Stratovarius + Tarja + Serpentyne @Alcatraz – Milano, 17 ottobre 2018
Il 18/10/2018, di Marco Giono.
Con un certo anticipo il vento del nord spira su una Milano che fatica comunque a risvegliarsi da una lunga estate torrida. Lo accogliamo con un certo entusiasmo e non potrebbe essere altrimenti, quando hai a che fare con due artisti che in modo dissimile hanno attraverso la storia del metal classico. Per farla breve, il locale Alcatraz di Milano, si appresta a ospitare tiene meno che Tarja Turunen e gli Stratovarius, a rappresentare in fondo la classicità metal finlandese. Due storie comunque diverse con qualche punto in comune a livello musicale. Tarja Soile Susanna Turunen-Cabuli è stata la voce dei Nightwish, impossibile dimenticarsene, ma di certo necessario oltre e così è stato. Tarja è riuscita a reinventarsi in una carriera solista con all’attivo diversi dischi, l’ultimo dei quali intitolato ‘The Shadow Self’ del 2016, a cui si sommano molteplici partecipazioni nei festival più importanti, tra cui il Wacken e l’Hellfest. L’attuale proposta musicale di Tarja è meno luccicante nei suoni e appariscente nelle melodie, ma fa leva su un metal sinfonico e più intimista rispetto a quanto fatto con i Nightwish. Ed in fondo la musica degli Stratovarius post Tolkki conserva un’anima intimista che tuttavia sia si traduce nelle solite melodie esplosive e trascinanti. Il loro power metal, con l’avvento del chitarrista Kupiainen, è stato rimodulato con influenze contemporanee ed un tocco jazzy, pur tuttavia mantenendo i propri tratti distintivi. L’ultima pubblicazione del gruppo capitanato dal buon Kotipelto è una raccolta di rarità e inediti intitolata ‘Intermission II’. In realtà i tre inediti sono brani tra il buono e il discreto, potrebbero essere dei residui del loro ottimo ultimo disco di inediti ‘Eternal’ del 2015, diversamente la parte migliore risiede in alcuni brani rivisitati quali ‘Shine in The Dark’ (orchestrale) oppure rarità quali ‘Kill it with fire’ o ‘Old man and the sea’ dal periodo ‘Nemesis’. Ad aprire la serata vi saranno invece i Serpentyne provenienti da Londra. Il loro è un metal/rock sinfonico con forti influenze celtiche/folk che ha trovato una sua dimensione ben definita nel terzo album intitolato ‘The Serpent’s Kiss’ del 2016. Ora non ci rimane che andare a vedere come sono andate le cose in quel di Milano, se il gelido vento del nord è solo brezza o ha spirato potente e maestoso.
Serpentyne
Quello che da subito colpisce sono i costumi degli inglesi. Il chitarrista Lee Vilmer è in versione piratesca, tanto da ricordarmi il buon Rock’n’Rolf. Poi c’è la bionda cantante dalla bella presenza e dotata di una voce ammaliante. In ultimo c’è un tizio che suona la cornamusa e tra quelli una ballerina. Ed in fondo la musica dei Serpentyne danza e corre in sinfonia che racconta i miti che furono, come nella bella ‘Jeanne D’Arc’ oppure in ‘Helen of Troy’. Ascoltarli è davvero un piacere tanto da ritrovarsi velocemente alla strumentale conclusiva ‘Morrighan’s Jig’, che pare incitare a fare festa tra salti e danze della band. Il pubblico apprezza affascinato dallo spettacolo dei Serpentyne.
Stratovarius
Quando sale sul palco Timo Kotipelto è come se fosse di nuovo la prima volta, quel lontano 1996, quando li vidi a Oleggio con i Rage. Sono trascorsi solo trent’anni ed il mio entusiasmo rimane lo stesso, per cui mi perdonerete se soprassiedo su qualsiasi considerazione di ordine tecnico su eventuali prestazioni vocali. Frega nulla. Quello che invece mi colpisce è ancora la forza che una composizione come ‘Eagleheart’ possiede live, investendo un pubblico che ha ormai letteralmente adottato gli Stratovarius senza riserva alcuna. Alcuni brani come ‘Paradise’ o persino la recentissima ‘Shine in the Dark’ hanno un riscontro immediato nel pubblico italiano che le canta da sin dalla prima nota. Diversamente ‘Oblivion’, il nuovo inedito, è comunque un piacevole diversivo ad una storia altrimenti già scritta. Come in fondo ‘4000 rainy nights’ che è inedita dal vivo per questa formazione e rallenta i tempi di un concerto che si prepara a correre verso una seconda parte davvero intensa. Così il tastierista Jens Johansson viene chiamato a introdurci con un assolo di tastiera la classica e onnipresente ‘Black Diamond’, per poi proseguire la marcia spedita nel finale di ‘Unbreakable’ e del classico of all time, ‘Hunting High And Low’ intervallata da un bell’assolo del bassista. Il sipario si chiude sugli Stratovarius, ma si tratta solo di avere pazienza, il gruppo finlandese è alle prese con un nuovo album e un tour che seguirà.
Tarja
Lo sfondo si scolora di un bianco e nero. Appare una figura di donna sul telone alle spalle del palco, è stilizzata nelle forme, pur conservando una certa eleganza. Non solo cambiano le atmosfere, ma persino lo scorrere del tempo si adegua. Così l’ascesa di Tarja è anticipata dal duetto chitarra/basso che da il via all’oscurità di ‘Demons in You’. La sua voce è quella di sempre o forse qualcosa di più, nel senso che in ogni dettaglio riesce a stupire per chiarezza e per profondità. La musica della sua seconda vita solista ha toni meno accesi rispetto ai Nightwish, eppure riesce ad entrarti dentro in maniera graduale, grazie ad una eleganza esemplare che talvolta ha i toni del rock, in altri della progressione sinfonica. Il concerto fluisce attraverso diverso estratti dall’ultimo brano tra cui: ‘Love to Hate’, ‘Calling From The Wild’ e ‘Innocence’. Pur non essendo di molte parole, Tarja colpisce nella gestualità, come quando indossa una corona in ‘Diva’. Eppure la musica è sempre in primo piano, con l’epicità alla Ravel di ‘Victim of Ritual’ o la chiusura di ‘Until My Last Breath’, che conserva qualche reminiscenza del periodo Nightwish, ma riletti con toni eleganti ed intimisti. Stavolta il sipario si chiude per davvero, lasciandosi però alle spalle un concerto davvero sontuoso anche per la prestazione dei singoli, dove tutto il gruppo di Tarja ha mostrato di avere gran talento ed entusiasmo. In ultimo la musica stessa è stata una protagonista splendente di una serata maiuscola.
FOTO – Alice Ferrero Image