta capacità degli Heathen di spingersi sempre al limite, senza mai strabordare e mantenendo l’asticella sempre alta e principalmente salda, sull’onda d’urto innescata da brani senza tempo quali ‘Goblin’s Blade’, ‘Opiate Of The Masses’ ‘Hypnotized’ e la loro personale, divertentissima cover di ‘Set Me Free’ dei The Sweet, incastonati in una scaletta che ha comunque favorito l’ultimo album ‘Empire Of The Blind’ (tra i suoi estratti, l’incalzante mid-tempo ‘Sun In My Hand’ sul gradino più alto). L’ex Blind Illusion David White si è confermato il frontman perfetto nonché l’elemento distintivo, di una band storica e che resta una garanzia, per chi vuole del thrash metal californiano di altissimo livello, come è sempre stato nel caso della band di San Francisco, che abbiamo seguito con un occhio di particolare riguardo durante le sue evoluzioni, musicali e non.
Se degli Heathen sono un cultore di vecchia data, non posso ritenermi tale quando invece il discorso si sposta sugli Exhorder, violentissima band della Louisiana che all’epoca mi aveva forse impressionato più per il titolo e l’artwork del suo debut-album ‘Slaughter In The Vatican’ che non per lo stile, molto dinamico e virulento, con delle basi hardcore punk piuttosto nette, assolutamente non convenzionali per l’epoca. Era il 1990, se vogliamo una sorta di anno zero anche e soprattutto per il crossover, per tutto ciò che la contaminazione tra più stili musicali stava a significare, aprendo le porte a una rivoluzione che prese piede felicemente e che fece adepti anche tra coloro che maneggiavano suoni crudi e piuttosto estremi. Capitanati dal chitarrista e membro fondatore Kyle Thomas (uno che non si è mai tirato indietro se c’era da aizzare gli animi, fomentando quello spirito di rivalsa primario nella band di New Orleans), gli Exhorder hanno arroventato ancora di più la serata al Campus Industry, esplodendo la gioia di una platea che non aspettava altro che il massacro! Va inoltre sottolineato l’apporto fondamentale che, in veste di turnista, riesce a dare un chitarrista come Waldemar Sorychta, che alla data di Parma si è presentato con la gamba ingessata dopo essersela rotta soltanto due sere prima a Zurigo, conseguenza di un salto un po’ troppo brutale durante il concerto! Chi scrive, Waldemar lo conosce da una vita, dai tempi in cui eravamo di casa ad Hagen, popolosa città alle porte di Dortmund e presso la quale sorgono i Woodhouse Studios, regno incontrastato delle produzioni firmate Sorychta, e che nel mio caso riportano a galla ricordi legati ai Lacuna Coil, principalmente, ai Moonspell, ai Tiamat, a quando Johan Edlund abitava ancora in Vestfalia. L’ultima volta che c’eravamo beccati era stato a un concerto californiano dei Grip Inc. suonato in uno sperduto club di Anaheim, la bellezza di oltre vent’anni fa, ragion per cui rivedere in azione Waldemar sul palco del Campus Industry, tra l’altro coinvolto da una fremente cover di ‘Ostracized’ (tra i brani portanti del monumentale ‘Power Of Inner Strength’, album d’esordio dei Grip Inc.), mi ha fatto un piacere enorme, che ha reso ancora più speciale uno show abrasivo e rabbioso, il quale ha focalizzato una volta di più tutta la ferocia del celebrato disco d’esordio a firma Exhorder.
Qual era quello slogan sull’usato garantito in voga qualche anno fa e che pare non esser mai passato di moda, utile in certi contesti ma determinante quando si vuol forse descrivere l’imponderabile, anche se va detto che con certe band si va sempre e comunque sul sicuro, liscio come quando si accarezza il velluto, ma incontrando le “spigolature” giuste, quei “tagli” rapidi e inesorabili che classificano in anticipo la nobiltà del blasone. Questo sono gli Overkill, padroni incontrastati dell’affidabilità metal e sotto tutti i punti di vista, ora poi che sembrano aver ritrovato la quadra giusta anche compositivamente parlando, perché D.D. Verni e soci non sbagliano un album da almeno due lustri a questa parte, poco o nulla importa se adesso hanno sfornato un nuovissimo disco a dir poco micidiale, che li ha prepotentemente catapultati alla ribalta. Ed è stata appunto ‘Scorched’, la title-track, ad eruttare l’incorruttibile veemenza di cui il gruppo di Old Bridge è fiero rappresentante, sferzando immediatamente l’audience e annunciando la legge marziale, costi quel che costi… La parte iniziale dello show parmense è stata, a mio avviso, spettacolare sia per la scaletta – ‘Electric Rattlesnake’, ‘Hello From The Gutter’ e ‘Powersurge’, in rapidissima battuta, poi la fresca ‘Wicked Place’, e nuovamente giù a rotta di collo grazie a ‘Coma’ e ‘Horrorscope’, giusto per chiamare in causa uno degli album più amati a queste latitudini e non solo – che per una formazione apparsa in forma smagliante e che ha quasi preferito azzannare subito la preda, lasciandola poi agonizzante, prima del colpo di grazia finale, affidato al trittico ‘Overkill’, ‘Rotten To The Core’ e all’immortale cover dei The Subhumans, ‘Fuck You’. Un ammonimento, uno slogan, una dichiarazione d’intenti, chiamatelo come cazzo volete, ma che racchiude tutto l’universo marchiato Overkill, quello che mai abbiam smesso di amare in questi loro quarant’anni e passa di carriera…
Noblesse oblige.