Megadeth + more @Rock The Castle – Villafranca di Verona, 30 giugno 2018

Il 10/07/2018, di .

Megadeth + more @Rock The Castle – Villafranca di Verona, 30 giugno 2018

Rock The Castle 2018, seconda giornata. Se si guardasse solamente al bill preparato per l’occasione ci sarebbe da gioire per tanto tempo e tante attese non sono state certo disattese alla fine di una giornata da ricordare. Il leitmotiv di questo appuntamento è stata l’aggressiva colata lavica che ha ‘investito’ il numeroso pubblico presente che ha sfidato l’arsura e il gran caldo estivo – di cui abbiamo già parlato nel racconto della prima giornata – per poter ammirare i propri beniamini. Il duo Exodus/Testament aveva deliziato le nostre orecchie già un paio di anni fa in quel del Live di Trezzo, oggi si aggiunge un altro big del thrash a stelle e strisce, quei Megadeth che hanno stregato fans in tutto il mondo e che a distanza di tanti anni dai loro classici riescono a riempire le arene di fans di nuova e vecchia generazione. Il resto del bill non era da meno, Destruction e Sodom acclamati così come sia gli Extrema che gli Exhorder sono stati seguiti con molto affetto da tutti i presenti. Un altro tratto caratteristico della giornata è stato l’estrema varietà del pubblico, è stato bello poter vedere 30-35enni mischiati anche a qualche famiglia con bimbi piccoli nonché papà con i propri figlioli che, diciamocelo, rappresentano il patrimonio dell’odierna scena metal. A tal proposito vi raccontiamo di un gustoso siparietto avvenuto durante il concerto degli Extrema: un bimbo di 10 anni si avvicina alle transenne alla destra del palco dove era stata allestita l’area ospitality e nota la sagoma di Gene Hoglan. Si gira, guarda il papà dicendo “papà, c’è Gene Hoglan!” salutandolo prontamente, gesto che non è passato inosservato al buon Gene Hoglan che con il garbo e la gentilezza che lo contraddistinguono ricambia il saluto del piccolo fan, tutto immortalato dal telefonino di Alex Skolnick. Insomma, scene da un festival che ha tentato di avvicinare le band al proprio pubblico, chiaro che qualche disservizio è purtroppo accaduto come le notevoli code per poter bere dalle ore 18:00 in poi ma è quasi fisiologico in un festival di questa portata. Per il resto, tanta tanta buona musica che ha lasciato estremamente soddisfatti band, e soprattutto, il pubblico.

EXTREMA (7/10)
Gli Extrema suonano un set potente e granitico – come ci hanno abituato nel corso degli anni – anche se onestamente fa sempre un po’ impressione vederli senza GL Perotti, ma la nuova formazione sembra già ben rodata dopo un anno on the road, certo il clima molto caldo non li aiuta ma loro e il numericamente discreto pubblico non se ne curano scatenandosi in un buon pogo…e sono solo le 14:30 con ben 36 gradi al sole. Tiziano Spigno non è certo un clone del suo più “illustre” predecessore ma la sua personalità si fa certamente notare, i suoni sono già discreti anche se non eccelsi ma bisogna tenere presente il fatto di trovarsi nel contesto di un open air festival con tutti i pregi e difetti del caso. Tommy Massara catalizza l’attenzione grazie al suo entusiasmo ed energia, la scaletta è sapientemente bilanciata andando a pescare nella loro ormai venticinquennale carriera, troviamo “Between The Lines” e ‘Deep Infection’ tratte da ‘The Seeds Of Foolishness’, così andiamo indietro nella memoria con le esecuzioni ‘This Toy’ da ‘The Positive Pressure…Of Injustice’ del lontano 1995. La già sottolineata buona presenza scenica di Tiziano Spigno si manifesta ulteriormente quando il pubblico durante l’esecuzione di “Life” dal loro seminale ‘Tension At The Seams’ chiede il classico ‘massacro collettivo’…e bolgia sotto il palco sia! Ultima menzione per l’esecuzione di ‘Money Talks’ da ‘The Positive Pressure….Of Injustice’, un buon viatico all’headbanging più “contenuto” che scalda i cuori e le anime dei temerari presenti nell’arena. Gli Extrema non sono più quelli di vent’anni fa ma la ruggine e il tempo non li hanno ancora fortunatamente fermati, una piacevole conferma se ancora ce ne fosse bisogno del loro calore nonché forte presenza scenica.
Andrea Schwarz

EXHORDER (6,5/10)
Gli Exhorder arrivano sul palco del Rock The Castle quasi da outsider, una thrash metal band di culto che ha deliziato i padiglioni auricolari agli inizi degli anni Novanta con ‘Slaughter In The Vatican’ nel 1990 e il successivo ‘The Law’ nel 1992 entrambi su Roadrunner Records, band che non ha certo vissuto positivamente le polemiche che scaturirono dalle accuse rivolte ai Pantera di aver preso spunto da loro prima della pubblicazione di ‘Cowboys From Hell’, anzi, proprio tale diatriba “castrò” la promettente carriera della band ancora agli esordi. Fortunatamente tantissimi anni sono passati e quelle polemiche sono state lasciate alle spalle, oggi la band si è riformata grazie ai membri originari Vinnie LaBella alla chitarra e Kyle Thomas alla voce. Il gruppo statunitense viene accolto molto positivamente dal pubblico che comincia a crescere numericamente, forse neanche loro potevano aspettarsi tanto calore: l’attacco è frontale, si nota subito come l’esperienza si faccia sentire. Thomas non si risparmia di certo nonostante il gran caldo mentre la coppia d’asce LaBella/Marzi Montazeri macinano riff su riff supportati da una base ritmica tellurica e precisa quanto basta. ‘Legions Of Death’ dal loro album di debutto è il secondo brano che si scaglia sul pubblico come una scheggia impazzita grazie al suo intro cadenzato ma non per questo la sua esecuzione risulta essere meno diretta e schiacciasassi rispetto all’iniziale ‘Death In Vain’. Guardandosi intorno l’headbanging la fa da padrone anche nelle retrovie, la successiva ‘The Law’ è ancora una volta acclamata ma si nota ben presto come la voce di Thomas non abbia lo smalto di un tempo, più il set prosegue e più la sua voce perde brillantezza ed estensione. Peccato ma nonostante questo i fans sotto il palco sono sempre più partecipi e presenti. Lo show prosegue tra alti e bassi, ‘Desecrator’ è l’ultimo brano in scaletta di uno show tutto sommato positivo e coinvolgente.
Andrea Schwarz

DESTRUCTION (7,5/10)
I Destruction, nonostante la gran poca simpatia di un personaggio come Schmier, godono di grande empatia e favore da parte del pubblico intervenuto in questo che può essere considerato un festival a livello europeo vedendo il bill che l’organizzazione è riuscita a mettere in piedi. E i Destruction non deludono le attese poiché fin dall’iniziale ‘Curse The Gods’ e ‘Armageddonizer’ la band non si risparmia, dalle prime file parte uno sfrenato crowdsurfing con la sicurezza parecchio impegnata nell’impedire che i ragazzi finiscano direttamente sotto il palco. Schmier è insolitamente allegro, loquace e ispirato per uno show di sicuro impatto e coinvolgente in ogni pezzo che viene eseguito, vedi ad esempio ‘Mad Butcher’ dell’omonimo EP pubblicato nel lontano 1987. I suoni migliorano sensibilmente rispetto al resto della giornata anche se non sono su livelli eccelsi come ci si aspetterebbe, l’interazione tra la band e i propri fans ha raggiunti altissimi livelli, certamente chi ha potuto esserci avrà goduto di una prestazione sopra le righe come poche volte era capitato nel recente passato.
Andrea Schwarz

SODOM (7/10)
Dopo un lunghissimo soundcheck, valso da copertura al ritardo accumulato dall’aereo su cui viaggiava la band, l’attesa sotto il sole cocente è spezzata dall’arpeggio di ‘My Atonement’, il richiamo a cui i fedelissimi, ormai abbandonatisi al bivacco presso i vari stand, hanno risposto fiondandosi sotto il palco per gustare la performance dei Sodom, veterani del thrash teutonico. Si susseguono velocemente e senza esitazioni ‘The Conqueror’, ‘Sodomy And Lust’, ‘Christ Passion’, ‘Outbreak Of Evil’ e, per chiudere in linea con i tempi del festival, ‘The Saw Is The Law’: setlist breve e concisa, sei cavalli di battaglia macinati con violenza e indubbia perizia tecnica ma da cui traspare poca omogeneità. Il recente cambio di line-up (da qualche mese al fianco dei membri storici Thomas Angelripper e Frank ‘Blackfire’ Gosdzik militano il batterista Stefan ‘Husky’ Husken e il chitarrista Yorck Segatz) necessita un periodo di assestamento per far crescere la complicità tra i musicisti facendo esplodere la potenza live della band. L’innesto di una seconda chitarra addensa inequivocabilmente (e gradevolmente) il sound tagliente e rabbioso dei Sodom, anche se, durante questo show, sono stati proprio i suoni delle chitarre ad essere fortemente penalizzati e soffocati da una impreparata gestione tecnica dei volumi che, se sommata alla durata ridotta dell’esibizione lascia, almeno alla sottoscritta, l’amaro in bocca.
Maria Teresa Balzano

EXODUS (8,5/10)
Puntuali alle 19:00 cominciano gli Exodus, il primo dei pezzi forte della giornata. E la musica cambia, lo si sente subito a partire dai suoni che escono dal PA e dal piglio aggressivo che il quintetto statunitense mette in campo: Steve ‘Zetro’ Sousa ipnotizza i fans sotto il palco, la coppia d’asce Kragen Lum/Lee Altus sciorinano il riff di ‘Funeral Hym’, scatenando la bolgia sotto il palco. Subito attaccata a quest’ultima ‘Blood In Blood Out’, che continua imperterrita a aggredire i presenti vogliosi di farsi coinvolgere. Ormai si è capito quanto il livello professionale ed esecutivo sia salito notevolmente rispetto alla prima parte della giornata e la gente risponde con molto entusiasmo, Steve ‘Zetro’ Sousa è particolarmente ispirato questa sera, cerca il pubblico tra il minaccioso e il sorridente trovandosi a suo agio come non mai, istrionico e camaleontico, Lum e Altus si divertono scambiandosi i soli come in una sfida dove entrambi escono vincitori. È un incitamento continuo, pubblico e band sono entrati subito in simbiosi, quasi senza rendersene conto il clima è quello dei grandi avvenimenti; e la band apprezza ogni singolo attimo in cui il pubblico accorso fa sentire il proprio valore ed affetto. ‘And Then There Were None’ da ‘Bonded By Blood’ fa scendere qualche lacrimuccia di troppo, il crowdsurfing continua imperterrito e il coro del brano viene cantato da tutto il pubblico come mai era successo in questa afosa giornata. Che dire di ‘Parasite’ tratta da ‘Pleasure of the Flesh’? Scatenante in ogni suo singolo momento tra l’entusiasmo generale quando brani così old style vengono proposti… e non è solo il caso specifico ma di ogni pezzo del loro passato catalogo… ci sarà un motivo? “A Lessons In Violence” viene introdotta da un minaccioso “Do you wanna exodus violence italia?”… e violenza sonora è stata! Non ci sono momenti di stanca, la “tensione” sonora è costante e continua, colpisce la grande interazione tra la band ed il pubblico tutto, un vortice di violenza sonora e di emozioni che si acuiscono quando la band propone ‘Bonded by Blood/The Toxic Waltz’! L’apoteosi! Devastanti nella conclusiva ‘Strike Of The Beast’, che ha scatenato un pogo incessante sotto il palco, dove il pubblico ha lasciato ‘libero’ la parte antistante per lasciar spazio a un moshpit violento ma senza eccessi come si confà ad un festival. Definitivi, professionali, impeccabili.
Andrea Schwarz

TESTAMENT (8/10)
È il turno dei Testament, il sole è quasi scomparso dietro le alte mura merlate del Castello Scaligero, le temperature più clementi infondono coraggio negli animi degli headbangers incalliti che iniziano a sbizzarrirsi nel pit già dalle prime note della opener ‘Brotherhood Of the Snake’. Seguono a ruota’Rise Up’, ‘More than Meet The Eye’, ‘The Pale King’, il totem granitico ‘The Preacher’ e poi ancora ‘Low’ e ‘Stronghold’, una rassegna di thrash metal old school schietto e tempestoso. Il basso di Steve Di Giorgio e le pelli di Gene Hoglan sono in perfetta sintonia, ci regalano una performance entusiasmante mentre, purtroppo, gli assoli funambolici di Skolnick e Peterson faticano a emergere, colpa di un sound impietoso che continua a penalizzare le chitarre e persino, a tratti, la prestazione vocale di Chuck Billy. Il carismatico colosso di San Francisco compensa creando da subito un forte feeling con il pubblico, come solo chi possiede una maestria affinata negli anni sa fare; la presenza scenica, l’aura magnetica e la potenza dell’inconfondibile timbro di Chuck Billy creano l’illusione che, ancora una volta, ad invecchiare siano solo i fan. La setlist è indubbiamente ben bilanciata, dando spazio al nuovo senza tralasciare i capolavori del passato e, dopo un malinconico tributo con l’intramontabile ‘Practice What You Preach’ alla memoria di entrambi i fratelli Abbott, Vinnie Paul e Dimebag Darrell, colleghi e compagni, esplode ‘Into The Pit’, la bomba che infiamma anche gli animi dei più timidi. Con ‘The New Order’ e ‘Disciples Of The Watch’, il quintetto californiano saluta il pubblico del Rock The Castle, passando il testimone ai Megadeth, attesissimi headliner della seconda giornata del festival veronese.
Maria Teresa Balzano

MEGADETH
A distanza di quasi un anno dall’ultimo concerto italiano, quello di Milano del 08/08/2017, i Megadeth danno fuoco alle polveri con l’intro di ‘Prince Of Darkness’….ed eccoli in tutta la loro maestosità con ‘Hangar 18’, come non rimanere folgorati di fronte a un brano di siffatta bellezza? E qui non si tratta di esserne fans o meno. Il pubblico gli tributa un’ovazione liberatoria tanta era l’attesa che ne accompagnava l’esibizione ed il quartetto non delude le attese, anzi. A seguire ‘The Threats Is Real’, non c’e bisogno di sottolineare la bravura tecnica e la professionalità con le quali eseguono le loro composizioni. L’unica nota dolente è dovuta a un Mustaine non propriamente eccelso a livello vocale, di sicuro sottotono e forse affaticato, cosa che purtroppo ne caratterizzerà l’intero show. Ci permettiamo invece sottolineare come a livello esecutivo invece bisogna ancora una volta togliersi il cappello tributandogli tutti gli onori del caso. Impeccabile. Interessanti i momenti in cui Mustaine duetta e corre da una parte all’altra del palco insieme ai sempre presenti Ellefson e Loureiro. ‘The Conjuring’ segue a ruota scambiando l’ordine esecutivo della sera prima in quel di Roma, il pubblico recepisce a dovere la grande carica che la band come da par suo riesce a sprigionare sul palco. Un salto nel tempo con ‘Wake Up Dead’, uno di quei viaggi spazio tempo che la musica come poche altre forme d’arte possiede, mani alzate in occasione del solo di Mustaine che non ha bisogno di sottolineature. Che dire di ‘In My Darkest Hour’? Ti giri e vedi i volti dei presenti tra l’incredulo e quella gioviale soddisfazione stampata sui loro visi….semplicemente spettacolare! Non poteva mancare l’ennesima ovazione durante l’esecuzione di ‘Sweating Bullet’”, un pezzo che ancora oggi suona moderno ed attuale con quel suo schizofrenico incedere, Dave Ellefson e Kiko Loureiro cercano di rubare la scena a Mustaine scambiandosi posizione sul palco macinando metri su metri nel delirio generale! ‘She-Wolf’ seguita a ‘Dawn Patrol’ è un po’ l’occasione per lasciare campo e spazio al duo Ellefson/Verbeuren di prodursi in un momento per così dire solista. ‘Tornado Of Souls’ continua a emozionare, un altro brano da quel seminale ‘Rust In Piece’ che ancora oggi miete consensi, esecuzione più che perfetta in tutta la sua interezza. Il pubblico è visibilmente stanco dopo una giornata passata sotto il sole cocente ma riesce a trovare ancora le forze per scatenarsi sotto il palco quasi come fossero appena arrivati. Assistendo al concerto si ha la sensazione che questa formazione sia probabilmente la migliore degli ultimi vent’anni, riescono a coniugare anche live perfezione esecutiva con quella sana cattiveria e aggressività che il loro repertorio richiede, cosa non facile dopo tutti questi anni on the road. Certo, essendo nostalgici verrebbe da pensare alla “classica” line up con Menza e Friedman ma a volte non è necessario cedere al gusto retrò pensando che “il passato sia sempre meglio del presente”, obiettivamente oggi i Megadeth non hanno nulla da invidiare a quella storica formazione alla quale ci si è ormai in tanti affezionati. ‘A Tout Le Monde’ rappresenta un momento quasi di relax, canzone suonata in grande scioltezza ma molto partecipata e cantata dal numeroso pubblico accorso a vedere coloro che possono definirsi dei mostri sacri e non solo in ambito thrash metal. Ed ecco quasi a sorpresa, annunciata semplicemente come un brano da ‘Rust in Piece’ ecco materializzarsi ‘Take No Prisoners’ seguita da una ‘Symphony Of Destruction’, che scatena l’ovazione e l’entusiasmo di tutti i presenti, anche di quelli nei posti più lontani dal palco accendendo ancora la miccia per uno spettacolo che non ha bisogno di essere incensato, chi lo ha vissuto sarebbe in grado di poterne parlar bene per molto tempo. C’è spazio anche per ‘Dystopia’ seguita da quella ‘Mechanix’ che qualcuno dei presenti, quasi per abitudine, comincia a canticchiare sul testo di ‘The Four Horsemen’ dei Metallica. Per finire ‘Peace Sells But Who’s Buying’, un brano storico che è stato acclamato, osannato, cantato a squarciagola…uno dei momenti topici della serata alla quale in ultimo non poteva mancare ‘Holy Wars… The Punishment Due’ nel tripudio generale. In definitiva, si tratta di uno dei migliori concerti degli ultimi anni del quartetto statunitense, scaletta perfetta che vede rappresentata trasversalmente la loro monumentale carriera andando a pescare sapientemente con alcuni dei loro brani più rappresentativi coniugando passato e presente, unica pecca la voce di Mustaine mai in forma ma alla fine sembra quasi un vezzo rispetto allo splendido concerto al quale stasera si ha avuto la fortuna di assistere.
Andrea Schwarz

Gli dei del thrash cedono ora il passo alla giornata più “alternativa” del Rock The Castle, con il boom di presenze gli A Perfect Circle di Maynard James Keenan.

FOTO DI EMANUELA GIURANO

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