Michael Schenker Group + Everdawn @ Largo Venue, Roma, 15 maggio 2022
Il 22/05/2022, di Alex Ventriglia.
Le premesse per una grandissima serata a base di hard rock di qualità sopraffina c’erano tutte, Michael Schenker era annunciato in forma smagliante, e anche a livello compositivo si sta facendo ben valere (occhio alla pubblicazione dell’ormai imminente nuovo full length album, ‘Universal’), merito anche di una strategia rodata e dalle intuizioni brillanti, ma il biondo chitarrista originario di Sarstedt è andato incredibilmente oltre, regalando a tutti noi presenti ben due ore cariche di stupore e di rock’n’roll suonato con passione e determinazione, come non ne ascoltavamo da tempo. Lo show romano tenuto nel bellissimo Largo Venue di via Michelotti aveva anche l’importanza forse simbolica di chiudere la tranche europea del tour, il Michael Schenker’s 50th Anniversary – ‘Universal’ World Tour che, oltre a prendersi adesso momentaneamente una pausa in attesa di ripartire per la stagione estiva dei festival, con in testa gli enormi Hellfest e Graspop, poteva contare su un gruppo di supporto, i progressive symphonic metallers Everdawn, band canadese-statunitense guidata da Alina Gavrilenko, soprano notevole e dalla bellezza giunonica, determinata quanto basta per provare a sferzare un gruppo che, purtroppo, fin dalle prime battute è apparso come il classico pesce fuor d’acqua. Bravi e volenterosi, questo va sottolineato, solo che era la serata di Michael Schenker, con tutto il suo carico di suggestioni storiche, e sonorità che richiamavano gruppi come Epica o Nightwish prima maniera sinceramente non c’entravano un fico secco, ragion per cui auguriamo certo agli Everdawn le migliori fortune, ma soprattutto palcoscenici più consoni alla loro proposta stilistica.
Fatto sta che, non appena sono partite le note dell’opener strumentale ‘Ascension’, immediatamente assoggettata a una storica ‘Cry For The Nations’ al calor bianco, abbiamo compreso che ci attendeva una serata indimenticabile, di quelle da tramandare ai posteri, merito di un Michael Schenker coinvolto e coinvolgente come io personalmente non lo vedevo da anni e di una formazione gagliarda e tosta e in grado di dare la paga a chiunque, con una menzione particolare per Steve Mann (chitarrista e tastierista, ex Sweet, Eloy, Tytan e Lionheart), ma soprattutto applausi da spellarsi le mani per un frontman che di nome fa Robin McAuley, autentico valore aggiunto, il famigerato asso nella manica che ha definitivamente fatto saltare il banco. Storico alter ego di Michael a cavallo dei celeberrimi Anni Novanta e ora suo collaboratore saltuario, il singer irlandese se n’è fregato delle sue ormai settanta primavere e ci ha dato dentro a più non posso, alzando la classica asticella e quasi costringendo il gruppo a gettare il cuore oltre l’ostacolo, pur di non deludere nessuna più ardua aspettativa, né di lasciar scontento un fan che fosse uno. Per buona pace di Ronnie Romero che, di fatto, gli ha lasciato il testimone per questa prima porzione europea appunto per via dei suoi impegni all’Eurovision di Torino, dove ha partecipato come cantante dell’Intelligent Music Project, band in rappresentanza della Bulgaria, il quale credo non potrà non lodare la grande classe e l’assoluta naturalezza con le quali Robin ha potuto infarcire le sue performance. Cappello d’ordinanza, l’inseparabile Flying V, magrissimo ma super tonico, Michael Schenker ha dunque esploso uno dietro l’altro tutti i suoi inossidabili classici, intervallandoli con i migliori brani di recente produzione, bellissime infatti le esecuzioni di ‘Sleeping With The Lights On’, ‘Warrior’, ‘Sail The Darkness’ e ‘After The Rain’, mirabilmente incastonate tra evergreen senza tempo del calibro di ‘Doctor Doctor’ e ‘Lights Out’ (d’accordo, sono canzoni marchiate UFO, ma è comunque tutta farina del sacco di Michael, e sarà sempre così…), ‘Into The Arena’ e ‘Armed And Ready’, più sorprese insperate tipo ‘Looking For Love’ e ‘Red Sky’, quasi spianando la strada per ‘Emergency’ e ‘A King Has Gone’, brani portanti dell’imminentissimo album, ‘Universal’ su Atomic Fire Records. Per svelare poi la strabiliante prova del five-piece su ‘In Search Of The Peace Of Mind’, gemma meravigliosa che impreziosiva ‘Lonesome Crow’, album d’esordio degli Scorpions che proprio quest’anno festeggia il cinquantennale e che per primo rivelò le doti artistiche di Michael, forse ancora acerbo come chitarrista, ma comunque già in grado di fare la differenza. Il quale, ancora non pago di una performance direi eccezionale, la rende infine memorabile se non perfetta sciorinando ben sei cavalli di battaglia appartenenti alla scuderia UFO, da ‘Rock Bottom’ e ‘Shoot Shoot’, a ‘Let It Roll’ e ‘Natural Thing’, da ‘Too Hot To Handle’, fino alla conclusiva ‘Only You Can Rock Me’, come dire: la storia dell’hard rock mondiale passa obbligatoriamente di qui, da quella mitologica navicella spaziale che ormai mezzo secolo fa solcava i cieli della Gran Bretagna… Uno show semplicemente straordinario, in grado di impossessarsi già del podio dei migliori dell’anno, chi lo nega è un povero stolto incapace di riconoscere la grandezza di Michael Schenker, specialmente, e di un cantante di grande intensità qual è Robin McAuley.