Def Leppard + Whitesnake @Mediolanum Forum (MI), 19 giugno 2019
Il 01/07/2019, di Roberto Villani.
Notizia entusiasmante dello scorso autunno 2018 è stata certamente quella del comunicato stampa che riportava l’annuncio di questo tour, un’accoppiata che tutti gli amanti del rock non potevano lasciarsi scappare: Whitesnake + Def Leppard, con questi ultimi assenti dai palchi italiani da oltre un decennio. E chissà quindi quando aver la fortuna di poterli ammirare di nuovo dal vivo, occasione ghiottissima tanto più che ad accompagnarli in questa unica data italiana niente di meno che i leggendari Whitesnake di Sua Maestà David Coverdale. 19 giugno 2019. Ed intanto che i mesi passavano la data sul calendario rimaneva sempre cerchiata in rosso, ogni appuntamento veniva posticipato o anticipato senza scalfire per un istante la certezza di poter partecipare ad un vero e proprio evento. Un pò come successe nel lontano 21 giugno 2011 quando all’arena fiera di Rho si materializzò un evento che dire spettacolare è un puro eufemismo: Thin Lizzy + Night Ranger + Foreigner + Journey. Ed è proprio con questi ultimi che lo scorso anno il gruppo di Joe Elliot e Phil Collen andò in giro in lungo ed in largo per gli Stati Uniti senza minimamente pensare di varcare l’oceano per omaggiare il tanto ed affezionato pubblico che qui in Europa li aspetta come la manna dal cielo, proprio loro europei originari di Sheffield (UK). Le premesse c’erano tutte e quanto è avvenuto sul palco questa sera ha assolutamente del magico. Ad iniziare le danze ci hanno pensato i più ‘navigati’, i Whitesnake che alle 20:00 si sono presentati sul palco più battaglieri che mai esibendosi subito nella classicissima ‘Bad Boys’ dal pluriplatinato ‘1987’, sentire cantare Coverdale “I am the black sheep of the family” fa venire la pelle d’oca nonostante sia chiaro fin da subito che la sua voce non è assolutamente all’altezza della situazione. Purtroppo non solamente le tonalità più alte ma anche le medie tonalità sono una fatica che ha accompagnato Coverdale per tutta la scaletta, a salvare la sua prestazione stasera è il suo grande carisma e lo strepitoso ‘mestiere’ che riesce a sfoggiare in qualsiasi situazione. Le sue movenze, il suo carattere, il suo saper portare per mano lo spettatore è qualcosa di unico che i più giovani frontman dovrebbero guardare con attenzione ed ammirazione. La formazione che Mr Coverdale ha portato con sé è veramente di prim’ordine: alle chitarre Reb Beach e Joel Hoekstra, alla batteria un altro mito come Tommy Aldridge mentre al basso Michael Devin così come il tanto acclamato Michele Luppi. La fortuna di Mr Coverdale è proprio la presenza sul palco di quest’ultimo che si è non solo occupato di essere un semplice backing vocals, ha coperto Mr Coverdale in ogni frangente in cui la sua voce non riusciva ad esprimersi al meglio, o in alcuni casi, ad uscire dalla sua ugola di antica gloria. I musicisti si sono mossi sempre benissimo, hanno fornito una prova strumentale di prim’ordine dimostrandosi in una forma smagliante, impressionante il drumming preciso ed energico di un signorotto di 69 anni, tale Tommy Aldridge che ha stupito tutti per la freschezza, la forza che ha messo in ogni singolo beat. Una sicurezza. La scaletta di questo concerto è un viaggio nel tempo, i primi tre brani sono ‘Slide It In’ e ‘Love Ain’t No Stranger’ tratti proprio da ‘Slide It In’ del lontano 1984: non male come inizio, giusto per far capire che qui non si scherza affatto. Ad eccezione per le sole ‘Hey You (You Make Me Rock)’ e ‘Shut Up And Kiss Me’ tratte dall’ultimo ‘Flesh And Blood’, i restanti brani sono tratti dalla parte migliore della loro discografia, ben cinque brani degli undici totali sono stati pescati dall’inossidabile ‘1987’. Acclamazione a furor di popolo ed entusiasmo alle stelle durante le esecuzioni di ‘Give Me All Your Love’ e ‘Here I Go Again’, potevi vedere negli occhi e nei volti delle persone intorno a te l’entusiasmo, la carica emotiva che ancora oggi questi brani suscitano nell’ascoltatore che, sotto sotto, sono venuti in gran parte proprio per poter ascoltare questa parte del loro repertorio. Scaletta infarcita di un duetto di chitarra che abbiamo trovato a dire la verità un pò noiosetto, la tecnica del duo Hoekstra/Beach non si mette certo in discussione per carità ma il risultato è un pò forzato ed artificioso mentre il drum solo di Aldridge si è dimostrato interessante anche quando ha suonato solamente con le mani come già fece il mai troppo compianto John Bonham nel solo di Moby Dick del 1970. A chiudere un’ora di concerto troviamo ‘Still Of The Night’ dal fascino immutato, peccato per il fatto che Coverdale non ne sia stato per niente all’altezza, afono anche nel parlare, figuriamoci nel cantare un tale brano proprio come chiusura dell’odierna scaletta. Ma il pubblico presente gli ha perdonato anche questo, è un autentico beniamino grazie alla sua carriera ed al suo indubbio ed innato carisma. Già durante il concerto degli Whitesnake la temperatura del forum ha dato qualche problema, ora che si avvicina lo show degli headliner la gente stipa in ogni posto il Forum di Assago alzando a dismisura la temperatura…preceduti da una voce registrata che annuncia l’arrivo del quintetto britannico (prima scandendo in inglese ‘meno quindici minuti allo show’ poi con un semplice ‘cinque minuti all’inizio dello show’) arrivano sul palco i tanto attesi Def Leppard: ad aprire le danza ‘Rocket’ tratto da ‘Hysteria’, la band fin dalle prime battute si dimostra in forma smagliante, anche le titubanze sulla voce di Joe Elliot vengono meno complice anche un notevole sustain e i cori che la band nel suo complesso si prodiga di eseguire, supportando così ogni possibile mancanza del non più giovanissimo Elliot. L’entusiasmo si fa sentire, la gente balla, canta, si muove al ritmo di questo brano di apertura così come per tutto il proseguo del concerto. Il mega schermo posto alle spalle della band ed i più piccoli schermi ai lati del palco trasmettono le immagini delle gesta dei nostri eroi ai quali fanno da contraltare alcune immagini e video scelti dalla band stessa per descrivere visivamente la musica che andavano di volta in volta a proporre. Con ‘Animal’ i ritmi si mantengono sempre altissimi condensando in un brano tutta l’energia che la band ed il pubblico presente si scambiano, i musicisti sul palco cambiano sempre posizione quasi ci fosse una regia occulta che li muove come tante pedine di un mosaico che fa parte di uno spettacolo che via via si fa sempre più interessante ed intenso. Tutto è studiato, nulla è lasciato al caso. Le chitarre di Vivian Campbell e Phil Collen sono precise, sciorinano riff che sono immortali fino a fare un ulteriore salto nel passato, precisamente nel 1981 con l’esecuzione di ‘Let It Go’ da ‘High ‘n’ Dry’ e seguita dalla più lenta e compassata ‘When Love And Hate Collide’ dal greatest hits ‘Vault’ del 1995 ma originariamente prevista (ma non inclusa) già per ‘Adrenalize’ del 1992. I suoni sono impeccabili, tutti gli strumenti si sentono indistintamente e chiaramente, segno di un lavoro enorme in fase di produzione anche se per una band del loro calibro abituata a riempire gli stadi statunitensi (e non solo) il fatto non stupisce, anzi conferma la loro notevole professionalità e rispetto per il pubblico che non perde un secondo ad acclamarli. La scaletta è emozionante ed incentrata per lo più sulla loro discografia più datata (e di maggiore successo) senza dimenticare singoli come ‘Two Steps Behind’ (dalla colonna sonora di ‘Last Action Hero’ del 1993) suonata in versione acustica dall’intera band e seguita dalla groovie ‘Man Enough’ tratta dall’ultimo omonimo studio album del 2015. Da quel momento in poi c’è stato un deciso cambio di passo, un volo pindarico come se si stesse ascoltando un loro greatest hits con le esecuzioni in ordine sparso di ‘Pour Some Sugar On Me’, ‘Love Bites’, ‘Bringing On The Heartbreak’, ‘Switch 625’ e l’immensa e immortale ‘Hysteria’ osannata da tutto il pubblico non appena Phil Collen ne ha intonato il riff iniziale, un vero e proprio tripudio. I giochi di luce sono stellari, le immagini a contorno dei singoli brani fanno viaggiare l’ascoltatore non solo dal punto di vista audio….in men che non si dica si arriva al fatidico momento dei bis al quale il quintetto britannico non si esime: ed ecco che ‘Rock Of Ages’ e ‘Photograph’ deflagrano in tutta la loro potenza, band e pubblico non si risparmiano nonostante dentro al forum la temperatura ha raggiunto ormai livelli di guardia. Alla fine di questo vero e proprio evento non ci resta che la bellissima immagine di un Rick Allen che suona tutta la sera con il sorriso stampato in faccia tipica di quei bimbi che si trovano al luna park che guardano meravigliati il mondo che lo circonda, un inno alla Vita. Joe Elliot non è stato superlativo ma è riuscito in maniera egregia a cantare esprimendo pathos, grinta nei momenti più heavy e la giusta delicatezza nelle ballad, sempre ispirato e ben coadiuvato dai backing chorus che i suoi colleghi hanno sciorinato con una facilità disarmante. Phil Collen è un animale da palco, il suo estro e la sua inventiva sono un pò sottovalutati ma insieme a Vivian Campbell formano un’eccezionale accoppiata, si compensano in maniera incredibile coadiuvati da un Rick Savage che con il suo basso pulsante dona quel groove senza il quale il classico sound dei Def Leppard non sarebbe lo stesso. Uno spettacolo stupendo che ci ricorderemo per tanto, tanto tempo…