Foo Fighters @Stade De Suisse – Berna, 13 giugno 2018
Il 16/06/2018, di Roberto Villani.
Perché i Foo Fighters mi ricordano terribilmente e inequivocabilmente i Queen? Non tanto per la smisurata e dichiarata passione da parte del batterista Taylor Hawkins nei confronti della band di Freddie Mercury e neppure per la cover, peraltro riuscitissima, di ‘Under Pressure’ o per la pillola di ‘Another One Bites The Dust’, entrambe presenti nella setlist del concerto di Berna e dell’intero tour.
L’analogia che lega le due band, sta tutta nella forza dirompente dei loro concerti e nella carica smisurata e travolgente che i loro show riescono a trasmettere rispetto alle rispettive prove discografiche, spesse volte al di sotto delle attese, lacuna evidenziata in carriera soprattutto dai Foo Fighters più che dai Queen .
In sintesi, se band come Maiden o AC/DC sono tali su disco che dal vivo, i Foo Fighters viaggiano su due binari paralleli, uno per le prove in studio e l’altro per i live e non è certo un caso, se quello dell’alta velocità termini direttamente sulle assi del palcoscenico di uno stadio.
Due ore e mezzo di potentissimo rock che hanno contagiato la proverbiale quiete svizzera, scatenando l’euforia all’interno del modernissimo ed accogliente Stade De Suisse di Berna, gremito da oltre 35.000 spettatori accorsi per l’unica data dei Foo Fighters in terra elvetica.
Dave Grohl e soci hanno sciorinato quasi tutti i loro piu’ grandi successi, da ‘All My Life’ a ‘My Hero’, ancora ‘Monkey Wrench’ e la celeberrima ‘Learn To Fly’ e la mente vola inevitabilmente alla carica dei Rockin ‘1000 di Cesena e alla loro strepitosa versione da “Guinness” di alcuni anni fa.
Come già evidenziato in apertura, brani non certo memorabili tratti dall’ultimo album ‘Concrete And Gold’, brillano dal vivo di ben altra luce ed è il caso dell’iniziale ‘Run’ e di ‘Sunday Rain’, tutt’altra cosa come impatto e muro sonoro rispetto alle rispettive versioni in studio, anche se sacrificare un pezzo di spessore come ‘Saint Cecilia’ per la deludente ‘The Sky Is A Neighborhood’, grida ancora vendetta.
Su disco sono una tra tante, dal vivo sono una top band e questo grazie alla monumentale capacità di Dave Grohl di immolarsi in quel ruolo strameritato che lo vede come uno dei più grandi animali da palcoscenico attualmente in circolazione.
Come consuetudine consolidata, i Foos si lanciano in lunghe jam-session tra un brano e l’altro e omaggiano i grandi maestri del rock attraverso spaccati di pezzi leggendari quali ‘Imagine’ (John Lennon), ‘Jump’ (Van Halen), ‘It’s So Heasy’ (Guns N’ Roses), ‘Under My Wheels’ (Alice Cooper ) e Blitzkrieg Bop (Ramones) oltre ai già citati classici dei Queen, in un apoteosi di suoni, luci e colori, da strappare ovazioni a scena aperta anche dai pacati sostenitori svizzeri.
Due classici e altrettante pietre miliari nella carriera dei Foo Fighters come ‘Best Of You’ ed ‘Everlong’, chiudono un concerto, a dir poco, entusiasmante, il cui valore aggiunto è arrivato, consapevolmente, dall’impeccabile macchina organizzativa del promoter svizzero, lo stesso che organizzò i mitici quattro concerti dei Queen a Zurigo , oltre a quello dei Led Zeppelin all’Hallenstadion tra la fine degli anni Settanta e i primi Ottanta, eventi scolpiti indelebilmente nel mio personalissimo album dei ricordi.
Si replica a Firenze, in un clima che si preannuncia già incandescente.