The Dead Daisies @Phenomenon – Fontaneto d’Agogna (NO), 8 dicembre 2018
Il 10/12/2018, di Alice Ferrero.
Era il 2013 quando, un management americano, quasi per caso ci chiedeva se fossimo interessati a parlare di un presunto super gruppo a suo dire sulla rampa di lancio. Il fiore all’occhiello era tal Jon Stevens, cantante australiano con trascorsi in un’incarnazione degli INXS il quale, in compagnia del chitarrista David Lowy, aveva coinvolto una sfilza di musicisti di prim’ordine (all’epoca si parlava di Richard Fortus e Dizzy Reed, Frank Ferrer e Marco Medoza…) e si apprestava a promuovere il disco di debutto. La chiacchierata, allora, fu interessante, divertente, ma nulla che facesse pensare ad un florido futuro, almeno alla luce delle decine di all star band nate e sparite nel giro di un album. Ed invece oggi siamo ancora qui, cinque anni e cinque album (uno live) dopo, a parlare dei The Dead Daisies, e lo facciamo con la convinzione di trovarci davanti ad una delle migliori hard rock band in circolazione. Perchè negli anni la natura di “mega jam band” è andata via via esaurendosi, da queste latitudini sono passati decine di musicisti, del nucleo originale è rimasto solo David Lowy ma, attorno alla sua figura, si è solidificata una formazione clamorosa capace di riversare in ogni disco e soprattutto in ogni concerto tutta la sua esperienza, rivelandosi sulla lunga distanza un’autentica macchina da guerra. Riprova di quanto detto l’abbiamo avuta nella sera dell’8 dicembre quando al Phenomenon di Fontaneto d’Agogna i Daisies sono planati sul palco per mettere a ferro e fuoco il locale attraverso due ore e mezza di adrenalina pura. Perchè alle due ore di canonico show, è giusto unire la mezz’ora pomeridiana dedicata ad un esclusivo set acustico che ha donato ai pochi fortunati una ulteriore riprova del valore e, soprattutto, dell’umiltà dei musicisti coinvolti nel progetto. Quindi lo show serale, preceduto dal set dei piemontesi Tesla Shamans, bravissimi nell’intrattenere il pubblico con un hard rock moderno decisamente coinvolgente.
A dare fuoco alle polveri tocca ad una incendiaria versione di ‘Midnight Moses’ che subito mette in tavola le carte: gruppo quadrato e maledettamente preciso, attitudine paurosa, carisma a fiumi e una capacità di tenere il palco senza eguali. John Corabi sta vivendo una seconda giovinezza e non si risparmia nulla, nè a livello di interazione con il pubblico, nè a livello di prestazione vocale; il duo Aldrich/Lowy sforna riff a getto continuo, mentre Marco Mendoza è uno spettacolo nello spettacolo e Deen Castronovo rasenta la perfezione nel corso di tutto lo show.
Che prosegue a rotta di collo con le varie ‘Evil’, ‘Make Some Noise’, ‘Rise Up’ e quella ‘Resurrected’ preceduta da una velata frecciatina di Corabi verso coloro che lo davano per morto dopo la fallimentare esperienza con i Crue. Con ‘Set Me Free’ prende il via un suggestivo set acustico che vede anche l’esecuzione di ‘Maggie May’ di Rod Stewart e ‘Let It Be’ dei Beatles, un buon mezzo per rifiatare e riprendere poi la corsa con le irruente ‘Burn It Down’, ‘Leave Me Alone’, ‘Bitch’ dei Rolling Stones, ‘Long Way To Go’ sino a ‘Helter Skelter’ con la quale il gruppo si congeda dal pubblico, per poi tornare e donargli la splendida ‘Mexico’ e una clamorosa versione di ‘Highway Star’ ancora una volta con un Corabi sugli scudi. Una chiusura con il punto esclamativo per uno show che non ha fatto prigionieri.
L’hard rock incendiario di ‘Evil’ nel video che segue:
La splendida versione di ‘Highway Star’ nel video che segue: