Marduk + Valkyrja + Doodswens @Traffic Club (Roma), 13 novembre 2021
Il 18/11/2021, di Maurizio Buccella.
I trentennali hanno sempre un retrogusto triste. Ti ricordi l’esordio di quella band come fosse uscito ieri, poi di punto in bianco ti ritrovi al live celebrativo dei trent’anni di carriera. Vedi i tuoi eroi imbolsiti e spelacchiati, dopodiché ti accorgi che sei imbolsito e spelacchiato anche tu. Diciamolo, è più di un retrogusto.
Malgrado le premesse, niente di tutto ciò si respirava al Traffic Club ieri sera. Al contrario, fin da fuori i cancelli (le procedure per l’ingresso si snodavano in tre step: green pass, compilazione tessere, biglietti) l’aria vibrava di elettricità sacrale, in parte complice il cielo color ardesia carico di promesse di pioggia.
Alle otto ancora poche persone, per lo più concentrate tra l’area del merch e il bancone del bar nel solito rimbalzo di birre e magliette. Persino i parcheggi non sono ancora un’impresa epica. A giudicare dall’esiguo via vai all’interno non si direbbe che di lì ad un paio d’ore una bestia mitica del black avrebbe preso forma sul palco. Ciononostante, alle venti in punto, le luci si spengono lasciando solo l’illuminazione di scena…
Gravestone
Per coloro che bazzicano il circuito dei concerti romani da oltre vent’anni è risaputo che la puntualità è più di una chimera, un oggetto fantasmatico che, se esiste, al massimo vive in luoghi esotici come locali e arene da Milano in su. Per questo, quando i Gravestone aprono le danze alle otto in punto, mi sento cogliere in contropiede, al banco, con la prima birra appena spillata nel solito bicchiere di plastica che minaccia di spremere tutto il contenuto sulla tua maglietta preferita ai primi accenni di pogo.
Lo storico gruppo romano, reduce dall’esordio in full-length dopo oltre vent’anni di attività, appaiono nel pieno del loro potenziale, a dimostrazione della coesione raggiunta a seguito dei numerosi cambi di line up. Esordio live per Simona Guerrini al microfono, già apprezzata nel debut ‘Ars Arcana’, in sostituzione di Daniele Biagiotti. Malgrado il breve spazio concesso dalla programmazione i nostri si danno da fare per scaldare l’atmosfera col loro consueto mix di chitarre melodeath intrecciate agli inserti tastieristi di Massimiliano Buffolino, che rimandano ai mostri sacri delle colonne sonore horror anni ’70/’80. Chiude l’esibizione ‘Madres’ dall’EP ‘Proud To Be Dead’ del 2017.
Doodswens
Con gli olandesi Doodswens si entra in pieno territorio black. Luci spente. Un’alta marea di vapori lattiginosi in breve inghiotte il palco come una patina di gesso su una lavagna nera, cancellando la visuale all’infuori di un terzetto di sagome opache con facce spettrali.
Quando le due chitarre spalancano le fauci un vortice siderale di vibrazioni nerissime si riversa giù dagli spalti, che nel frattempo si sono ripopolati di ombre, attirati come mosche dal marciume sonoro vomitato dalle casse, ben udibile già da fuori. Un black grezzo, puro, ortodosso, con sporadici sprazzi blackgaze. Il tutto sostenuto dal drumming ipnotico della bravissima Inge Van Der Zon.
Come già in occasione delle date precedenti l’assenza della cantante chitarrista Fraukje Van Burg, rimpiazzata con una formula di due chitarre/voci, al massimo può pesare per coloro che hanno potuto apprezzare lo screaming lacerante della vocalist originale, senza tuttavia nulla togliere alla potenza complessiva dell’esibizione. Buona parte dei brani sarà presente nell’imminente debutto ‘Lichtvrees’ in uscita il mese prossimo per Svart Records. Intanto ho già segnato un appunto in cima alla letterina per Babbo Natale.
Setlist:
IJsheiligen
In mijn bloed
Lichtvrees
Het Zwartewaterland
I
III
IV
Valkyrja
Il tempo di una sigaretta, consumata a mezzi con un vento sempre più cattivo, che già si riparte con i Valkyrja. Non sono molti i gruppi in grado di aprire ai Marduk senza suonare come una manciata di petardi prima di una detonazione nucleare, ma la band di Stoccolma si mostra più che degna dell’arduo compito.
A dispetto del monicker i quattro svedesi non lasciano spazio a disgressioni folk di matrice pagana tantomeno a cavalcate pseudosinfoniche, al contrario il loro black trasuda quella ferocia senza compromessi che sembra raccogliere in sé tutto il gelo atavico del nord assieme al calore parossistico delle fiamme infernali. Le chitarre tracciano solchi epici, subito cauterizzati da ritmiche incandescenti. La voce di Simon Wizen ricorda Nergal nella fase più ibrida dei Behemoth. La setlist ripercorre i quattro capitoli della loro discografia, con maggiore preponderanza di brani tratti dal loro ultimo ‘Throne Ablaze’. Un’ora scarsa per una lezione di violenza che non si lascia scavalcare dalla frenesia di veder cedere il palco agli headliners che tutti aspettiamo con eretico fervore.
Setlist:
Intro
Crowned Serpent
Opposer of Light
Catharsis (Contaminate the Earth)
Madness Redeemer
Eulogy (Poisoned, Ill and Wounded)
The Womb of Disease
Frostland
Oceans to Dust
Throne Ablaze
Marduk
Quando i Valkyrja si ritirano nel backstage il torrente di corpi si è già riversato all’interno, in una sciamante combinazione chimica in cerca dell’assetto definitivo delle frange militari prima della carica. Un breve soundcheck precede la moria delle luci di scena. Il buio cala su una distesa di teste irrequiete, che si agitano al di sopra di una massa compatta di muscoli tesi e magliette sudate. Lingue di fumo si srotolano sul palco man mano che il combo svedese prende posizione nelle rispettive postazioni. Per ultimo Daniel Rosten, in arte Mortuus, si piazza tra Morgan e Lindholm, col viso dipinto di sfumature sanguigne sotto i fasci di luci rosse.
Il primo brano, Werwolf, opener dell’ultimo full-length ‘Viktoria’ del 2018, piove sulla platea come una pioggia di bossoli in una sentenza senza appello. Al centro della calca già iniziano a cadere le prime vittime del pogo, tra chiazze appiccicose di birra e bicchieri accartocciati.
L’acustica della sala spara in primo piano le ritmiche ipercinetiche di Simon Schilling. Le pelli tremano sotto l’assedio costante del blast caratteristico della band di Norrkoping. Nelle immediate vicinanze del palco frammenti volanti del riffing s’incastrano nei padiglioni auricolari come schegge di vetro nei timpani. Rosten mastica le strofe con la grazia di un lupo alle prese un grappolo di viscere calde tra le fauci. Forse negli ultimi anni la sua figura si è appesantita, ma la presenza scenica è totalizzante. Le corde vocali vibrano in sinfonie lacerate. Il vocalist, che da oltre quindici anni ha preso il posto di Legion dietro al microfono, si conferma in ottima forma, senza cedimenti per i novanta minuti totali dello show. La scaletta ripercorre con leggera prevalenza la produzione dell’era post Legion, senza dimenticare perle arcaiche dei primi lavori. Di sicuro, una netta preponderanza di brani veloci, con pochi mid tempos (su tutti, ‘Those Of The Unlight’ e ‘Bleached Bones’). Niente da Rlom 5:12, con sommo dispiacere del sottoscritto (Ho conosciuto i Marduk quando pubblicarono Panzer Division Marduk ma è con Rom che sono diventati per me un culto). Chiudono con ‘Slay The Nazarene’ e ‘Panzer Division Marduk’, quando l’atmosfera all’interno è così surriscaldata da riuscire irrespirabile al punto che qui e lì le persona iniziano ad uscire boccheggiando in astinenza da ossigeno. La sala è gremita fino allo stremo, il calore dei corpi satura l’aria, al che nell’ultima mezzora ad intervalli regolari si vede aprire la porta del backstage per far arieggiare. Quelli che sono rimasti a pogare si muovono sempre più a rallentatore come pezzi di carne incastrati in un frullatore rotto.
Mezzanotte passata. La cerimonia è conclusa. Un dio della guerra si ritira tra i vapori post bellici con la stessa fluida solennità con cui si è palesato tra i mortali. Fuori il freddo inizia a mordere volti fradici di sudore e vestiti incollati ai corpi contusi.
Setlist:
Werwolf
The Hangman Of Prague
Seven Angels, Seven Trumpets
Those Of The Unlight
Frontschwein
Materialized In Stone
Beyond The Grace of God
The Funeral Seemed To Be Endless
Warschau III: Necropolis
Viktoria
Bleached Bones
The Sun Has Failed
World Funeral
Wolves
Slay The Nazarene
Panzer Division Marduk
FOTO DI SALVATORE MARANDO