Angra + Operation:Mindcrime @Zona Roveri – Bologna, 5 aprile 2018
Il 08/04/2018, di Alex Ventriglia.
Si attendeva, giustamente, ma invano, il pubblico delle grandi occasioni, alla Zona Roveri di Bologna, ultimamente autentico punto cruciale per le tournée di medio-alto calibro che si confrontano con lo Stivale tricolore, location chiamata all’appello con il passaggio degli Angra rivitalizzati da Fabio Lione e dai Geoff Tate’s Operation: Mindcrime, un nome, un programma di ciò che sarebbe stato il ricco menù della serata. Una coppia di grande spessore, al fianco della quale vengono schierate altre due formazioni di supporto, gli Starbynary, da Trieste, e gli statunitensi Halcyon Way, gli unici di cui abbiamo modo di carpire qualche nota, fautori di un power metal ben strutturato tecnicamente parlando, ma che, stringi stringi, lascia un po’ a desiderare in quanto a inventiva e soluzioni originali. Il genere, si sa, è poco incline ai compromessi ed è facile a ripetersi. Troppo facile, oggi come oggi. Ragion per cui lo stacco è ancor più netto, per certi versi strabordante, non appena attaccano le ostilità Geoff Tate e i suoi Operation: Mindcrime, non tanto per il gruppo in sé, ma per l’eccelsa sostanza musicale, dato che il tour va celebrando il trentennale dello storico, iconico album da cui la band prende il nome. E l’autentico ago della bilancia non può che essere il cinquantanovenne Geoff il quale, pur appesantito nel fisico, non ha perso minimamente la sua voce superba per la quale è diventato famoso, e sentirlo “inerpicare” su per le vette sin dall’opener ‘Anarchy-X’, beh, è tuttora uno spettacolo assoluto! Evitiamo di sindacare su chi ha ragione e chi, invece, ha torto sulla fine dei Queensryche storici, certo è che, a mano a mano si entrava nel profondo di ‘Operation: Mindcrime’, il rimpianto si è fatto sempre più forte, direi struggente, per tempi che (forse) non torneranno più. Stasera, accompagnato da una band di onesti comprimari, che fanno la loro particina e poco più, Geoff ha comunque sbancato la partita, lasciando ai presenti (pochi, sempre maledettamente pochi) la sua vivida, calorosissima interpretazione di classici senza tempo del blasone di ‘Revolution Calling’, ‘Spreading The Disease’, ‘The Mission’, ‘Suite Sister Mary’, ‘The Needle Lies’, poker d’assi che ha in tutto e per tutto fatto la differenza. Decisamente ricontestualizzati invece gli Angra, che nello scatto di un paio di dischi hanno riveduto un po’ le strategie, sia coinvolgendo a pieno regime Fabio Lione – di cui dobbiamo essere orgogliosi non solo per l’appartenenza nazionale, ma anche per l’innata abilità canora con la quale detta efficacemente le sue regole, al di là della band chiamata all’appello – sia addentrandosi in sentieri musicali finora poco praticati dal gruppo di Sao Paulo, che è tornato a splendere magnificamente, ispirato come non lo sentivamo da tempo. Il brano apripista, ‘Travelers Of Time’, rende immediatamente bene l’idea della duttilità stilistica e del “nuovo” corso adottato, con ritmiche possenti che si amalgamano perfettamente con l’imprinting “modernista” essenziale, del nuovissimo album, il notevole ‘OMNI’. Rafael Bittencourt, unico elemento originario rimasto nella line-up, appare in ottima forma, spalleggiato da un bassista della classe di Felipe Andreoli, scintillante propulsore ritmico nonché altra anima storica degli Angra, a completarsi con un Fabio Lione in grande spolvero, nonostante il massacrante tour de force a cui da parecchi mesi è sottoposto il frontman toscano, prima con i Rhapsody e ora con la tournée mondiale degli Angra che, dopo l’Europa e la Russia, si sposterà su Brasile, Argentina, Cile e Perù, per virare infine verso Stati Uniti (oltre trenta le date!), Canada, Giappone e Corea del sud! Roba da far tremare i polsi perfino a uno stakanovista come lui, secondo a nessuno in fatto di intensità e professionalità messe al servizio della causa sposata, dato che anche stasera fa il bello e cattivo tempo, spostando gli equilibri in più di un’occasione – ‘Newborn Me’, ‘War Horns’, ‘Insania’ e ‘Magic Mirror’ – ma anche in canzoni storiche tipo ‘Angels And Demons’ o l’inattesa ‘Lisbon’, applauditissima dalla platea felsinea. Di grande presa, il set acustico che divide lo show e di fatto lo incanala verso le battute finali, un intermezzo affidato a Bittencourt il quale, in solitaria, colpisce al cuore, a dir poco emozionante la sua personalissima ‘Gentle Change’… Le conclusive ‘Rebirth’, ‘Carry On’ e ‘Nova Era’ non fanno altro che portar “nuova legna”, nel giudizio (alto) di chi scrive e di quei (pochi) fortunati che, indomiti e realmente appassionati, danno la giusta chance ai concerti di valore. Di grande valore.
FOTO DI ROBERTO VILLANI