Tesseract + Between The Buried And Me + Plini @Campus Industry – Parma, 24 novembre 2018
Il 26/11/2018, di Vincenzo Nicolello.
Il Campus Industry di Parma ha visto sabato scorso (24 novembre) il sold out con il concerto di tre realtà della musica progmetal, provenienti da 3 continenti diversi. In apertura l’australiano Plini, già considerato un virtuoso della chitarra con il suo progetto musicale , che pur essendo fondamentalmente solista, si avvale dal vivo di altri 3 eccellenti musicisti che lo coadiuvano nelle sue tessiture strumentali. Lui stesso scherza dicendo “Jazz?, Metal? Oh, whatever…”, non dando importanza al genere suonato: in effetti potremmo dire che, per usare un’etichetta, siamo proprio in un campo di “fusione” tra il jazz ed il metal, che a volte ricorda da vicino la Mahavishnu Orchestra di John McLaughlin, un altro virtuoso della chitarra, (ma senza l’influenze etniche indiane di quest’ultimo). L’improvvisazione e la precisione di esecuzione si alternano in un concerto che, seppure breve per ovvi motivi (è pur sempre un supporto ad altre due band), raccoglie una calorosa risposta da parte del pubblico presente.
A salire sul palco per secondi sono gli americani Between The Buried And Me, che partiti da radici metalcore/mathcore sono approdati ad un suono più contaminato e più prossimo al progressive: la tecnica di esecuzione la fa da padrona, ma rimane la carica degli esordi. Anche qua, a fare un paragone con i “tempi andati” potremmo citare i Gentle Giant per la capacità di mescolare ed dosare sapientemente i generi: così si passa dalla swingante ‘Voice Of Trespass’ che chiude l’esibizione, a momenti più elettronici ‘Dim Ignition’, alla colossale ed aggressiva ‘Sun Of Nothing’ tratta da ‘Colors’. La voce di Thomas Giles adesso risulta quasi più efficace nel cantato melodico che nel “growl” segno anche di un “progressivo” (perdonatemi il gioco di parole) spostamento verso altri orizzonti musicali.
Dopo un ultimo cambio palco tocca agli headliner della serata, gli inglesi Tesseract. La scaletta pesca equilibratamente dagli ultimi 3 album, (ignorando invece il primo ‘One’) ma recuperando i primi 3 “movimenti” dell’E.P. ‘Concealing Fate’. La cosa che risulta più evidente è una certa omogeneità di suoni e di atmosfere che, a nostro modo di vedere, finiscono per “appiattire” in certi momenti l’impatto dei brani, molto più melodici rispetto agli esordi. Comunque nulla da eccepire sulle capacità vocali di Daniel Tompkins o sulle chitarre del binomio Monteith/Kahney, mentre una menzione speciale va ovviamente alla sezione ritmica e soprattutto al basso di Amos Williams che ha un ruolo fondamentale nel dare un’impronta alla band.
Possiamo concludere dicendo che questo tour ha portato con successo in Italia 3 tra i migliori esponenti di questo panorama musicale, sempre in continua evoluzione, a conferma che il “progressive”, come giustamente direbbe “l’etichetta”, non è fatto solo di suoni stantii e musicisti di terza età!