Rod Stewart @Mediolanum Forum – Milano (MI), 31 gennaio 2018
Il 03/02/2018, di Roberto Villani.
Molti lettori si chiederanno cosa ci stia a fare un personaggio come Rod Stewart tra le pagine eventi di una testata come Metal Hammer Italia, storicamente dedita alle nobili gesta di ben altre tipologie di idoli, tutti o, quasi, figli e nipoti delle varie dinastie del Dio metallo.
La risposta è che non c’è risposta, bensì una serie di considerazioni e di analisi approfondite che ci fanno ritenere che per un certo periodo della folgorante carriera della platinata rockstar britannica, il confine con un certo tipo di musica a noi estremamente cara, sia stato effettivamente attraversato e nel DNA del biondo Rod sia scorso un po’ di sano sangue hard rock.
Prendiamo ad esempio il periodo agli inizi degli anni settanta, quando “Rod the Mod” era il leader incontrastato insieme al chitarrista Ron Wood di una band di rock blues sanguigno a tinte alcoliche e psichedeliche quali erano i The Faces, una risposta neanche tanto velata e celata allo strapotere commerciale e di pubblico degli Stones di Sticky Fingers ed Exile on Main Street, degli Who di Who’s Next e dei Free di ‘Fire And Water’ dei grandi Paul Rodgers e Paul Kossoff .
Non è certo un caso, che in una vecchia intervista fatta a Manny Charlton dei Nazareth, a precisa domanda su quale gruppo li avesse maggiormente influenzati, non esitò a definire i Faces come una delle loro ispirazioni più significative, insieme a Deep Purple e Jeff Beck Group, per non parlare di band con Darkness e Quireboys.
Ed è proprio il micidiale groove rock’n’roll di ‘Stay With Me’, una delle maggiori hit dei The Faces del 1971 a infiammare il variegato pubblico del Forum, in quello che è un triplice salto temporale nella sfavillante Londra dei Led Zeppelin, Free e Deep Purple, brano eseguito ai margini delle zuccherose e leggerine ‘Baby Jane’, ‘Infatuation’, ‘You’re In My Heart’, che incarnano fedelmente l’altra faccia di Rod Stewart, ossia quella dell’ icona pop da oltre 100 milioni di album venduti in carriera.
E che dire di un album trascinante e terribilmente contagioso quale ‘Absolutely Live’ datato 1982, uno dei migliori esempi di grezzo rock’n roll coniugato al glam, in cui Rod Stewart attinge a piene mani dal luccicante universo di un performer geniale come Gary Glitter o di band quale la Sensational Alex Harvey Band, confermandosi come uno dei più importanti ed influenti animali da palcoscenico a livello mondiale.
Se in quel periodo a supportare un brano di notevole impatto come ‘Maggie May’ o un mid-tempo di gran classe come “Passion”, c’era il drumming essenziale e fisico di Carmine Appice (ex Vanilla Fudge), altro nome a noi caro insieme al fratello Vince dei Black Sabbath, oggi le possiamo riascoltare in versioni meno serrate dal punto di vista del sound, ma non per questo meno accattivanti ed affascinanti.
Un’altra gemma grezza intrisa di bellezza infinita, si materializza quando Rod Stewart attacca ‘People Get Ready’, il capolavoro scritto da Curtis Mayfield, registrata insieme a Jeff Beck a inizi anni Novanta, riproposta ad Assago in una versione struggente e particolarmente suggestiva, bissata da ‘Dowtown Train’, altro momento magico all’interno della performance milanese dell’ex-Faces.
La celeberrima e acclamata ‘Sailing’, eseguita al termine di un apprezzabile set acustico, chiude un concerto spettacolare, pieno “certamente” di tante luci, festini e paillettes, ma anche di apprezzati spaccati di profondo, graffiante e sanguigno rock blues a tinte forti, come quello che caratterizza ‘Sweet Little Rock And Roller’, per quella versione di Sir Rod Stewart che noi continuiamo a preferire e che ci ha spinto a “sconfinare” in territori “apparentemente” lontani dai nostri orizzonti abituali.