Celtica @Bosco del Peuterey – Courmayeur (AO), 4-7 luglio 2019
Il 25/07/2019, di Fabio Magliano.
«Celtica inizialmente avrebbe dovuto chiamarsi “Le Radici della Terra”, con l’intenzione di aprirsi alle tradizioni, ai miti e alle culture di tutti i popoli. Gli Aainjaa, con i loro ritmi tribali, si sono armonizzati alla perfezione con la grande famiglia di Celtica, dimostrando una volta di più, se mai ce ne fosse stato bisogno, che non esistono barriere tra le genti e che la musica, risvegliando le emozioni primordiali dentro ognuno di noi, arriva a essere il più grande catalizzatore di menti e cuori».
Così si è espresso Riccardo Taraglio, storico ideatore della festa di musica, arte e cultura celtica più alta d’Europa, al momento degli emozionanti saluti attorno al menhir. Radici che sono state il tema del celebre festival che ogni anno chiama in Val Veny migliaia di appassionati (si parla di 15’000 presenze totali nei quattro giorni, delle quali circa 12’000 solo nel Bosco del Peuterey), spettatori ma allo stesso tempo protagonisti di un festival unico nel suo genere.
Perché solo chi varca il ponte del Purtud può comprendere a pieno la magia di un evento capace di sorprendere sempre, sia chi di Celtica è un assiduo frequentatore, sia di chi si approccia per la prima volta a questa quattro giorni di incontri, conferenze, balli, giochi e musica. Un festival che ti consente di andare a fondo, come una radice, appunto, arrivando sino all’essenza delle cose, fondendoti con la natura, assaporando la musica in ogni sua declinazione, riscoprendo quei rapporti umani che nella frenesia della quotidianità spesso vengono trascurati. “Non ci sono estranei qui, solo amici che non abbiamo ancora incontrato” è il mantra che accompagna da anni Celtica, e così è, perché è un nulla trovarsi a socializzare attorno ad un fuoco, condividendo una bottiglia di idromele o lanciandosi in un ballo sfrenato ai piedi del palco nel cuore del bosco.
Celtica è una sorpresa, per il novizio, che da lì non potrà più farne a meno, e per l’habitué che ogni anno viene a contatto con realtà musicali sempre di altissimo livello e che difficilmente emergerebbero nei canonici circuiti. Clou è stato rappresentato dai colombiani Aainjaa, quindici percussionisti capaci di catturare con il loro sound tribale, tra coreografie infernali, ritmi indiavolati e riti sciamanici capaci di trasportare il festival in una dimensione tutta nuova. Ma Celtica è stato anche il folk rock dei Folk Notes e dei Uncle Bard & The Dirty Bastards, le cornamuse della Piping Orchestra, i balli tradizionali dei Gens D’Ys, e le sempre affascinanti arpe di Katia Zunino e di Vincenzo Zitello, che ha ammaliato il pubblico con i brani estratti dal suo nuovo lavoro ‘Anima Mundi’, un concept album dedicato ai tarocchi. Tutti musicisti chiamati, nella notte di sabato, a salire sul palco per dare vita al tradizionale ‘Greenlands’, l’inno delle Nazioni Celtiche diretto da Erika Iamonte capace ancora una volta di emozionare grazie al suo inarrestabile crescendo.
Ma Celtica è molto di più di un semplice festival musicale. Celtica è la tradizionale escursione del venerdì al Lago del Miage dove circa 450 partecipanti hanno ascoltato le narrazioni di Riccardo Taraglio, insieme a Laura Plati anima e mente della kermesse, accompagnate dalle note riflessive dell’arpa di Vincenzo Zitello, è la sempre affascinante cerimonia di Accensione del Grande Fuoco Druidico seguito dalla Veillà Celtique con musica fino a tarda notte, sono i divertenti Fianna Games, che hanno visto confrontarsi amichevolmente in prove di forza, rapidità e scaltrezza una trentina di squadre, con premi in monili ai più meritevoli, ma soprattutto sono le decine di attività collaterali, dai workshop di danza irlandese, alle ricostruzioni storiche, ai giochi per bambini e al mercatino artigianale. E se tutto questo non bastasse, nei campi storici è stato possibile compiere un viaggio a ritroso nel tempo, tra guerrieri che erudiscono al lancio dell’ascia e al tiro con l’arco, credibilissimi druidi, sapienti artigiani che diffondono la loro arte e “chef” d’altri tempi pronti a accudire il maialino allo spiedo in vista del desco serale.