Robert Plant & The Sensational Space Shifters @Ippodromo Snai – Milano (MI), 27 luglio 2018
Il 31/07/2018, di Roberto Villani.
Che cosa è rimasto di quel fantastico cantante rock di nome Robert Plant, che ho avuto opportunità di ammirare dal vivo nel 1980, a bordo di quel memorabile dirigibile denominato Led Zeppelin?
Direi poco o quasi niente e non solo per il peso dell’età, siamo a 70 candeline, da questo punto di vista è sufficiente leggere alla voce Mick Jagger o Roger Daltrey.
Il mito che si contendeva lo scettro di migliore vocalist di tutti i tempi con l’indimenticabile Freddie Mercury appartiene ormai da qualche decennio alla schiera dei grandi ex, che si diletta con quasi tutti i generi musicali che partono dall’amato blues, per svilupparsi definitivamente nel folk tradizionale americano, mischiato ad influenze etniche, territorio fertile in cui si sviluppano i suoi ultimi lavori solisti, ma guai a parlare di hard rock.
Accompagnato da una band di buona caratura e levatura come i The Sensational Space Shifter che per la cronaca, nulla hanno da spartire con le leggende di ‘Stairway To Heaven’ e ‘Celebration Day’, ha chiuso l’edizione 2018 del Milano Summer Festival con un’esibizione molto apprezzata dal pubblico, in cui i brani del nuovo album ‘Carry Fire’ e del recente passato, hanno delineato in maniera inequivocabile il modus operandi di Robert Plant.
Questa band fautrice di un’estesa varietà di stili è in sostanza la migliore e più consona risposta a coloro che ancora si ostinano a sperare in un’ improbabile reunion dei Led Zeppelin, band archiviata e marmorizzata definitivamente sul gradino più alto della storia del rock.
La title track dell’ultimo album è davvero deliziosa ed accattivante , come e’ accattivante L’inaspettata loquacita’ di Plant con l’audience dell’arena alle spalle di San Siro, ma e’ inutile negare che la stragrande maggioranza dei presenti è in trepida attesa di ascoltare qualche gemma di quel repertorio che lo ha consacrato una leggenda vivente .
Quando fa capolino ‘Black Dog’ in versione riveduta e corretta è comunque l’apoteosi, ‘Going To California’ mette i brividi, come pure ‘Baby, I’m Gonna Leave You’, eseguita come un qualsiasi eccezionale bluesman proveniente dal Sud degli Stati Uniti.
La voce non sarà più quella dei tempi migliori, impensabile, ma è maledettamente efficace e rende giustizia a brani memorabili quali ‘The Lemon Song’, oltre alla deliziosa ‘Gallows Pole’, amalgamate in una scaletta che spazia tra generi, tradizioni e culture, lontani anni luce dal mito inviolabile e inattaccabile del Martello degli Dei.
Certo che assistere ad una sfilata infinita di t shirt dei Led Zeppelin o di loghi raffiguranti i loro album più famosi e, contestualmente, approcciare ad una serata che, volente o nolente, dista anni luce dalle sonorità corpose del celeberrimo dirigibile britannico, desta un certo effetto.
Poteva stuzzicare gli inviolabili ricordi , il riff perentorio di ‘Whole Lotta Love’, ma anche l’attuale versione si eclissa, mestamente, come la luna in una notte di mezza estate.
Applausi a scena aperta , tuttavia la voglia di riascoltare ancora Robert Plant, Jimmy Page e John Paul Jones è più forte di ogni contaminazione musicale .