Deserfest @ De Vooruit, Gent, 30 ottobre 2022
Il 05/11/2022, di Federica Sarra.
Il tanto atteso, nuovo capitolo dell’avvincente saga Desertfest.
Questa volta siamo a Gent, Ghent in inglese o Gand in francese per intenderci. Il festival si svolge in una location spaventosamente bella, tanto quanto la quantità di scale da fare per spostarsi da una sala all’altra. Le tre sale dislocate in un’imponente struttura, vedono protagonisti d’eccezione come ad esempio i Coven nel Canyon Stage o gli Irist nel Vulture Stage.
Cercare di assistere a più esibizioni diventa una vera e propria prova di resistenza fisica e man mano che, nel corso della serata, il tasso alcolemico sale sembra di assistere a ‘Giochi Senza Frontiere’, con svariate persone che “incespicano” sui gradini.
Ma chiunque lì versa nelle medesime condizioni, per cui ci si supporta psicologicamente a vicenda quando dal main stage, Desert Stage, ti ritrovi a dover fare quattro o forse cinque piani di scale per tornare al piano terra, per poi cercare le altre scale che ti conducono nei vari stage. Ancora non mi è ben chiaro come, insieme agli Elder, siamo riusciti ad arrivare al Canyon Stage giusto in tempo per assistere allo show dei Coven.
“Non puoi non menzionare le scale!” mi è stato fatto poi notare da Nick e Michael.
L’atmosfera è delle più rilassate, ogni angolo del Vooruit è organizzato come un ingranaggio ben oliato.
Io l’unica italiana presente, testimone di un festival praticamente perfetto sotto ogni aspetto.
Il mio focus della giornata è stato il Desert Stage con qualche incursione qua e là.
Alle 16.15 spaccate, ai blocchi di partenza ci sono i Pallbearer, band americana che raccoglie le sonorità Doom e le restistuisce all’ascoltare con screziature Stoner. Rispetto ad altre occasioni, li ho trovati un po’ fiacchi e non ho visto il pubblico presente troppo concentrato sulla loro esibizione. Per dovere di cronaca devo dire che la band veniva da un lungo ed estenuante tour europeo. Mi guardo intorno ed inizio a scorgere un discreto numero di persone con le t-shirt dei Monolord. Ecco chi stiamo aspettando tutti e dal numero sempre maggiore di t-shirt in giro, l’arrivo della band è ormai prossimo.
Il trio svedese capitanato da Thomas Jäger, è uno dei capisaldi della scena Doom/Sludge e in fase live, la potenza dei riff massicci e “super fat” è travolgente. Stravolgente invece è l’intero show dei Monolord, dalla prima all’ultima nota. Dopo l’esibizione dei Monolord, io come altri, usciamo per prendere una boccata d’aria e “riprenderci” da questo macigno sonoro che ci ha appena travolto come una slavina.
E siamo solo nel tardo pomeriggio, sono circa le 18.30 quando i Monolord lasciano il palco e salutano un pubblico entusiasta e gasatissimo. La serata è ancora molto, molto lunga…
Gli Elder, ecco una di quelle band che vedrei dal vivo una volta a settimana con cadenza regolare, senza mai annoiarmi. Cosa che avranno pensato in molti fra i presenti che erano anche al Desertfest di Anversa, svoltosi il weekend precedente, dove fra i protagonisti, c’era il nostro quartetto statunitense preferito.
A dimostrazione del fatto che non importa se li hai visti 10 giorni fa, un boato accoglie il gruppo all’ingresso sul palco. E’ l’ora dell’estasi collettiva, tutti gli sguardi sono concentrati sulle intricate trame degli Elder. Il Desert stage è strapieno in quel momento, ad assistere ad uno show impeccabile, preciso, denso. Il pubblico fa sentire la sua presenza e la sua piena approvazione. A mio avviso, il best live act della serata, che lascia i presenti stregati ed estremamente soddisfatti.
Lo show termina fra scrosci di applausi alle 20.10 ed è ora di mangiare qualcosa, via di nuovo con le solite quattro o cinque rampe.
Dopo un’intensa introspezione, è il momento perfetto per un live act d’azione, quello degli Orange Goblin. Il mood generale grida a gran voce che è ora di festeggiare e alla grande. Il connubio fra attitudine e qualità della performance è perfetto, quel brivido primordiale del Rock’n Roll prospera sul pubblico. Un gran concerto, se fosse il caso di specificarlo, che concentra una bella fetta del loro impressionante catalogo. Nel corso degli anni gli Orange Goblin sono diventati maestri in quello che fanno, possono riempire una sala in qualsiasi città del mondo e far scatenare il pubblico. La capacità di resistenza che la band ha dimostrato, attraverso prove e tribolazioni varie è ammirevole. Dopo tutti questi anni stasera hanno dimostrato, ancora una volta, che gli Orange Fucking Goblin Baby sono dei veri leader!
I Candlemass non hanno bisogno di presentazioni, sono leggende viventi del Doom Made in Sweden. Anche se vi sarà capitato di vederli spesso dal vivo, c’è sempre un qualcosa di intrigante nei loro live, la voce di Längqvist è come una luce nell’oscurità e ogni performance riesce a tenere alta l’adrenalina dell’audience con i loro inni Doom. È difficile individuare il climax di uno spettacolo così intenso. Mentre risuonano nell’aria le ultime note della serata -‘Solitude’ a sigillare un altro riuscitissimo Desertfest- ti guardi intorno e ti rendi conto che per le generazioni più giovani, questa band rappresenta una finestra sul passato ancora perfettamente in grado di dire la sua.
Foto: Ann Kermans