The Black Crowes + DeWolff @ Alcatraz – Milano, 13 ottobre 2022
Il 25/10/2022, di Alex Ventriglia.
La notizia della reunion dei Black Crowes fu una delle pochissime note liete arrivate in questi anni di pandemia, il periodo esatto sinceramente non lo ricordo, ma tra un “lockdown” e l’altro si sognava già su quando i tempi fossero stati maturi, per rivedere “back in action” Chris e Rich Robinson, “fratelli coltelli” che con le loro bizze hanno spesso e volentieri condizionato vita e fortune dei Black Crowes. Fatto sta che, annunciata al Forum di Assago a Novembre 2021, la band ha dovuto far slittare la sua unica data pianificata in Italia per il perdurare dell’emergenza sanitaria, data finalmente recuperata sempre a Milano, ma a favore dell’Alcatraz, locale che si è presentato ultra gremito sin dalle prime battute, quando in campo sono scesi i supporter DeWolff.
DeWolff che, zitti zitti, quatti quatti, seppur partiti dalle retrovie han comunque saputo ritagliarsi uno spazio importante in un contesto non facilissimo per un gruppo di apertura, ma il three-piece olandese formato dai fratelli Pablo e Luka van de Poel, rispettivamente chitarra e batteria, e da Robin Piso, tastierista con la predilezione per l’Hammond, non è affatto sprovveduto, anzi, e le sue carte migliori le ha giocate tutte, conquistando buona parte dell’affollata platea dell’Alcatraz. Merito soprattutto dello scatenato Pablo, chitarrista notevolissimo e frontman dallo spiccato imprinting Seventies, che non sta fermo un secondo e che gli piace “torchiare” ben benino la propria audience, a capo di una band che, nelle sue fiammate migliori, ricorda i Cream, ma che giocano a briscola con i Creedence Clearwater Revival. E l’imminente nuovo full length, ‘Love, Death & In Between’ su Mascot Records, lo spiegherà ancora meglio… In sostanza, intervallando schiamazzi bluesy come ‘Made It To 27’ e sinuosità tipo la primordiale ‘Sugar Moon’, oppure la solare ‘Double Crossing Man’, semplice pronosticare poi da che parte pende il fatidico ago della bilancia, per una band bravissima, che ha pieno possesso del suo futuro.
Se gli olandesi si sono rivelati outsider efficacissimi, i Black Crowes da Atlanta, Georgia, sono stati invece la conferma netta, di una band che, più trent’anni fa, portò alla ribalta un “vintage sound” che oggi va tantissimo di moda, ma che a suo tempo, quando il gruppo guidato da Chris e Rich Robinson andava in tournée con Metallica e Queensryche girando per i più celebri Monsters Of Rock dell’epoca, non era così consueto, e questo nonostante il successo milionario di ‘Shake Your Money Maker’, debut-album di cui oggi si festeggia il trentennale e se ne celebrano le gesta. Di fronte a un Alcatraz letteralmente murato di gente, la band, praticamente rinnovata del tutto ad eccezione dei due fratelli Robinson e del bassista Sven Pipien, ha reso la serata speciale, indimenticabile per tutti coloro che dei Black Crowes hanno ammirato sia l’impeto southern rock che quel flavour bluegrass tanto scolpito nel loro sound, entrando quasi a vele spiegate sulle note dell’intro ‘Sex Machine’ di James Brown, e picchiare nel vivo con un’accoppiata del calibro di ‘Twice As Hard’ e ‘Jealous Again’, roba che il respiro lo tronca subito! La formazione originaria della Georgia, perentoria e ruvida nei suoi istinti primari, sa però dosare bene, e la scaletta di quell’album ormai storico lo ricorda e lo sottoscrive, dato che è stata la volta della meravigliosa ‘Sister Luck’ ad accarezzare l’anima, soggiogandola… ‘Could I’ve Been So Blind’ e ‘Seeing Things’ (da brividi!), prima della cover di Otis Redding ‘Hard To Handle’ e di una quasi febbrile ‘Thick N’Thin’ che personalmente mi ha trascinato indietro negli anni, il tutto maneggiato con classe assoluta da musicisti di prim’ordine, con in testa i fratelli Robinson finalmente ritrovatisi, dopo anni di liti e dissidi personali che non hanno fatto bene a nessuno. I quali, con passione e distacco, hanno segnato un concerto a dir poco spettacolare, capace alla stretta finale di regalare altre scintillanti gemme, tipo ‘Oh! Sweet Nuthin’, cover dei Velvet Underground cantata magistralmente da Rich Robinson, e l’estemporanea ‘Wiser Time’, singolo e traccia simbolo di ‘Amorica’, forse l’ultimo dei grandi capolavori griffati Black Crowes. Black Crowes che hanno salutato un Alcatraz completamente in soggezione ringraziandolo con una versione tosta e robusta di ‘Remedy’, canzone stupenda ed emblematica, di quello che era la formazione di Atlanta e di tutte le sue future potenzialità.
Dal Mississippi ai Navigli, in una serata come questa, le distanze non sono sembrate così incolmabili, anzi…